Dopo Capodanno, Natale, San Valentino e più o meno tutti gli altri giorni dell’anno (feriali compresi), il 1° Aprile è una delle ricorrenze più attese da buona parte dell’umanità, che da secoli si diletta nell’elaborare scherzi più o meno complessi per umiliare i poveri amici malcapitati. Insieme alle serate in cui si affrontano i problemi delle relazioni umane con lunghe (e tediose) partite a Monopoly, i Pesci d’Aprile sono i più quotati distruttori di amicizia (e fiducia) della storia, specie per chi non ha paura di rischiare. Ma, visto che noi non siamo abbastanza str***i e imbecilli da girare l’intero sito al contrario solo per perdere un po’ di utenza random, abbiamo deciso di proporvi una lista di ben 9 film videoludici che nessuno vorrebbe mai produrre per il Grande Schermo. Sì, proprio 9; perché quella faccia sorpresa? Oh, giusto: Pesce d’Aprile!
Goat Simulator – La Capra che fissava gli Uomini
Il “Goat Simulator” deve salvare il mondo o condannarlo
Siete l’ultima speranza per il genere umano (che culo, eh?). In un mondo sempre più prossimo al collasso in cui è diventato praticamente impossibile ottenere le risorse necessarie al proprio sostentamento, vi viene affidata una missione cruciale: “infiltrarvi” tra le capre per carpire il mistero che ha permesso a questa razza di ovini di sopravvivere evitando tutti i problemi che hanno messo in ginocchio il resto del mondo animale. Ma è più facile a dirsi che a farsi ed il pericolo di essere scoperti e bruciare la copertura è sempre dietro l’angolo: se vuoi vivere abbastanza a lungo da vedere la prossima alba (o quantomeno scoprire come finisce Game of Thrones) devi diventare il migliore “Goat Simulator” mai esistito.
Viewtiful Joe – Pirandellìzzami questo!
Infrangere la quarta parete? Forse in modo troppo letterario…
A meno di non essere presi di mira da qualche minaccia proprio mentre si è seduti sulla poltrona, difficilmente l’idea di morire durante la proiezione di un film attraverserebbe l’anticamera del cervello (o quantomeno di quello che una volta era tale). Ma chiamatelo karma, chiamatelo caso, chiamatela sfiga o non chiamatela affatto, per qualche motivo vi è successo proprio questo: durante la visione di un film in 3D i mostri dall’altra parte dello schermo hanno deciso di sfondare la quarta parete nel modo più letterale possibile (quindi si, se non lo avete capito dei cosi strani hanno distrutto lo schermo e si sono fiondati in sala. Aggratis. E a voi il biglietto è costato anche 10 carte). Per fortuna due file dietro di voi è seduto uno strano tizio, che entrando magari avete pure giudicato male: il rosso, vestito un po’ demodé (l’ultimo a portare il cappello a rovescio è stato Jovanotti, dai), scassa letteralmente di mazzate i mostri, Henshin a Go Go Baby e tutti a casa. Prima che vi addebitino pure i danni subiti dall’edificio.
I Am Bread – Toast Me To Hell
Il più alto esempio di cinema horror contemporaneo…
È pomeriggio inoltrato. Un uomo sano, sulla quarantina, sta tornando a casa dal lavoro, pregustando una gustosa cenetta da single in una casa da single organizzata esattamente come la organizzerebbe un single. Alla sua vita sembra mancare qualcosa, certo, ma non importa: l’uomo è soddisfatto delle sue giornate così come sono. Una volta entrato in cucina, tuttavia, il nostro protagonista nota immediatamente che qualcosa non va: piatti rotti, sedie rovesciate, forchette e coltelli sul pavimento e un barattolo di marmellata rotto sul tavolo sono soltanto alcune delle stranezze all’interno della stanza. Credendo in un’intrusione dall’esterno, l’uomo inizia a cercare altri segni di effrazione in giro per la casa; invano. L’unica stanza messa a soqquadro è la cucina, e sembra che non manchi davvero nulla, eccezion fatta per tutti i piatti e le bottiglie rotte sul pavimento. Poi, seguendo la scia di distruzione, l’uomo la vede: una sospetta fetta di pane tostato lo osserva furtivamente di fianco al tostapane, poco lontano.
L’uomo è turbato, ma riordina tutto tentando di non dare troppo peso alla vicenda. Il giorno dopo, tuttavia, succede una cosa molto simile in soggiorno: stanza sottosopra, soprammobili spostati, delicati oggetti in mille pezzi sul pavimento e una TV distrutta dalla caduta di una palla da bowling. In cima alla TV, un’altra fetta di pane, perfettamente tostato su due lati.
I giorni della settimana proseguono. L’immagine della fetta di pane tostato lo assilla nei suoi sogni, a lavoro, mentre cura se stesso e i suoi hobby; non c’è un solo istante della giornata che passi senza che l’uomo pensi a quel fastidiosissimo toast, in qualche modo capace di tostarsi in qualunque situazione. Decide quindi di trasferirsi, fuggendo dalla città.
Tenace, la pagnotta si rifugia nel portabagagli dell’auto e insegue l’uomo attraverso la città, facendo esplodere un distributore di benzina semplicemente per potersi tostare un’altra volta. L’uomo, finalmente, è certo di essersene liberato per sempre, e si mette alla guida per fuggire dalla città.
… Nella lotta tra un uomo e una fetta di pane
Ma la pagnotta non si arrende ancora, e, in un decisivo slancio vitale, l’ultima fetta rimasta riesce ad arrampicarsi su per il lunotto posteriore, giù per il tettuccio, attraverso i sedili posteriori, su per il sedile del passeggero e direttamente in braccio all’uomo che tanto l’aveva odiata. Nel più elevato esempio di cinema horror degli ultimi anni, la fetta di pane si anima per la prima volta proprio di fronte agli occhi dell’uomo, che capisce di essere impazzito definitivamente; nei suoi occhi, una spaventosa certezza e un terrore primordiale si alternano nel giro di un istante, mentre un rapido e istintivo colpo di braccio ruota il volante e spinge l’auto fuori strada.
Per la legge del contrappasso, l’uomo sarà costretto a tostare (e mangiare) fette di pane per tutta l’eternità.
The Last Guardian – Oltre il concetto di McGuffin
Quando l’hype diventa una trappola
Immaginate adesso di essere degli accaniti sostenitori dell’ipotetico regista giappo-pugliese Concettino Ueda. L’improbabile cineasta (dall’altrettanto improbabile nome) è riuscito a guadagnarsi la vostra stima già nel lontano 2001, quando assieme a tantissimi altri appassionati di cinema siete stati catturati dalla sua pellicola di esordio e dal racconto delle vicende dei due protagonisti, costretti alla solitudine per motivi diversi ed uniti dal caso all’interno del castello. Non può che continuare nel 2005, anno di uscita del secondo film del “talento di Tokyo Vecchia” dedicato ad un suo amico d’infanzia (Nicò), che vi convince definitivamente che l’arte si può fare davvero con qualunque mezzo. Dopo 15 anni d’attesa non puoi che vivere il giorno della prima come una cerimonia sacra, pregustando ogni passo del rituale che da casa vi porta sulla poltrona del cinema e contando i secondi che, trailer dopo trailer e pubblicità dopo pubblicità, vi separano da The Last Guardian. Dopo i titoli di testa però sullo schermo compare il faccione di Shuhei Yoshida che vi annuncia che il progetto è stato cancellato. Poi cambia idea e vi dice che è in sviluppo. Poi si dimentica di rinnovare il trademark della Proprietà Intellettuale. Al decimo cliffhanger decidete che la vita è troppo breve e vi imbucate nella saletta di fianco per vedere il secondo tempo di Daikatana, perché la morte fa meno paura quando sai più o meno che aspetto abbia ed in fondo meglio un giorno da sgualdrina per John Romero che 1000 subendo trollate a ripetizione.
Se non hai colto la citazione probabilmente non sai cos’è Daikatana. E sappi che per questo ti invidio
Rock Of Ages – L’Amore ai Tempi dell’Olimpo
Palle & amore
All’improvviso, un regista seguace dello Spiritualismo filo-orientale si rende conto che il Cinema contemporaneo pone troppa attenzione sull’umano o sull’animale prima ancora che sulle cose. Esse infatti, come tutti sappiamo, sono altrettanto dotate di una propria anima e di una propria mole di desideri, solo di rado capaci di manifestarsi agli occhi degli uomini (credete davvero che l’incontro tra il mobile e il mignolo del vostro piede avvenga così spesso per un puro caso?). Fortunatamente il nostro amico pseudo-buddhista ha anche un amore per la mitologia greca, e, affascinato dal mito della roccia di Sisifo, decide di scrivere una delle storie d’amore più strappalacrime che Hollywood abbia mai visto.
Al tempo degli Dei dell’Olimpo, dei Signori della Guerra e dei Re che spadroneggiavano su una terra in tumulto, due enormi palle di roccia tendevano l’una all’altra in un gioco malsano che le vedeva allontanarsi sempre più ad ogni tentativo di ricongiungersi. Ogni giorno, le due sfere di roccia erano costrette a rotolare giù per una collina al solo scopo di raggiungere il castello alla base, l’unico luogo in cui poter cercare la loro rispettiva metà. Gli Dei, che avevano infuso l’anima nelle due rocce, piazzavano scommesse e ostacoli in giro per il percorso in egual misura, al fine di impedire ai due amati di potersi riabbracciare. La tenacia delle due sfere permetteva loro di superare ogni barriera, ma, ogni volta che esse giungevano nei rispettivi castelli, trovavano solo un occupante in attesa di essere schiacciato, con nessun segno della propria metà.
Un destino inevitabile
Puntualmente, in un impeto di rabbia, chi arrivava per primo schiacciava quell’occupante ogni singola volta e ad ogni singola partita; e gli Dei riavviavano il gioco, facendo ripartire entrambe dalla cima di una nuova, più disastrata collina. Mai le due sfere capiranno di essere divise da un semplice muro alle loro spalle nel rispettivo punto di partenza, e gli Dei riusciranno sempre a fargli credere che la loro metà, questa volta, potrà essere trovata proprio nel castello alla base della collina stessa. Per raggiungerla, le due sfere dovranno solo superare tutti gli ostacoli e sfondare la porta del castello… Un’altra volta.
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