Cosa succede se uniamo Ron Gilbert, il creatore di Monkey Island, alla Double Fine Productions di Tim Schafer? Otteniamo una nuovo gioco ricco di ironia e risate.
In questo determinato caso, il frutto dell’unione si chiama The Cave, un’avventura grafica dalle meccaniche platform 2D, con lo stile che da sempre caratterizza i giochi Double Fine: non si punta all’aspetto esteriore ma a quello che c’è dentro il gioco.
Lo scorso Gennaio The Cave è approdato su PS3, 360, Wii U e Pc, distribuito da SEGA, tramite download digitale dai rispettivi store.
VERSIONE TESTATA: PS3
La vera e propria protagonista di The Cave è una Caverna parlante, che farà da sfondo alle disavventure di sette malcapitati viaggiatori, ognuno con la propria storia e il proprio lato oscuro da svelare.
La Caverna in questione esiste da millenni e da sempre ha mostrato a coloro che si avventuravano al suo interno il loro passato, il loro presente ed il loro futuro. Ai visitatori stava capire cosa fare di questi insegnamenti, e sta al giocatore decidere quale sarà il destino dei sette sfortunati protagonisti.
Ogni personaggio ha la sua storia da raccontare attraverso un livello del gioco, ma per scoprirle tutte dovremo completare almeno tre volte il nuovo gioco di Double Fine; ad ogni nuova partita potremo infatti scegliere solo tre tra i sette malcapitati.
Le combinazioni con cui li sceglieremo non cambieranno la trama del gioco, ma solo i livelli che affronteremo, perchè se il protagonista della zona sarà assente dal trio, salteremo completamente il livello, proseguendo nella storia; viceversa se avremo con noi un determinato personaggio, scopriremo perchè si trova nella Caverna e qual’è il suo desiderio più nascosto.
Per questo motivo The Cave si completa facilmente in quattro ore (al primo giro) che si ridurranno drasticamente una volta scoperti gli enigmi (compresi i quattro livelli base che non cambiano mai nel corso delle varie run); fortunatamente per scoprire tutti i finali e i segreti della caverna serviranno cinque partite.
Ogni protagonista ha infatti due finali, che ovviamente non vi sveliamo ma che saranno chiaramente opposti tra di loro: cederanno ai loro desideri o li sacrificheranno per qualcosa di più prezioso?
Come già scritto, sta al giocatore scrivere il finale di queste sette piccole storie, e magari imparare qualcosa dagli insegnamenti della sarcastica Caverna Parlante.
Abbiamo già anticipato che il gameplay di The Cave ha meccaniche platform unite alla risoluzione di enigmi tipici delle avventure grafiche più famose, e vi sono parecchie citazioni sia ai precedenti giochi Double Fine, sia all’opera più famosa di Gilbert, con tanto di distributori di Grog sparsi per la caverna.
I sette personaggi hanno ognuno un’abilità diversa, che li avvantaggia in determinati puzzle ma li mette in difficoltà in altri: ad esempio la Scienzata può aprire le grate senza dover tirare la classica leva, hackerando semplicemente il computer vicino, ma non potrà nuotare a lungo e mantenere il fiato sott’acqua come lo Zoticone.
Oppure, l’esploratrice potrà lanciarsi con la frusta per superare le fosse e gli spuntoni, ma a differenza della Viaggiatrice del Tempo non potrà passare attraverso le grate col teletrasporto.
Insomma dovremo pensare bene a quali dei tre personaggi unire in un unico gruppo, in modo da avere le abilità più eterogenee possibili e superare tranquillamente i pericoli della Caverna.
Ogni zona, o per meglio dire, livello di profondità, offre diversi enigmi con cui scopriremo di volta in volta o la storia del personaggio chiave, o le disavventure di altri malacapitati rimasti intrappolati nella magica grotta.
Inoltre, quando ci troveremo in un livello di un determintao personaggio, dovremo utilizzare la sua abilità speciale per poter completare gli enigmi della zona. Ad esempio, il castello del Cavaliere richiederà più volte la barriera protettiva di quest’ultimo, mentre il santuario del Monaco ci vedrà di fronte a prove che potranno essere superate solo con l’aiuto della telecinesi.
Non esiste il Game Over in The Cave, se ci dovesse capitare di morire, verremo rimandati qualche metro indietro rispetto al luogo della nostra morte, e se dovessimo morire più volte nello stesso punto, la Caverna non perderà l’occasione per prenderci in giro.
Passando alla parte Puzzle di The Cave, ogni enigma viene risolto sfruttando gli oggetti sparsi per il livello, come in ogni avventura grafica che si rispetti. Ecco che quindi ci ritroveremo a trasportare uno pneumatico indietro nel tempo, per far sì che un laser non ci uccida, oppure ci ritroveremo a portare su e giù per una villa londinese non chiedete quanto sia costata edificarla dentro la Caverna n.d. Guido) un vaso da notte pieno, fortunatamente, d’acqua, per poter spegnere un camino e raggiungere un chiave che apre una porta all’inizio del livello.
Un back-tracking studiato bene e che stuzzica l’intelletto del giocatore, spronandolo a continuare l’avventura e i tentativi, anche se purtroppo sono pochi gli enigmi risolvibili con più di un metodo e questo, come già detto qualche riga più sopra, mina la longevità e la rigiocabilità del titolo.
La voce narrante della Caverna e praticamente l’unico filo conduttore di tutto il gioco, tramite le sue sarcastiche battute, ed il doppiaggio magistrale di Stephen Stanton (per i non pratici del campo, uno dei migliori doppiatori americani di sempre) riescono a tenere incollato il giocatore e a strappargli più di una risata. Sebbene l’audio del gioco sia tutto in inglese (come in ogni gioco Double Fine del resto) il tutto è sottotitolato nella lingua cara a Dante, sebbene molti giochi di parole si perdano con la traduzione; invece nessuno dei sette protagonisti proferirà parola, tranne per i gemiti in caso di morte, altra piccola chicca che dimostra quanto sia metafisico il viaggio nella Caverna.
I brani di sottofondo sono purtroppo anonimi, e difficilmente distoglieranno l’orecchio dalle molteplici recciatine lanciate dalla Caverna stessa, o dai personaggi che v’incontreremo.
Visivamente The Cave ha una grafica poligonale, che sembra quasi di plastilina, e sebbene non sia molto dettagliata, riesce a rendere degnamente le ambientazioni e la sensazione del luogo in cui ci si trova. Gli effetti di luce sono resi molto bene, differenziando luoghi come l’isola deserta e l’hangar della Scienziata solo tramite una scala di colori diversa.
Purtroppo il tutto subisce molto spesso cali di frame rate, e diversi rallentamenti tra una zona e l’altra o quando degli elementi del trio restano indietro e devono raggiungerci. Niente di orribile, ma qualcosa che Double Fine poteva facilmente evitare.
Volendo si può affrontare tutta l’avventura di The Cave con un massimo di altri due amici, ma il multiplayer dell’ultimo gioco di Double Fine non offre un normalissimo schermo condiviso, ne un’inquadratura allargata, semplicemente fa muovere un giocatore per volta, come se stessimo giocando da soli.
Una scelta inconcepibile, che rende superfluo il multiplayer e fa preferire di gran lunga un’avventura in solitario, come da tradizione.
Se paragonato agli altri titoli Double Fine, soprattutto a Costume Quest e a Stacking, The Cave riesce ad eguagliarli per ironia e per contenuti, ma rimane inferiore sotto il lato tecnico e visivo.
Rimane comunque un ottimo gioco della software house e un ottimo ritorno in campo per Ron Gilbert.
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