Lo scorso Mercoledì 18 Aprile, per una sola giornata, Nexo Digital e Dynit hanno riportato al cinema uno dei capolavori più importanti ed influenti dell’animazione giapponese e non: Akira di Katsuhiro Otomo.

L’evento, giunto a chiudere la stagione Nexo Anime 2018, ha assunto i toni di una celebrazione per il leggendario film che proprio quest’anno compie i suoi primi 30 anni di vita. E quale modo migliore per celebrare questo anniversario che non una nuova traduzione, più fedele all’originale, accompagnata da un nuovo doppiaggio? Ma perché dopo tutto questo tempo, e dopo un altro passaggio cinematografico solo pochi anni fa in occasione del 25esimo anniversario, tutta questa attenzione? Perché stiamo ancora parlando di Akira? Cos’ha Akira di così speciale?

 

 

Akira ha dimostrato per la prima volta come anche le produzioni giapponesi potessero essere di alto profilo
Sembrerebbe superfluo stare a snocciolare numeri e curiosità che un qualsiasi internauta armato di Wikipedia potrebbe tranquillamente scoprire da solo, eppure non lo è, non nel caso di Akira. Tratto dall’omonimo manga scritto e disegnato dallo stesso Otomo che lo dirigerà sul grande schermo,

Akira è  il punto di arrivo ed il punto di partenza dell’animazione giapponese
Akira è contemporaneamente il punto di arrivo ed il punto di partenza dell’animazione giapponesemoderna. Per adattare la bellissima e complessissima storia contenuta in oltre 2000 pagine di manga venne allestita una partnership speciale tra tutte le più grandi compagnie giapponesi dedicate all’intrattenimento, la Akira Committee. Venne stanziato un budget di oltre un miliardo di Yen (qualcosa come 10 milioni di Euro, senza tener conto dell’inflazione), una cifra spropositata per uno stile di animazione, quello giapponese, che fino a quel momento aveva dimostrato grande abilità nell’escogitare ogni tipo di scorciatoia tecnica pur di spendere il meno possibile. Non ci furono scorciatoie tecniche in Akira. Oltre 160.000 frame di animazione vennero disegnati a mano, e per la prima volta vennero impiegate tecniche altamente innovative. Il doppiaggio venne registrato prima della realizzazione dell’animazione, in modo tale da permettere agli animatori di andare a riprodurre i corretti movimenti della bocca. Venne impiegata la Computer Graphic, per la prima volta al mondo in un cartone animato, battendo di ben 3 anni la Disney che l’avrebbe introdotta nel 1991 con La Bella e la Bestia.

 

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Luci al neon e dinamicità
Tutto questo per rendere giustizia ad una delle ambientazioni più affascinanti mai viste su carta o schermo. Ambientato in un ipotetico 2019, 31 anni dopo lo scoppio della Terza Guerra Mondiale, Akira ci mostra una Neo-Tokyo bladerunneriana, con colossali grattacieli pullulanti di luci al neon, ed una bassa umanità che si aggira invece per le strade dei quartieri. Le tensioni sociali sono al limite. Rivoluzionari, cospiratori, sette e culti infiammano gli animi di un popolo che si sente tradito da una classe politica pigra e disinteressata e da una società materialista e corrotta, che ha perso ogni contatto con la spiritualità. Le generazioni più giovani, ulteriormente emarginate, si riuniscono in gang, che si affrontano di notte sulle strade della città a bordo di futuristiche moto. La sequenza iniziale di Akira, una delle più visivamente appaganti ed adrenaliniche, mostra proprio l’inseguimento della banda dei Clown da parte della gang dei protagonisti: Tetsuo e Kaneda. Dal primo istante si comprende come

da un punto di vista puramente estetico Akira è destinato a restare insuperato
da un punto di vista puramente estetico Akira sia destinato a restare insuperato: sullo sfondo di una Neo-Tokyo spettacolare, in cui ogni grattacielo dello skyline è rappresentato su di un diverso livello di parallasse, sfrecciano moto velocissime, che lasciano dietro di se scie luminose. L’azione è subito frenetica, dinamica, ipercinetica, accompagnata da una colonna sonora epica ma allo stesso tempo futuristica, tribale ed esotica realizzata dal collettivo Geino Yamashirogumi. L’inseguimento sarà interrotto dallo schianto della moto di Tetsuo contro quello che sembra essere un bambino dalle sembianze di un vecchio. Qui partirà il nucleo narrativo centrale di Akira che ci porterà a scoprire cospirazioni governative, esperimenti segreti e devastanti poteri mentali, fino ad una apocalittica risoluzione.

 

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L’apocalisse di due amici: Tetsuo e Kaneda
Apocalittico. Sarebbe troppo semplice catalogare sotto questo aggettivo Akira. Se l’apocalisse è un tema fin troppo ricorrente nella produzione giapponese del dopoguerra – e come dar torto al popolo che l’apocalisse l’ha vista in faccia

Akira è al tempo stesso un’opera pre-apocalittica, apocalittica e post-apocalittica
Akira è però al tempo stesso un’opera pre-apocalittica, apocalittica e post-apocalittica. La Neo-Tokyo che scopriamo nel film è una città nata dalle macerie della devastazione, è l’emblema del boom economico della ricostruzione, che poi diviene opulenza e spreco, “un frutto troppo maturo“. Attuale nel 1988 per il Giappone degli anni della bolla economica (che sarebbe scoppiata, come indovinava Otomo, dopo pochissimi anni), lo è ancora di più oggi dopo che il mondo ha conosciuto la crisi economica del 2008. Ma questa è solo una delle tematiche che si intrecciano e si mescolano in Akira, film densissimo e stratificato. C’è la critica alle false religioni. C’è la cospirazione, l’intrigo politico e militare. C’è una riflessione sulle potenzialità dell’essere umano. C’è il già accennato riferimento all’olocausto nucleare. C’è il senso di estraneità ed incomprensione che le giovani generazioni giapponesi (e non) provano verso la società ed il mondo degli adulti. Ma soprattutto c’è la storia di due amici. Akira fondamentalmente è la storia dell’amicizia tra Kaneda e Tetsuo. Una storia che spogliata di ogni elemento fantastico o fantascientifico diviene particolarmente “vera” ed universalmente riconoscibile. È la storia di due amici cresciuti insieme, che ad un certo punto della loro vita hanno sentito il reciproco impulso di emanciparsi l’uno dall’altro. Il complesso rapporto, quasi di amore-odio, tra Tetsuo e Kaneda è uno dei più celebri della storia dell’animazione, capace di diventare archetipo (alla pari di quello tra Akira Fudo e Ryo in Devilman) per generazioni di coppie di rivali nel mondo dei manga ed anime.

 

 

30 anni dopo, Akira continua a mutare
Akira non è solo un film denso e stratificato. È anche mutevole, camaleontico. Attraversa più generi, non tanto per verve citazionista, ma per la necessità di imbrigliare l’energia primordiale della creatività otomiana. Da “street gang movie” a la I Guerrieri della Notte, a manifesto dell’estetica cyberpunk, Da thriller politico a film d’infiltrazione e spionaggio, dal body horror e dalla “nuova carne” cronenberghiana alla fantascienza psichedelica di 2001 Odissea nello Spazio. Akira attraversa tutte queste fasi, avanti ed a ritroso, più volte, con ritmo incalzante. È facile comprendere come quando venne portato fuori dal Giappone per la prima volta, nei primi anni ’90, venne accolto come una rivelazione in America ed in Europa. Mai si era visto qualcosa del genere, e soprattutto mai si era pensato che un cartone animato potesse essere qualcosa del genere. Animato così bene. Così ricco di tematiche, di suggestioni. Con così tanta violenza, tanta azione. Sicuramente anche in Italia non eravamo pronti per Akira. Il doppiaggio italiano storico del film, basato su di una traduzione che non aveva la cura per il dettaglio di quelle odierne, era ricco di idiosincrasie e risultava in più punti criptico e poco comprensibile. Il nuovo doppiaggio realizzato in occasione del trentennale sicuramente mette una pezza al posto giusto, rendendo più chiari alcuni avvenimenti ed esplicitando maggiormente la consequenzialità di alcune scene. Il prezzo da pagare per questa maggior chiarezza è una differente pronuncia dei nomi dei protagonisti, difficile da accettare per chi proviene da anni di rewatch, e l’assenza di alcune frasi, sì liberamente adattate, ma oramai divenute leggendarie, come la “moto per soli geni“. La speranza è che nella futura riedizione Bluray Dynit decida di inserire entrambe le versioni del doppiaggio, così da accontentare tutti e consegnare ai posteri la versione definitiva di un capolavoro immortale. Perché se è vero che dopo 30 anni ancora stiamo parlando di Akira, sicuramente lo faremo anche tra altri 30.

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