Stiamo vedendo negli ultimi anni sempre più videogiochi con protagonisti samurai e katane, e potrei scrivere una lunga spiegazione sul perché ci sia sempre più interesse verso l’estetica, il mondo e il folklore ma non lo farò, la spiegazione è più semplice: katane e samurai sono dannatamente fighi.
Se c’è qualcosa che
Vergil ha insegnato dalla sua prima apparizione è che se un videogioco permette di utilizzare una katana, allora quella sarà sempre l’arma più divertente del gioco. Chiedete a
Bayonetta per esempio.
Ma scherzi a parte, è bello vedere quando in un videogioco il focus è sull’arma bianca e non sulle pistole ci sia così tanta varietà nell’idea, nel gameplay e nel mondo.
Nioh,
Ghost of Tsushima,
Sekiro, sono tutti giochi che mettono l’attenzione sull’affettare i nemici in maniera stilosa (oltre ad altre cose, ovviamente) eppure tutti ci mettono nei panni di un guerriero samurai.
A farlo è anche il protagonista della recensione di oggi,
Trek To Yomi, sviluppato da
Flying Wild Hog, gli stessi che hanno lavorato alla saga
Shadow Warrior (quindi dei grandi appassionati di katane) e pubblicato da
Devolver Digital.
Bianco e Kurosawa
La premessa del gioco è quella di omaggiare il cinema di
Akira Kurosawa, non solo nell’estetica, ma anche nei temi. In primis può sembrare che la storia di Trek To Yomi sia un 1:1 di un qualsiasi film del maestro del cinema giapponese, e seppur non sia sbagliato, non sarebbe neanche un problema. Del resto gli scontri fra samurai sotto la pioggia, con il ballo il destino della propria gente sono un tema che per quanto possa stufare non ha mai abbandonato l’industria dell’intrattenimento. Ma il videogioco fa molto più di questo.
Seppur cominci in maniera classica per il genere a cui fa riferimento, Trek To Yomi
trova una sua strada poco dopo, senza abbandonare l’influenza da Kurosawa, ma prendendo qua e là dal folklore giapponese, e andando ben oltre la conoscenza generale del tema. Infatti dagli ambienti e dai personaggi ispirati alle leggende nipponiche si sente lo studio che lo studio (no pun inteded) ha fatto su quel mondo.
Del resto il termine
Trek non serve solo se affiancato alla parola
Star, ma s’intende un percorso ben preciso, ed è questo il tema principale dell’intera produzione.
Il selling point di Trek To Yomi, oltre al sistema di combattimento (di cui parlerò fra poco) è sulla narrazione. Non c’è una trama super articolata o dei personaggi dall’immensa profondità, poiché il focus sta proprio sui temi, e questi sono descritti in maniera discreta. Riesce a essere evocativo sfruttando altri elementi, come inquadrature dinamiche o dei piccoli dettagli nell’estetica di alcuni personaggi che potrebbero risultare memorabili.
Fra tutti, il
samurai col naso mozzato è qualcosa di indimenticabile. Un perfetto mix che incarna la violenza della lotta con la spada e che contemporaneamente ricorda uno scheletro, rappresentando la paura e l’oltretomba, tutti temi principali del videogioco.
Più che un filtro
Dal punto di vista puramente estetico e stilistico, il gioco riesce comunque a presentare delle belle idee e perfino memorabili, ma c’è qualcosa da dire sul comparto tecnico.
Tutto l’aspetto tecnico di Trek To Yomi cavalca lo stile estetico, e infatti gli basta quello per essere più che godibile. La parte più debole sono i volti dei personaggi, che avendo una singola espressione non comunicano nulla. Fortunatamente non si vedono spesso, ma durante alcune cut-scene spezzano la serietà che il videogioco mira a comunicare.
Chi ha bisogno dei colori?
A rendere tutto più piacevole e l’ottimo doppiaggio giapponese. Una menzione d’onore va fatta per
Akio Otsuka, uno dei più importanti doppiatori giapponesi, che ha prestato alla voce a vere icone come
Marshall D. Teach di
One Piece o
Yujiro Hanma di
Baki. Una voce fantastica quanto è fantastica la sua interpretazione all’interno del videogioco.
3 tipi di Combat System…
Quando si parla di sistemi di combattimento, per me, esistono 3 tipi: quelli belli, quelli godibili e quelli che sono proprio brutti.
Un sistema di combattimento
bello è bello, ti piace combattere e ti invoglia continuamente a farlo.
Tipo Devil May Cry.
Un sistema
godibile è quello che, pur portando dei difetti, non obbliga il giocatore a sforzarsi per continuare il gioco. In questa categoria metto
The Witcher 3. Non è il massimo, e lo sappiamo tutti, ma il videogioco ha tanti altri punti di forza, e il combat system non è così tremendo da far abbandonare il gioco.
Un sistema di combattimento
brutto è quello infido, che magari trovi anche in un gioco che ti piace per altre ragioni, ma che ti spinge sempre di più a dropparlo perché proprio non riesci a fartelo piacere. Qua l’esempio perfetto è
Kingdom Hearts: Chain of Memories per PS2. Probabilmente Nomura era ubriaco quando ci ha pensato e non sarebbe manco l’ultima volta che da ubriaco da vita a un Kingdom Hearts.
Trek To Yomi rientra nella categoria dei godibili. Immagino ve lo stavate chiedendo.
…e quello di Trek To Yomi
Arriviamo al sistema di combattimento, finalmente. Trek To Yomi alterna due fasi di gioco, l’esplorazione in 3D e il combattimento vero e proprio, in 2D. Cominciamo da quest’ultimo.
L’idea di un sistema di combattimento ravvicinato basato sulle sue dimensioni elimina a prescindere quello che è un gigantesco problema che affligge da sempre i giochi d’azione:
la telecamera. Con un’inquadratura fissa (e molte volte cinematica) niente può offuscarci la vista o compromettere l’azione, e di conseguenza tutto ciò che accade a schermo è comprensibile e godibile.
Il problema dell’impostazione 2D colpisce però il sistema di combattimento vero e proprio. Lo schema gira intorno ai due tasti per attaccare, che si dividono in attacco debole e potente, la parata e il comando per girarsi dalla parte opposta. Come deducibile, con così pochi tasti per combattere a disposizione ne risente la varietà degli attacchi, e di conseguenza anche il sistema stesso.
Progredendo nella campagna principale si sbloccano nuove combinazioni, ma non c’è nessun incentivo a utilizzare, o neanche una reale ragione per farlo. I nemici, seppur presenti in diversi tipi,
seguono sempre gli stessi schemi, e questo vuol dire che se per esempio si effettua una combo rapida, questo attaccherà sempre (davvero sempre) immediatamente, risultando facilmente leggibile, come un
disco rotto.
Le animazioni non aiutano, che legnose come sono rappresentano forse il più grande problema dell’intero videogioco.
Non c’è profondità ma non è un combat system da buttare, ci sono alcuni aspetti che lo rendono godibile. I nemici sono presenti in diversi tipi, e alcuni di questi portano con loro dei moveset molto diversi che necessitano di essere imparati, soprattutto alle difficoltà più alte che non concedono sbagli. Gli avversari delle fasi di gioco più avanzate sono decisamente i migliori, poiché sfoggiano degli attacchi decisamente fuori dall’ordinario.
Non è quindi un sistema molto divertente, ma non è qualcosa che vi potrebbe spingere ad abbandonare il gioco.
Gli aspetti positivi del sistema rientrano nell’idea di Trek To Yomi di affidarsi al
realismo. Non si può caricare a testa bassa (almeno dalla difficoltà normale) e spammare tasti a caso, perché come in un reale duello, questo porta alla morte. Affaticarsi inutilmente e svuotare la stamina significa morte nella lotta, così come anche essere colpiti alle spalle. Tutti principi del Bushido, lo stile di combattimento che Hiroki, il protagonista, utilizza.
Perchè il 3D?
Si può passare alle fasi esplorative. La terza persona, nelle fasi dove la katana è ancora nel fodero è utile, e per una serie di ragioni. Se il gioco fosse stato tutto in 2D, sarebbe stato tutto troppo monotono, specie quando non c’è la possibilità di saltare.
L’esplorazione è un continuo gioco di inquadrature, che rendono tutto più avvincente, come una fase in miniera dove la telecamera è piazzata in alto che permette di scorgere l’intera caverna.
Inoltre la visuale gioca molto con l’occultare il percorso principale, invogliando il giocatore a setacciare ogni zona prima di andare avanti, o scoprendo persino strade nascoste perché volutamente oscurate dall’inquadratura fissa. Ci sono anche dei percorsi opzionali che cambiano piccole porzioni del livello.
La doppia impostazione da 2D a 3D ha un grande senso nel contesto del gioco ed è una buona scelta di design.
MA QUANTO DURA?!?
Arriviamo alla parte odiosa.
Ma quanto dura il gioco? Il gioco dura 5 ore se giocato a difficoltà normale e costa 20 euri. Troppo? Assolutamente no. Trek To Yomi dura esattamente il giusto, e se ne volete ancora, c’è la difficoltà difficile, che certamente vi regalerà ore aggiuntive, poiché ben bilanciata e propone una sfida veramente impegnativa.
Per ragioni non comprese, manca una selezione dei livelli, quindi l’avventura va rigiocata per forza da capo ogni volta.
E alla conclusione di una run si sblocca anche la difficoltà massima. Ci sono all’interno del gioco poche scelte, che vanno tuttavia a cambiare il finale e qualche cutscene. Quindi anche finendolo un paio di volte sono più di 10 ore di gioco per 20 euri.
E poi sta anche sul Game Pass. Insomma non rompete le
palle e non lamentatevi che costa troppo.
Voto e Prezzo
7.5 / 10
20€ /20€
Commento
Pro e Contro
✓ Narrazione semplice ma efficace
✓ Buon omaggio a Kurosawa
✓ La telecamera
✓ Difficoltà bilanciata
x Sistema di combattimento da rivedere
x Animazioni legnose
x I volti dei personaggi
#LiveTheRebellion