Prima di salutarci e passare alle altre classifiche, voglio chiudere con 3 titoli “indigesti di questo 2015. Per le piogge di insulti sapete dove trovarmi!
Flop 2015
Iniziamo con una delle prime delusioni dell’anno:
The Order: 1886 è la classica bionda tutta apparenza e niente cervello. Un titolo consumato in fretta e furia, che non mi ha lasciato assolutamente nulla se non qualche buona considerazione sull’aspetto grafico e la capacità di farmi rivalutare, in positivo,
Ryse: Son of Rome di Xbox One (
esclusiva Microsoft che ha molto in comune con il titolo Rady at Dawn).
Piatto, banale, gli unici momenti buoni di gameplay vengono ammazzati da una
staticità situazionale che rende ogni passaggio scialbo e privo di mordente, con qualche QTE inserito qua e là al suo interno, così, tanto per. Non si salva proprio nulla, nemmeno quella storia dal sapore steampunk che tanto
aveva conquistato i fan più incalliti al rilascio del primo trailer: inizialmente sembra avere del potenziale, per poi scivolare malamente nella banalità più spicciola, fra colpi di scena annunciati, rivelazioni per nulla teatrali, e un finale volutamente lasciato aperto, dando per scontato l’arrivo di un sequel. Insomma,
The Order può piacere a chi non bazzica il genere o chi gioca occasionalmente, che viene “intortato” da un bel faccino e non riesce a vederne i difetti perché non ha termini di paragone con cui confrontarsi.
Fin dal suo annuncio, dopo ogni news, rumor, fino alla conferma dell’uscita su
Wii U, ho voluto credere in
Tomonobu Itagaki. Nonostante quello che avevo di fronte non mi convinceva a pieno, fino all’ultimo sono rimasto sospeso in una bolla di speranza che il nuovo titolo del padre di
Ninja Gaiden avesse nascosto nella manica qualche asso. Poi lo scontro con la dura realtà.
Devil’s Third è un titolo che difficilmente si farà apprezzare, e nonostante qualche buona intuizione ci sia (
poche, pochissime), il tutto viene soppresso da una pacchianità che regna sovrana per tutta la sua durata (
sempre che troviate la voglia e il coraggio di finirlo). A complicare le cose poi troviamo lo stesso Itagaki,
che al posto di cospargersi il capo di cenere e chiedere umilmente perdono per la boiata fatta, rincara la dose, insultando chi critica il gioco dandogli dell’incompetente, spostando il fulcro del problema da Devil’s Third al giocatore stesso. Una presunzione che, specialmente in questo campo, non paga assolutamente, e viene da chiedersi se il buon caro Itagaki riuscirà a risollevarsi e a partorire qualche altro nuovo progetto o se
diverrà l’ennesimo fantasma dell’industria videoludica.
Tre cose nella vita sono certe: la morte, le tasse e un nuovo Call of Duty ogni anno. Quello con COD è uno strano rapporto che va avanti da tempo. Senza apprezzare realmente la serie, o meglio, scemando l’interesse uscita dopo uscita, ormai gli è rimasta la nomea di “
titolo da prendere per fare due spari con gli amici”.
Il problema nasce quando anche l’amico “coddaro” si stufa e si accorge del pappone che è diventato con il passare del tempo. Con
Black Ops III,
la serie completa la sua metamorfosi, diventando il Frankenstein degli fps. Oggi come non mai, non sono riuscito a trovare nulla di originale nella nuova incarnazione di
Treyarch, anzi è un collage di elementi scopiazzati qua e là senza troppo pudore,
su tutti il parkour alla Titanfall (
non più il COD con i Titani, ma il Titanfall senza, 2 anni dopo).
A nulla serve riproporre l’ormai abusata modalità zombie (
che a questo punto inizia a puzzare realmente di non morto) o a tentare di fare i fenomeni
buttando del fumo degli occhi con la campagna single player, dove l’unica cosa avvincente è la noia che avanza dopo i primi minuti di gioco. Nell’anno del novellino Spatoon e di un rinnovato Halo (
o anche solo un Battlefront selvatico a caso) bisogna avere il paraocchi per apprezzare questo nuovo capitolo.
Forse anche per COD è arrivato il momento di prendersi una bella pausa. E attualmente non ne sentirei minimamente la mancanza.
#LiveTheRebellion