In occasione dello scorso Lucca Comics & Games abbiamo avuto modo di partecipare ad un Press Café, le colazioni-intervista con gli ospiti della manifestazione, con Raphael Lacoste, direttore artistico della serie Assassin’s Creed e dell’ultimo Assassin’s Creed: Origins, a cui si è aggiunto all’ultimo momento Marko Djurdjevic, fondatore e direttore creativo del concept art studio berlinese Sixmorevodka. La strana accoppiata è stata quindi a disposizione di un piccolo pubblico di giornalisti per rispondere a varie domande.

 

 

Il claim del Lucca Comics di quest’anno è Heroes. Noi (gli organizzatori – ndr) dedichiamo questo claim non tanto agli eroi di carta, celluloide o pixel ma ai veri eroi di questa manifestazione, ovvero il pubblico. Nella vostra carriera avete entrambi avuto a che fare con eroi e supereroi e volevo chiedervi se la vostra definizione di eroe coincide in qualche modo con quella di Lucca Comics

 

Djurdjevic: L’eroe è ciò che ti “tiene a bada”, che ti tiene occupato a guardare in alto verso di lui, è quella persona o cosa che viene idolizzata grazie alla sua autorevolezza.

 

Lacoste: Quando creo un eroe per un videogioco questo deve avere dei difetti. In questo modo si crea un legame con il giocatore. Quando si riescono a creare questi legami l’eroe acquista spessore e diventa molto più credibile.

 

 

Anno scorso vi era a Lucca una mostra di Marko e quest’anno vi è una mostra di Raphael. Avete avuto modo di vedere le vostre rispettive mostre?

 

Djurjevic: Vedo i lavori di Lacoste tutti i giorni nel news feed dei miei social!

 

Lacoste: È la prima volta che mi capita di vedere i lavori di Marko dal vivo e ci siamo incontrati per la prima volta di persona proprio ieri!

 

assassin's creed origins

 

L’ultimo capitolo di Assassin’s Creed, Origins, è stato ambientato in Egitto. Una domanda ricorrente tra i fan è se il prossimo capitolo potrebbe essere ambientato nel Giappone feudale e se la serie rimarrà con cadenza biennale o se tornerà ad uscite annuali.

 

Lacoste: Non possiamo parlare della prossima ambientazione perché vogliamo stupirvi. Le decisioni vengono prese dall’intero team (“videogame democracy”) che deve condividere lo stesso entusiasmo per il setting. Condividevamo questo entusiasmo per l’Egitto e così dovrà essere per il prossimo gioco. Potrebbe essere ambientato nel Giappone feudale, tra i vichinghi, qualsiasi cosa. Ma non posso ancora davvero parlare del prossimo gioco. Non posso parlare anche della cadenza delle uscite. Con Origins c’è stata questa pausa perché sapevano ci fosse bisogno di riflettere su alcune cose, rivedere delle meccaniche, prenderci il tempo che era necessario.

 

 

I lavori di Raphael hanno contribuito alla creazione di ambientazioni iconiche della serie come i Caraibi, città antiche, e perfino elementi mistico-tecnologici. Come è stato lavorare ad una ambientazione quasi favolistica come l’Egitto dopo queste esperienze?

 

Lacoste: Sono stato molto soddisfatto dall’esperienza, visto che il periodo storico lascia ampio spazio all’immaginazione. Non è stato però confortevole, perché non è rimasto nulla dell’Egitto antico. Le antiche Menfi ed Alessandria non esistono più, non potevamo fare come in altre ambientazioni e guardare dall’alto con Google Maps per ricreare le città. Questo però ci ha dato una grande libertà creativa.

 

 

Una domanda per Marko. Quale è l’origine dei nomi Orken (la nuova linea fantasy del suo studio – ndr) e Sixmorevodka?

 

Djurdjevic: Orken è il nostro primo lavoro nel campo del fantasy e volevamo creare una nuova parola che giocasse sul nome degli orchi. Sixmorevodka deriva da un aneddoto. Circa dodici anni fa ero a bere con alcuni amici in Amsterdam, e “Six more vodka” è l’ultima cosa che si ricordano che avessi ordinato prima di andare in black out completo. È diventata una battuta ricorrente ed ho deciso di chiamare così il mio studio.

 

 

Il team su cosa è focalizzato?

 

Il nostro team è composto da 20 persone. Sono sempre alla ricerca di nuovi artisti da assumere. Lavoriamo molto sulla caratterizzazione dei personaggi e veniamo spesso ingaggiati per questo e per la nostra missione artistica: creare qualcosa dal nulla.

 

wachsmann marko djurdjevic

 

Due domande per Raphael Lacoste. Prima o poi la storia di Assassin’s Creed nel passato dovrà finire. È possibile un capitolo ambientato interamente nel futuro? E quale è l’ambientazione su cui ha preferito lavorare?

 

Lacoste: Assassin’s Creed è come una macchina del tempo che va avanti ed indietro. Non credo finiremo mai, c’è ancora molta storia da esplorare, ad esempio il Sud America, gli Aztechi… troveremo sempre qualcosa di interessante nel passato da esplorare. Il fatto che il film di Assasin’s Creed non sia piaciuto è stato per noi un segnale che indica che i fan vogliono ambientazioni passate, non presenti o future. Riguardo alle location preferite direi Costantinopoli, ma anche quelle di Black Flag e Origins. Quest’ultimo ci ha dato la più grande libertà creativa, a differenza della Londra vittoriana, per la quale è bastato fare delle riprese aeree e ricrearla all’interno del gioco.

 

 

Qual è il vostro rapporto con il cinema? Avete delle influenze che vi hanno segnato nel vostro percorso artistico e che differenze trovate nell’art direction per il cinema e quella per il videogioco ed altre forme editoriali?

 

Djurdjevic: Non vedo un bel film da almeno 10 anni, l’ultimo è stato There Will Be Blood. Ho ottimi ricordi dei film degli anni ’70, ’80, ’90, quando i budget non erano così alti ed i film erano basati sulla storia e sulla recitazione, non sugli effetti speciali.

 

Lacoste: Un grande regista in tempi recenti è Denis Villeneuve. Ho visto Prisoners, Arrival, Sicario e sa usare molto bene il suono e le scene. È ancora un regista giovane, infatti nel realizzare il sequel di Blade Runner ha dovuto discostarsi dall’originale. Quello non si può ancora battere.

 

 

Assassin’s Creed: Origins è l’Assassin’s Creed in cui la luce svolge il ruolo più importante, non solo come fattore ambientale ma anche espressivo. Nelle sezioni finali ci sono dei combattimenti con una luce particolare, quasi cinematografica. Questo è stato reso possibile dal nuovo motore di rendering, ma dove finisce l’esigenza espressiva e dove inizia l’opportunità tecnologica?

 

Lacoste: In Origins abbiamo utilizzato una simulazione fisica della luce, ma nonostante questo nuovo motore di rendering il nostro obbiettivo è creare arte, non una simulazione. Quindi abbiamo utilizzato tutti i tool a nostra disposizione per modificare atmosfera, ambiente, colori e profondità di campo adattandoli alle esigenze di ogni singola scena.

 

 

Una domanda per Marko. C’è stata una influenza dell’arte italiana nella sua arte?

 

Djurdjevic: Qui in Italia avete generazioni e generazioni di artisti quindi l’influenza è enorme. Ci sono una serie di artisti assolutamente incredibili ed in un certo senso anche qui a Lucca Comics ci sono molti moderni artisti emergenti che ho avuto la possibilità di vedere ed incontrare.

 

 

Un’altra domanda per Marko. Come affronti la sfida di coniugare la tua tendenza al realismo e soggetti prettamente fantastici?

 

Djurdjevic: La mia preferenza personale è il disegno realistico, ma tutto dipende dal cliente per cui si lavora, ad esempio come quando ho lavorato per Riot Games su alcuni personaggi di League of Legends.

 

 

Un’ultima domanda per Raphael. Come hai trovato il film di Assassin’s Creed e che differenze credi ci siano tra film e videogioco?

 

Lacoste: Sono due sfide molto diverse. Ho fatto cinema per 3 anni ma preferisco lavorare con i videogames perché creare film prevede aspetti molto più tecnici, mentre il videogioco permette altre possibilità di espressione artistica. Nei giochi bisogna tenere a mente fattori come l’immersione e la volontà di scoperta del giocatore. Ad esempio non basta creare una montagna, bisogna creare tutto ciò che vi è attorno ed oltre per stimolare il giocatore ad esplorare.

#LiveTheRebellion