I tie-in videoludici di Dragon Ball hanno sempre regalato tante soddisfazioni agli appassionati, ma innegabilmente il periodo d’oro per questo tipo di prodotti, quello in cui si sono concentrate le uscite più di spessore a tema, è quello che coincide con la Sesta Generazione, gli anni per intenderci dominati da PlayStation 2 nei salotti e da Game Boy Advance in mobilità. E, tra tutti i must have per gli appassionati che hanno attraversato le due console, due in particolare sono storicamente ritenuti tra i punti più alti raggiunti dalla serie: da una parte Dragon Ball Z: Budokai 3, classe 2004 e curato da Dimps, dall’altra Dragon Ball Z: Budokai Tenkaichi 3, rilasciato nel 2007 e sviluppato da Spike (prima della sua fusione con Chunsoft nel 2012). Con lo speciale di oggi vogliamo farci del male e andare a cercare una risposta che, probabilmente, è difficile dare all’unanimità: quale dei due titoli merita il titolo di miglior tie-in del manga di Akira Toriyama della storia recente? Insomma, #TeamBudokai oppure #TeamTenkaichi?

 

 

Round One: Roster
#TeamBudokai:

Budokai 3 se la gioca sulla qualità
Budokai 3 non può sicuramente vantare un roster vasto quanto quello del terzo capitolo della serie Tenkaichi, che è ancora oggi uno degli spin-off sulla serie di Akira Toriyama più completo dal punto di vista dei personaggi utilizzabili in-game. Quantitativamente quindi non c’è partita, ma su questo punto iniziale è necessario fare un paio di valutazioni: in prima battuta, dal punto di vista della qualità, Budokai 3 ancora oggi vanta personaggi utilizzabili solo nel titolo Dimps o, comunque, assenti in Budokai Tenkaichi 3. È il caso della “versione Dragon Ball Z” di Ub, una vera chicca per gli appassionati dell’opera originale che, tra le altre cose, va ad utilizzare le tecniche viste nell’ultimo capitolo del manga (come il famoso Cannone d’Aura) e, a differenza degli altri personaggi, non può utilizzare i Ki-Blast con cerchio e il teletrasporto per evitare gli attacchi avversari, potendo eseguire una manovra simile solo a breve distanza passando in mezzo alle gambe del nemico di turno. Ma non è un caso isolato, vista la presenza anche (nel caso si sbagli la sequenza di quick time event che innesca la Fusion Dance) di Veku e del Gotenks grasso, presenze futili ma che vanno ad aumentare il valore del pacchetto ludico agli occhi dell’appassionato della serie.

In seconda battuta, poi, va contestualizzato il titolo alla sua uscita, e da questo punto di vista Budokai 3 è il primo capitolo ad introdurre personaggi ripresi dalle tre serie “principali” (dalla prima a Dragon Ball GT) e dagli OAV, andando a toccare territori fino a quel momento inesplorati: insomma, è da questo punto in poi che l’asticella, sul fronte dei personaggi giocabili, si alza, e i giocatori iniziano a ritenere alcune presenze nel roster imprescindibili.

 

#TeamTenkaichi:

Budokai Tenkaichi 3: uno dei roster più ricchi di sempre
Sì, va bene Gotenks grasso, ma vogliamo parlare della qualità e della quantità dei personaggi presenti nel terzo capitolo della serie Budokai Tenkaichi? All’interno di questo titolo abbiamo uno dei roster più grandi di sempre, e non parliamo soltanto dei giochi dedicati all’universo Dragon Ball, ma di qualsiasi picchiaduro mai sviluppato e pubblicato. I personaggi presenti in questo titolo sono ben 101, con 60 trasformazioni che potremo utilizzare a partita in corso. La serie aveva già fatto del roster uno dei propri punti forti in precedenza, ma qui vuole strafare, aggiungendo personaggi del manga e dell’anime che appaiono soltanto per alcuni episodi (o addirittura per pochissimi minuti), altri che non hanno nemmeno un nome (come Freezer Soldier) o addirittura Arale, altra mitica creazione di Akira Toriyama, a cui l’autore ha dedicato un altro celebre manga. In ogni modo, come riportato sopra, il roster offre anche una grande qualità: sono presenti personaggi delle 3 principali serie di Dragon Ball (esclusa naturalmente quella Super, che non era ancora stata ideata), e non si può che menzionare la presenza di una dozzina di lottatori (senza contare nuovamente le trasformazioni) provenienti dagli OAV; insomma, anche in questo caso molti di più rispetto al terzo capitolo della serie Budokai. E se i personaggi “normali” possono apparire tediosi, ecco un’utile alternativa: gli Oozaru, ossia i “Saiyan scimmioni”, che ci faranno tornare indietro nel tempo, quando potevamo combattere con e contro Baby Vegeta all’interno di Dragon Ball GT Final Bout per PlayStation 1.

Il primo round non può quindi che andare a Budokai Tenkaichi 3: bisogna riconoscere a Budokai 3 il merito di aver “smosso il tappo” per quanto riguarda questo tipo di contenuti e tenere conto di quel paio di chicche a misura di appassionato presenti su disco, ma è innegabile che il capitolo di Spike giochi in un’altra categoria ed includa nel suo roster anche una serie di facce “di serie B” che impreziosicono tutto il prodotto.

Round 2: Gameplay
#TeamBudokai:

Il picchiaduro incontra l’rpg, e Dimps ne approfitta per fare citazionismo
Sul fronte ludico non si possono che spendere belle parole per il titolo di Dimps, ancora oggi uno degli esempi più solidi di profondità delle meccaniche applicate ad un tie-in videoludico. La base è quella di un picchiaduro tridimensionale, dove due tasti sono dedicati agli attacchi fisici (pugni e calci), che danno il La alle varie combo di ogni personaggio a seconda del timing e delle eventuali direzioni impresse sul d-pad quando si preme il tasto corrispondente; il tasto cerchio innesca gli attacchi energetici (ki-blast e le due tecniche vere e proprie del personaggio), e X permette di schivare gli attacchi o, consumando un numero maggiore di indicatori di aura, teletrasportarsi alle spalle dell’avversario se si attiva la meccanica con il giusto tempismo. Ma, come detto, questa è solo la struttura centrale: su questo scheletro poi vanno ad inserirsi una certa componente ruolistica, che permette di spendere i punti accumulati durante la modalità storia o all’Arena del Drago per potenziare a piacimento il proprio personaggio, decidendo se dotarlo di maggior salute, aura o potere d’attacco (tra le altre cose).

Ma la personalizzazione riguarda anche il moveset e più in generale l’equipaggiamento utilizzabile: ogni guerriero può “indossare” un certo numero di capsule, che a seconda delle loro caratteristiche vanno a dividersi in tecniche, abilità passive ed oggetti da utilizzare. E specie sugli ultimi due fronti Dimps ha inserito di tutto ispirandosi al materiale originale: Malattia Cardiaca Virale è una skill passiva che fa decrescere costantemente la salute di entrambi i combattenti in campo, ma non manca un oggetto, Vaccino, che se utilizzato (si può impedire all’avversario di farlo colpendolo mentre sta premendo il pulsante che aziona la capsula) ne annulla l’effetto per l’utilizzatore. Il Guscio di Tartaruga invece raddoppia, sempre per entrambi i giocatori, il quantitativo di aura richiesto per utilizzare tecniche, schivate e teletrasporti, mentre Aureola fa esattamente il contrario e va a rendere meno “costose” queste manovre. Ma non mancano anche abilità ad hoc, come Navicella Spaziale di Freezer (un oggetto analogo è presente anche per Cooler) che, in caso l’Imperatore Galattico finisca KO, lo riporta in salute in versione Mecha, quella sconfitta da Trunks sulla Terra, o Controllo Mentale di Babidy che, nei panni di Vegeta, attiva la trasformazione in Majin Vegeta quando la salute scende sotto una certa soglia. Un gameplay in definitiva solido e profondo, che fa respirare attenzione per il dettaglio (e anche un certo fanservice che non guasta mai) in diversi aspetti.

 

#TeamTenkaichi:

Non ci si aspetterebbe una profondità del genere in un tie-in
Lo scheletro del gameplay di Budokai Tenkaichi 3 è essenzialmente identico a quello dei due capitoli precedenti, che a loro volta ricordano senza se e senza ma i titoli della saga Budokai, malgrado la prima grande differenza visibile risieda nell’angolatura della telecamera, posta alle spalle del combattente utilizzato. Per quanto riguarda invece il controllo sul nostro personaggio, abbiamo un pulsante per parare i colpi, uno per lanciare onde di energia, uno per muoverci più velocemente e due tasti (quadrato e triangolo) che permettono di attaccare fisicamente l’avversario con calci e pugni (per alcuni personaggi potremmo utilizzare il sostantivo “zampa” visto che parliamo anche di scimmioni e altri strani esseri). Senza considerare che è possibile caricare attacchi più potenti tenendo premuti per pochi istanti i pulsanti, attacchi che lanceranno il nostro avversario molto lontano da noi così da poter decidere la prossima mossa.

Solitamente il giocatore ha diverse strade da poter seguire: la prima è quella di rincorrere l’avversario a tutta velocità per colpirlo nuovamente; un’altra è quella di caricare con il tasto L2 la propria aura così da poter rendere più potenti e dolorosi gli attacchi, oppure lanciare vere onde di energia originali per quasi tutti i personaggi (non le bazzecole utilizzabili con il tasto cerchio). Ecco quindi che con la giusta combinazione di tasti (L2+ Cerchio o Triangolo + un tasto direzionale) Goku potrà lanciare la sua Kamehameha, Vegeta cercherà di mettere a segno il suo Big Bang Attack e altri, come Bu o Chiaotzu (Rif nel doppiaggio Mediaset) si faranno saltare in aria in un attacco Kamikaze che permetterà di diminuire di gran lunga la barra d’energia dell’avversario lasciandoci però con l’1% della nostra salute.

Così com’è accaduto con Budokai, anche in questo caso non manca un sistema capace di far accrescere la forza del nostro personaggio: malgrado manchino le capsule, sono presenti i famosi orecchini Potara, che permettono nel manga e nell’anime una fusione permanente tra due personaggi in un solo corpo (impossibile non ricordare la felicità di Vegeta quando lo scopre prima di unirsi a Goku) con il quale sarà possibile potenziare il nostro personaggio a battaglia in corso. All’interno di questo titolo sono presenti tre diversi tipi di orecchini Potara, simboleggiati da tre colori: azzurro, giallo e viola. Quest’ultimo è il più particolare, in quanto ogni diverso tipo di orecchino è dedicato solo ed esclusivamente a un personaggio: quello di Vegeta per esempio bilancia la forza di attacco con quella di difesa ma soprattutto rende più potenti gli attacchi d’aura dalla lunga distanza, o ancora quello di Trunks che aumenta le statistiche quando il giocatore utilizza degli attacchi ad alta velocità. I Potara gialli invece devono essere utilizzati con più attenzione, in quanto ci daranno modo di potenziare una delle abilità di qualsiasi personaggio sceglieremo, ma al tempo stesso ci “doneranno” uno svantaggio; quelli blu, infine, non faranno altro che darci un piccolo ausilio lasciandoci caricare l’aura più velocemente o rendendo i nostri attacchi più potenti. Ultima (ma non meno importante), la possibilità di aumentare le statistiche dei nostri personaggi, nonché gli slot liberi per i Potara grazie ai Z Points, acquisibili per mezzo dei combattimenti.

 

dragon ball king cold vs king vegeta

Uno scontro tra padri dal sangue blu che può verificarsi solo su PlayStation 2

 

Il secondo round è un pareggio: entrambi i titoli hanno dimostrato sul campo una profondità fuori dal comune per quanto riguarda tie-in del genere (non a caso, diversi dei titoli che verranno dopo, anche all’interno del franchise dedicato a Dragon Ball, da questo punto di vista deluderanno), ed entrambi i titoli vantano degli aspetti ludici che inevitabilmente influenzeranno i prodotti successivi, oltre a fungere da metro di paragone per i giocatori.

Round 3: Story Mode
#TeamBudokai:

Universo del Drago è forse ancora oggi la “campagna” più memorabile del franchise
Lo Story Mode di Budokai 3 è, in pratica, il fiore all’occhiello della produzione. La modalità Universo del Drago non solo immerge il giocatore nei panni di diversi dei protagonisti (c’è infatti una campagna per tutti i personaggi principali, più una dedicata a Broly e un’altra da giocare come Ub) nelle vicende raccontate dal manga, ma spesso e volentieri va a disseminare lungo la strada extra pensati per gli appassionati e, sopratutto, un numero dannatamente congruo di what-if e storie parallele. Nella seconda run nei panni di Goku, per esempio, su Nameck si affronta Vegeta in versione Super Saiyan, che ha raggiunto lo stadio prima dell’odiato rivale ed ha già eliminato Freezer, ma in generale l’approccio “a mappa aperta” (ci si muove su un overworld che, in maniera stilizzata, va a riprodurre il mondo di Dragon Ball) ha permesso a Dimps di inserire diversi extra e percorsi alternativi, che ricompensano il giocatore elargendo capsule e altre tecniche che altrimenti non sarebbe possibile ottenere. Chiudono il cerchio le sfere del drago, presenti sulla mappa e localizzabili (una volta acquisito) grazie al classico Dragon Radar. A fine campagna, se si sono raccolte tutte e sette le sfere, è possibile evocare Shenron per sbloccare la “Rottura” del personaggio (una capsula che dà accesso a tutte le abilità del guerriero quando equipaggiata, trasformazioni incluse) o qualche altro extra, come tracce audio legate al personaggio o accessori.

 

#TeamTenkaichi:

Scontri chiavi e qualche what if; poca cosa
Se la Story Mode è il fiore all’occhiello di Budokai 3, lo stesso non si può dire del nostro Budokai Tenkaichi 3. Inutile cercare di riuscire a vincere o anche a pareggiare una battaglia persa dopo pochi minuti di gioco. La Modalità Principale di Budokai Tenkaichi 3 sembra esistere solo perché deve esserci una modalità storia, che era già stata sviscerata nei capitoli precedenti. A salvare il tutto è l’ignoranza degli sviluppatori con il celebre “What if”: cosa sarebbe successo se? Questa genialata era già stata sperimentata con il capitolo precedente della saga e permetteva di giocare con trame alternative; ma se in Budokai Tenkaichi 2 questa era solo una delle tante sfide da affrontare in una modalità storia dalle mille battaglie, qui si erge a difensore del #TeamTenkaichi per qualche incontro. Niente di eccezionale, sia chiaro, ma pur sempre di una trama che tutti conosciamo a memoria e che avremmo rigiocato con basso interesse a causa di una ripetitività che era già riscontrabile in minima parte nel secondo capitolo. La differenza tra Budokai 3 e Budokai Tenkaichi 3 sta nel fatto che il primo vede la sua completezza al termine di una saga in crescendo, mentre la seconda nasce e vive solo per i veri appassionati alla serie senza aggiungere nulla sotto questo punto di vista.

 

dragon ball budokai 3 dragon universe

Next stop, Casa de Goku (se non cogliete la citazione correte a recuperare Dragon Ball Z Abridged)

 

Dal punto di vista dello storytelling il vincitore è palese: laddove Spike si è limitata a ripercorrere il viale alberato dei ricordi dragonballiani riproponendo gli scontri chiave e poco altro (per quanto comunque, giocando con qualche What If?, degli spunti interessanti non mancano) Dimps ha risposto mettendo sul piatto una modalità storia ricchissima, colma di cose da fare e percorsi alternativi e strizzando, spesso e volentieri, l’occhio al giocatore con rimandi, citazioni e ricompense (come vedremo) dedicate a chi affronta gli scontri dell’Universo del Drago in un certo modo.

Bonus Stage: Chicche, fanservice ed easter egg
#TeamBudokai:

Il “fattore Dimps” fa la differenza: Budokai 3 trasuda amore per il manga di Akira Toriyama
Abbiamo già visto come Dimps abbia inserito, praticamente ovunque fosse possibile farlo, strizzate d’occhio e colpi di gomito dedicati agli appassionati di Dragon Ball. Non solo per quanto riguarda alcune forme particolari dei personaggi accessibili durante la partita (abbiamo già detto di Mecha Freezer, Metal Cooler e Majin Vegeta, o anche Super Bu che può assorbire in maniera casuale uno tra Gohan, Gotenks o Piccolo quando va ad eseguire la sua mossa finale): anche durante lo svolgimento dello story mode è possibile ottenere degli extra di contorno eseguendo determinate azioni, cosa che tendenzialmente si traduce nel cercare di portare a termine un combattimento seguendo il più fedelmente possibile la sua controparte cartaceo-animata canonica (un esempio? Utilizzando il Makankosappo durante la battaglia contro Raditz nella campagna di Piccolo). Ma la chicca più gustosa, senza dubbio, riguarda lo sfortunato Yamcha: giocando nei panni dei Saibaiman ed eseguendo il loro abbraccio suicida contro il terrestre, questo finirà immediatamente KO, seguendo il destino riservatogli da Akira Toriyama nell’opera originale. Va infine detto che, a differenza di quanto poi accadrà nei capitoli successivi, non sono presenti nel roster versioni del personaggio diverse a seconda della saga. Il risultato? Beh, per esempio si può far vestire a Vegeta la battle suit (scouter incluso) utilizzata al debutto nella serie – durante l’attacco alla Terra – e contemporaneamente farlo trasformare in Super Saiyan; dettagli più che secondari (fegatelli, per prendere in prestito un termine dal mondo della regia), ma che regalano momenti di puro e soddisfacente fanservice a chi con Dragon Ball è cresciuto pomeriggio dopo pomeriggio.

 

#TeamBudokaiTenkaichi

L’importanza di 17 milioni di zenos
Anche sotto questo aspetto, Budokai Tenkaichi non offre ciò che riesce a donare ai fan la concorrenza. Una delle poche chicche sotto questo punto di vista è l’inserimento di una colonna sonora originale, sì, ma ricca anche dei famosi brani ascoltabili all’interno della serie Z dell’anime. Geniale è anche la trasformazione in Oozaru da parte dei Saiyan: questa infatti non potrà avvenire in tutti i luoghi e in tutti i laghi ma soltanto in determinate condizioni. Tra le 30 ambientazioni in cui è possibile giocare infatti, ce ne sono alcune che permettono di far scontrare i personaggi di notte, con la luna piena di sfondo: solo e soltanto in quel caso, Goku e co. potranno trasformarsi in scimmioni. Non sono presenti altre grandi novità se non l’introduzione dei Replay, che ci permetteranno di riguardare gli incontri salvati.

 

Dragon Ball Xenoverse 2 evil yamcha time breaker

Xenoverse 2 ci prova, ma Yamcha rimane irrimediabilmente una macchietta per i fan di Dragon Ball

 

Il “fattore Dimps” (che, tra le altre cose, è il team dietro ad un prodotto come Dragon Ball Heroes, che su questi aspetti ha costruito il suo successo in terra nipponica) permette a Budokai 3 di aggiudicarsi questo round extra: verissimo, si tratta di aspetti che hanno importanza relativa rispetto agli altri che abbiamo realizzato, ma bisogna comunque tenere presente qual è il target di questo tipo di prodotti. Il focus non è “divulgativo”, non si cerca di attirare nuovi fan all’opera principale: lo scopo è molto più banalmente far contenti i milioni di appassionati di Dragon Ball la fuori, ed è un’operazione che a Dimps è sempre riuscita alla grande fino a questo momento.


 

Com’è facilmente intuibile, i due titoli dedicati all’universo Dragon Ball entrerebbero di diritto in un’ipotetica Hall of Fame dei Videogiochi nella categoria Picchiaduro. Decidere quale dei due sia migliore è però molto difficile, perché il #TeamBudokaiTenkaichi non può che inchinarsi davanti ad alcune caratteristiche del suo rivale, e al tempo stesso il #TeamBudokai sa che la concorrenza è agguerrita, e che prevalere non è affatto facile. Perché se è vero che il titolo di Dimps ha dalla propria una modalità principale meravigliosamente appassionante, dall’altra la creazione di Spike riesce a perfezionarsi dopo i due capitoli precedenti e a portare un mastodontico roster ricco di personaggi differenti che intrattengono senza problemi il videogiocatore per tantissime ore. E chi vince allora questa sfida? Come spesso accade in una battaglia tra giganti, è impossibile dirlo; i due team si sono sfidati a viso aperto ma nessuno dei due è riuscito a prevalere sull’altro. L’importante in questi casi è divertirsi con spensieratezza e riuscire, magari, nell’uno e nell’altro caso a sconfiggere Gogeta SS4 con il personaggio più forte e potente del mondo: il Campione dei Campioni, Mr. Satan.

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