Antonino Lupo

ILoveRetro Retrocensione: MediEvil

Molti sono i nomi che giungono alla memoria quando si cerca di ricordare vecchie perle dell’epoca PlayStation 1. I più fortunati, all’epoca, poterono mettere le mani su una copia completa di Tombi!, ad esempio, che ricorderanno sempre con un immenso piacere, mentre altri potrebbero citare l’intramontabile Spyro: The Dragon (con relativi seguiti), Metal Gear Solid o il sempre presente Crash Bandicoot, che si appresta a fare un ritorno in grande stile agli inizi della prossima Estate.

Tra questi nomi sempre vivi e sempre citati con grande nostalgia, è spesso possibile trovare anche MediEvil, un action-platform con sottilissimi elementi di hack ‘n’ slash (nel pieno rispetto dei limiti di quel tempo, ovviamente) che è sempre ricordato da chiunque abbia mai avuto l’opportunità di conoscere Sir Daniel Fortesque e le sue mirabolanti (dis)avventure. Certo, MediEvil è un piccolo-grande capolavoro di level-design e di game-design, tra armi ignorantissime e doppiaggi ancora più discutibili ma dall’indubbia bellezza; questo lo sappiamo bene tutti. Quello che non sapevamo finora – e che ci ha permesso una totale “ri-scoperta” del gioco – è che MediEvil è cosparso anche di tante piccole chicche, studiate soprattutto per chi sa dove andarle a cercare.

 

 

L’Eroe di Gallowmere si risveglia… Forse
MediEvil vede Sir Daniel Fortesque alle prese col temibile stregone Zarok in una terra medievale
Medievil, com’è facile intuire già dal nome stesso del titolo, è una storia dal dolce retrogusto fantasy immersa in un mondo dalle tinte fortemente medievali. Siamo nel fittizio regno di Gallowmere, 1286 (Basso Medioevo), in una terra che sembra portare con sé alcuni tratti distintivi dell’Inghilterra del periodo (analisi confermata da altri elementi che vedremo in seguito); le giornate scorrono tranquille sotto la guida del placido e mite Re Pellegrino, finché un giorno lo spietato stregone di corte Zarok si rende conto di averne abbastanza del Re e della sua corte, e persegue le sue manie di potere reclutando un esercito di demoni che porteranno Gallowmere nell’oscurità eterna. O, almeno, così spera il crudele Zarok: il Re Pellegrino riesce infatti a reclutare un esercito di centinaia di uomini valorosi per fronteggiare lo stregone, e mette a capo Sir Daniel Fortesque, uno dei suoi cavalieri più valorosi. La battaglia si conclude con la vittoria del Re; Fortesque perde la vita nello scontro diventando un eroe amato e celebrato dai menestrelli, e Zarok viene definitivamente sconfitto.

O, almeno, così spera il placido Re Pellegrino. Cento anni dopo, Zarok  ha ormai recuperato le forze e si appresta a scatenare la sua magia oscura su Gallowmere più furioso e determinato che mai. Riesce a strappare le anime agli ignari abitanti del posto, riducendoli ad ammassi di carne in putrefazione e interamente al suo servizio; nella sua sbadataggine, tuttavia, Zarok risveglia anche Sir Daniel dalla sua cripta nel cimitero di Gallowmere, e il “valoroso” cavaliere (ucciso, in realtà, dalla primissima freccia scagliata dall’esercito nemico, all’inizio della battaglia) si ritrova ad avere una seconda chance per guadagnarsi la gloria, fino a quel momento immeritata.

 

 

“C’ho i boomerang nelle mani”
Sir Fortesque potrà combattere i propri nemici lanciando cosce di pollo
Non mancano, ovviamente, numerosi strumenti di supporto a Fortesque, che potrà impiegare un vasto arsenale di armi da taglio e da lancio per sconfiggere i nemici più duri e i boss più rompic impegnativi. Il valoroso aspirante-eroe di Gallowmere inizierà però la propria avventura semplicemente con il proprio Spadino, un’arma bianca rapida e versatile che si rivelerà sostanzialmente la scelta migliore contro i nemici almeno fino a metà gioco; successivamente, riempiendo i cosiddetti “Calici delle Anime” (20, uno per ogni livello principale) con gli spiriti dei propri avversari, Fortesque avrà accesso al Salone degli Eroi, in cui potrà dialogare con altri valorosi guerrieri che gli offriranno nuove armi e ricompense ad ogni calice raccolto. A quel punto, le armi di Fortesque iniziano a differenziarsi per scopo e per potenza: si va dal maestoso martello d’acciaio in grado di incanalare il potere del tuono (vi ricorda qualcosa?) alla Spada Incantata del più valoroso guerriero del Salone, passando per archi lunghi donati da un centauro, cosce di pollo magiche (che in realtà è possibile ottenere da una strega) e diversi altri oggetti che renderanno l’avventura di Sir Daniel (e l’esperienza di gioco, s’intende) continuamente varia e sempre interessante.

E se vi stancate delle armi offerte dagli Eroi, il valoroso cavaliere con un occhio solo ha un “asso nella manica” niente male: ogni volta che si ritroverà alle strette, infatti, Fortesque potrà lanciare il proprio braccio come boomerang, una pratica che è ormai diventata leggendaria e iconica dell’ignoranza (ci si passi il termine) veicolata da un personaggio tanto coraggioso quanto indiscutibilmente imbranato.

 

 

Nightmare Before 1386
Un misto tra gotico e medievale
Quelle finora esposte sono le premesse di MediEvil, uno strambo titolo action che vanta uno stile tutto suo anche a distanza di quasi 20 anni dall’uscita originale. Gli sviluppatori, inizialmente, volevano creare un buon punto d’incontro tra Ghosts ‘n’ Goblins e Tim Burton, e, sebbene la struttura del primo caso sia stata abbandonata molto presto in favore del 3D, non c’è dubbio che di elementi burtoniani il gioco sia effettivamente pieno. Lo humor che pervade l’intera esperienza vanta infatti dei toni che lo avvicinano più al tragicomico che alla commedia vera e propria, poiché l’intera atmosfera è sempre scandita da un certo senso di inquietudine (veicolato tanto dal level-design quanto dal character-design dei nemici) e si pone in forte contrasto con le situazioni affrontate da Fortesque, il più delle volte al confine tra il tragico e il divertente.

Basti pensare a uno dei momenti più iconici del gioco, quando Sir Daniel (molto vicino alla fine del suo viaggio) si ritrova a dover prendere il controllo di un gigantesco vascello fantasma controllato da un eccentrico capitano e dalla sua ciurma di pirati-scheletro. La scelta dei doppiatori italiani, inoltre, è a dir poco eccezionale, poiché ogni personaggio chiave vanta un accento diverso che rimanda a una particolare zona dello Stivale: si va, infatti, dai folletti laziali al cavaliere con forte accento romanaccio, da un pirata con finto accento british a un capitano – appunto – con accento simil-veneziano che saprà strapparvi più di qualche risata. Sebbene i dialoghi siano molto pochi e principalmente veicolati dai Gargoyle sulle pareti o dagli Eroi nel Salone degli Eroi, MediEvil riesce a essere incredibilmente divertente anche a distanza di molti anni; salvo poi darvi una possente mazzata [termine tecnico, n.d.a.] sul cranio quando vi ritroverete a perdere più volte di fila nella stessa sezione dello stesso livello.

 

 

L’atmosfera cupa è indubbiamente agevolata anche dall’utilizzo della distance fog, tanto in voga nei videogiochi degli anni ’90 per mascherare le scarse capacità di calcolo delle console di allora: ogni livello di MediEvil sfuma infatti verso il nero nella distanza medio-breve, e mostra parti di sé man mano che il personaggio si sposta attraverso le ambientazioni. Ciò porta indubbiamente un senso di inquietudine, una forte incertezza e una certa claustrofobia nel giocatore, che si ritrova costretto a muoversi con estrema cautela e a tenere i sensi sempre vigili per scongiurare eventuali minacce in arrivo.

 

Odino salvi la Regina…
I riferimenti culturali presenti in MediEvil sono “spaccamascella”
E poi, ci sorge un sospetto. Quella sala gigantesca, quel nome particolare, quella determinata arma avevano tutti qualcosa di tremendamente familiare. Dopo qualche osservazione, la certezza: gli sviluppatori di MediEvil non erano certo degli sprovveduti, e hanno tratto ispirazione da un gran numero di elementi per costruire un universo di gioco coerente e al tempo stesso affascinante. Le vicende narrate si svolgono infatti in Inghilterra, o comunque in una regione (indubbiamente fittizia) legata alla terra degli Anglosassoni. Al di là dell’utilizzo del titolo nobiliare “Sir” (caratteristico proprio dell’Inghilterra) e di altri elementi (come l’equipaggiamento dello stesso Sir Daniel) che rimandano al Medioevo inglese, il Salone degli Eroi è un chiaro riferimento al Walhalla delle tradizioni nordiche / germaniche: una grossa sala da banchetti finemente decorata, posta tra le nuvole e che accoglie al suo interno soltanto i guerrieri più valorosi (coincidentemente, i morti in battaglia). Non solo: il martello che viene donato a Fortesque ricorda vagamente il Mjollnir di Thor sia per la sua forma che per le sue caratteristiche offensive, e uno dei tanti eroi nel Salone porta persino il nome di Woden il Potente, laddove “Woden” era proprio il nome anglosassone di Odino nella cultura pagana.

Questi e altri elementi permettono di rendersi conto di un contesto storico e culturale “suggerito”, quasi nascosto e mai esplicitato del tutto, probabilmente perché ai tempi non vi era ancora quell’interesse per la narrazione che riempie buona parte delle produzioni videoludiche attuali. Non bisogna dimenticare, in fondo, che MediEvil è giunto sul mercato presentandosi come uno dei primi giochi 3D a introdurre un approccio cinematografico, e ciò è dimostrato anche dal lungo piano-sequenza del menù principale, che va dall’inquadratura del ragno alla selezione della partita senza soluzione di continuità; è normale, dunque, che non tutti i riferimenti culturali adottati dagli sviluppatori siano chiari e limpidi, e che lascino piuttosto spazio al “giocatore acculturato” per permettergli di ricostruire la propria visione del mondo di gioco. Non a caso, MediEvil è stato (ed è) uno dei tanti titoli che basano il proprio universo sul concetto di “lore“, veicolata dai libri sparsi per i livelli e mai spiegata nei minimi dettagli da dialoghi o altri espedienti narrativi.

 

Il Salone degli Eroi, una grossa sala da banchetti tra le nuvole – proprio come il Walhalla, il palazzo di Odino ad Asgard

 

… E abbia pietà dei nostri nervi
MediEvil, per questi e altri motivi, è un piccolo capolavoro senza tempo che ha indubbiamente contribuito alla fama di PS1 e allo stabilirsi del genere action-platform a enigmi occasionali. Va detto però che, dopo 19 anni dall’uscita del gioco (rilasciato nel 1998), il titolo di SCEE Studio Cambridge soffre di un invecchiamento che, col tempo, non può che peggiorare. I comandi risultano occasionalmente imprecisi e incerti, non mancano problemi più o meno evidenti con le collisioni e, soprattutto, la telecamera è quasi più fastidiosa di quella studiata per il recentissimo (e in ogni caso splendido) The Last Guardian – con la differenza che MediEvil è uscito nel 1998. Quest’ultimo problema risulta piuttosto difficile da digerire, specie quando Fortesque sta correndo verso lo schermo e la telecamera si rifiuta di obbedire, portandoci a spingere il povero cavaliere in un dirupo o in una pozza d’acqua profonda (piccolo promemoria: gli scheletri in armatura non possono nuotare). Va detto, però, che MediEvil è stato comunque uno dei primi titoli a introdurre la rotazione della telecamera con L2 e R2, a meno di entrare in conflitto con le texture o le pareti che restringono inevitabilmente il campo visivo.

 

È dunque comprensibile che il primo capitolo dell’amata bilogia abbia problemi del genere, specie alla luce di quanto si è poi visto col suo seguito, MediEvil 2: la telecamera, in quel caso, risulta incredibilmente più fluida e piacevole da gestire, i comandi (sebbene a tratti scomodi) appaiono leggermente più efficaci e persino il motore grafico ha visto un netto miglioramento, passando dai poligoni slegati a modelli molto meno “rag-doll” e molto più organici nel loro insieme. A onor del vero, inoltre, MediEvil mantiene sempre (e questo succede già a partire dal primo capitolo) un atteggiamento estremamente punitivo nei confronti del giocatore, atto a motivare il suo senso di sfida e a spingerlo a mettersi in gioco: cadere in un dirupo farà irrimediabilmente svuotare una intera bottiglia di vita delle tante disponibili nel corso del gioco (sostanzialmente le barre di HP multiple di Sir Daniel), e, una volta svuotate tutte le bottiglie disponibili, il gioco dichiarerà Game Over e costringerà a ricaricare la partita. Il che può essere un problema, se avete fatto gli ultimi due o tre livelli senza salvare (o se non avete mai salvato in assoluto); e ciò che è più “divertente” è che sarà esclusivamente colpa del giocatore se Sir Daniel sarà morto, sia per un eccessivo zelo nel combattimento sia per un’indiscutibile imprecisione nei salti.

Nel complesso, anche dopo tanti anni, MediEvil si riconferma dunque come una delle esperienze più piacevoli dell’era PS1. Recuperare questa chicca è obbligatorio per chiunque non abbia avuto occasione di giocarla fino in fondo, anche solo per esplorare lo splendido mondo di Gallowmere e per meglio comprendere la leggenda di Sir Daniel Fortesque, ormai divenuto un personaggio anche nel mondo reale. In fondo, uno degli sviluppatori non avrebbe desiderato altro: chi non vorrebbe che il proprio titolo venisse ricordato come “quel gioco dello scheletro strambo e corrucciato, con un solo occhio e senza mandibola, che lancia il braccio come un boomerang” (Chris Sorrel, 2013)?

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