Era da qualche anno che l’esplorazione spaziale non veniva trattata con la dovuta cura in un’opera videoludica. La nostalgia era ferma al comandante Shepard e a Mass Effect.
Era da qualche anno che non si poteva apprezzare la sopravvivenza su coloratissimi mondi lontani, se si tralascia il discusso No Man’s Sky.
Era da qualche anno che non ci si poteva godere un gioco di ruolo futuristico dalla grande trama.
E no, Fallout 76 non conta. Ma poi è arrivato The Outer Worlds e tutto è cambiato.
Ma poi è arrivato The Outer Worlds e tutto è cambiato.
Questo titolo prende ispirazione dai videogiochi citati precedentemente e ne esalta alcuni aspetti in un mix davvero azzeccatissimo. Da essi ha ereditato ovviamente anche qualche sbavatura, ci mancherebbe, ma il risultato è comunque incredibile. Di
Mass Effect ho sentito la mancanza delle razze aliene (escludendo la fauna non intelligente che, peraltro, non è suddivisa in base agli ecosistemi). Il lato survival di
No Man’s Sky invece emerge pienamente soltanto nella modalità Supernova, ovvero la difficoltà estrema. E per quanto riguarda
Fallout, avrei preferito ritrovare alcune delle sue meccaniche di combattimento. In ogni caso il risultato
è un ottimo gioco di ruolo d’azione fantascientifico in prima persona.
Il progetto è stato sviluppato da Obsidian Entertainment e distribuito da Private Division; la sua uscita è avvenuta il 25 ottobre per PlayStation 4, Xbox One e PC. Io ho avuto il piacere di provare quest’ultima versione, accessibile attraverso l’
Epic Store.
Le premesse generano interesse
La trama è semplice ma accattivante: nella colonia spaziale di Alcione un criminale sale su un’astronave e sveglia dall’ibernazione il protagonista. Da quel momento diventeremo una variabile ignota in una guerra di fazioni spaziali. Ma perchè siamo stati congelati? Perchè il ricercato ha deciso di risvegliarci? Quale sarà il nostro nuovo posto nell’universo? Gli interrogativi sono tanti e dovremo cercare risposte.
...PER UN PROTAGONISTA SU MISURA...
Con il pretesto che ci fossero tanti coloni ibernati,
la creazione del personaggio esalta subito l’altissimo livello di personalizzazione. Per il protagonista potremo infatti scegliere nome, sesso, aspetto fisico, background, caratteristiche e competenze. Già da qua traspare la leggera e piacevolissima ironia che permea tutto il titolo: abbassando ad esempio al minimo il punteggio di intelligenza, ci verrà comunicato che il nostro alter ego potrà sfoggiare delle risposte uniche che mostrano le sue carenze. E ovviamente potremo dare la colpa alla lunga ibernazione. In ogni caso questo fa capire fin da subito che il roleplay non è solo possibile, ma è anche incoraggiato.
Scegliendo le competenze
indirizzeremo anche quello che sarà il nostro approccio alle varie avversità. Furtività, scassinamento, hacking, violenza, persuasione, intimidazione… Le opzioni sono davvero tante e cambiano in modo significativo lo svolgersi degli eventi. Un elemento totalmente originale di
The Outer Worlds è il sistema dinamico di difetti e vantaggi. Subendo tante volte un determinato trauma ne potremo diventare particolarmente vulnerabili (fobia di un tipo di nemico, ossa fragili e vulnerabili alle cadute,…), ma questo ci consentirà di sbloccare abilità extra tra quelle disponibili. Questa meccanica permette di non relegare lo sviluppo del personaggio ad uno sterile level up dovuto all’accumulo di esperienza, ma impreziosisce il sistema legando il nostro modo di giocare alle nostre caratteristiche.
La condivisione rafforza il significato
Un altro interessante elemento per variare le interazioni con l’ambiente sono i compagni di avventure. Nel corso dei nostri viaggi potremo scegliere se arruolare nel nostro equipaggio sei alleati, ognuno di essi con le sue peculiarità. Sono tutti ben caratterizzati e interessanti da avere al proprio fianco, anche se ammetto di aver sentito la mancanza di razze aliene tra essi.
Per quanto riguarda le meccaniche, avremo la possibilità di scegliere il loro sviluppo quando saliranno di livello. Alcune delle abilità selezionabili donano bonus passivi alle caratteristiche del nostro protagonista, ma ovviamente solo quando quel determinato alleato sarà uno dei due che porteremo con noi. Sarà inoltre possibile equipaggiarli e impostare il loro comportamento in battaglia. In questo modo si possono creare anche delle strategie (seppur rudimentali, vista l’IA poco brillante). Rispetto ad altri giochi di ruolo, i compagni in
The Outer Worlds non sono tantissimi, ma questo è giustificato dal fatto che
ognuno di essi ha interazioni uniche in base ai luoghi visitati. E mentre viaggeremo, interagiranno tra loro scambiandosi batutte originali. Inoltre ogni alleato ha anche una missione personale da portare a termine. Grazie ad essa potremo conoscerlo meglio e ottenere oggetti da inserire nella sua stanza sull’astronave.
La gestione del nostro mezzo di trasporto è molto semplice, di fatto funge solo da hub centrale con deposito oggetti e banchi da lavoro. Questi ultimi meritano un appunto, in quanto sono in grado di dare dinamismo ad un sistema ad equipaggiamenti già molto vario. Qua potremo infatti riparare, smantellare o personalizzare armi e armature, riuscendo quindi creare combinazioni di equipaggiamento quasi infinite. Una caratteristica dell’astronave che mi ha piacevolmente colpito è il fatto che, in base alle nostre scelte di trama, accoglierà dei doni da parte delle fazioni incontrate.
La sostanza sta nei rapporti umani…
INTRIGHI POLITICI INTERPLANETARI...
Queste ultime rappresentano, a conti fatti, il fulcro della trama. La forte ispirazione a
Fallout qua è palese: ogni azione e
ogni scelta peserà sui nostri rapporti con le varie parti tirate in causa in questo groviglio politico interplanetario. Il modo in cui ci tratteranno varierà addirittura in base ai capi d’abbigliamento indossati. Ma
la maggior parte delle interazioni dipenderà dai dialoghi, un aspetto magistralmente curato. Le opzioni sono talmente varie che non mi hanno mai dato problemi ad immedesimarmi nel roleplay. Alcune scelte sono giustamente sbloccabili solo in base alle nostre caratteristiche e competenze. Nel caso ci fossimo persi qualche dettaglio, è possibile consultare in tempo reale uno storico delle battute precedenti. La scrittura delle stesse è brillante e sa intrattenere senza far pesare la loro lunghezza. Alcune di esse contengono anche argute citazioni al mondo nerd che strapperanno un sorriso a tutti gli appassionati.
Se invece preferiamo un approccio più violento, nulla ci impedisce di attaccare e uccidere letteralmente chiunque all’interno di
The Outer Worlds. Questo comprende anche i personaggi principali di trama e addirittura i compagni di viaggio. Così facendo ovviamente varierà lo sviluppo della storia, ma la scelta resta pur sempre nostra. Tutto ciò è anche possibile per la totale assenza di bambini. Con questa scelta il team di sviluppo ha potuto bypassare il
politically correct e il problema di poter uccidere tutti tranne loro (
sì Skyrim, sto parlando di te). Ovviamente questo approccio distruggerà i nostri rapporti con tutte le fazioni, ma da qualche parte ci porterà…
…Nelle scelte…
...DA AFFRONTARE SUL CAMPO...
Nel caso in cui il nostro modo di porci sia almeno un po’ più pacifico, potremo apprezzare a pieno il sistema di missioni. Esse sono comodamente suddivise per categoria nel menù dedicato, permettondoci di scegliere la rotta migliore da intraprendere. Dopo aver sentito le parti coinvolte, spesso dovremo recarci sul luogo dei fatti e agire in base alle nostre credenze. Questo magari non farà piacere a tutti, ma così è la vita, anche quella spaziale. I primissimi incarichi sono lineari e fungono da tutorial. Ben presto però si aprirà un ampio ventaglio di possibilità e il senso di obbligo sparirà immediatamente.
Grazie a queste missioni dovremo anche affrontare temi delicati, come l’omosessualità, l’insicurezza, i problemi familiari, il senso di esclusione, il superamento di un trauma o il sovrappopolamento. E così
The Outer Worlds ci spingerà a riflettere su questioni che, dopotutto, riguardano anche noi.
…E nell’esplorazione.
...CON GLI STRUMENTI ADEGUATI
Queste tematiche spesso ci porteranno a viaggiare verso pericolosi pianeti e misteriose colonie spaziali.
The Outer Worlds presenta una mappa del cosmo suddivisa poi in varie macro-mappe, ognuna relativa ad una locazione specifica. Il primo impatto non mi ha trasmesso lo stesso senso di sconfinatezza di un’unica grande mappa (come quella di Skyrim, ad esempio), ma a conti fatti la vastità dei luoghi esplorabili è davvero appagante. Ho notato un leggero difetto di pop-up all’accesso di ogni nuova area, ma è questione di pochi istanti e poi tutto torna in regola. A volte magari alcuni luoghi (spesso l’interno degli edifici) risultano leggermente ripetitivi, ma questo non incide troppo sulla piacevolezza dell’esplorazione. Stesso discorso per la disposizione degli oggetti: a volte mi è parsa troppo casuale, ma nulla di drammatico.
In generale la sensazione di scoperta è davvero impagabile.
Aggirarsi tra i vicoli oscuri delle colonie (caratterizzate profondamente in base alla fazione che le gestisce),
esplorare astronavi abbandonate, viaggiare nella natura incontaminata di alcuni pianeti… Ogni emozione è unica e profonda. Per orientarsi risulta decisamente molto utile la mappa presente nel menù di gioco, anche se a volte soffre di alcuni errori di visualizzazione. In alcune zone sarà ovviamente interdetto l’accesso, ma invece di porre dei limiti arbitrari, il titolo ci avverte e ci dà la possibilità di infiltrarci grazie al Velo Olografico. Questo strumento ci permette di spacciarci per membri di questi nuclei elitari per un tempo limitato, qualora si possiedano le schede identificative. In altri casi, invece, mi è dispiaciuto vedere che alcune aree abbiano muri invisibili ingiustificati. La loro presenza è palesemente un tentativo di evitare morti istantanee, ma stona comunque con il senso generale di libertà.
L’adrenalina non manca mai negli scontri
Le premature dipartite sono invece ben giustificate nei combattimenti di
The Outer Worlds, difficili al punto giusto. Sebbene abbia avuto l’impressione che gli attacchi in mischia risultino i più efficaci, ho opatato per concentrarmi prevalentemente sulle armi da distanza. Dopotutto si tratta pur sempre di dinamiche da sparatutto in prima persona e
lo shooting è ben realizzato e dona molte soddisfazioni. L’unico difetto è la mancanza di fisica negli oggetti, per colpa della quale l’ambiente rimane troppo statico durante gli scontri. Lo stesso vale per le menomazioni; alcune armi ne procurano, ma solo attraverso il colpo che decreta la morte di un avversario. Quando sono ancora in vita e quando sono diventati cadaveri, invece, rimangono impassibili ad ulteriori danni. Lo stesso discorso si può fare per il loot: cosa usano i nemici non corrisponde a cosa possiedono. In questo modo l’aspetto delle creature abbattute non varia dopo che vengono depredate.
Le armi sono varie, originali e conferiscono tipi di danno differenti (bruciatura, elettrico, raggi N o fisico). Ve ne sono poi alcune, molto rare, chiamate armi scientifiche: queste vantano anche effetti unici, come rimpicciolire i nemici o togliere loro la gravità.
Interessante e originale è anche la meccanica del rallentamento del tempo. È facile fare dei parallelismi con lo S.P.A.V. di
Fallout, ma qua questa capacità è meglio giustificata… Forse. L’ibernazione ha variato *inserire qualche dato scientifico/medico pomposo e altisonante* e per questo motivo ora il protagonista piega la sua percezione del tempo. In ogni caso una cosa rimane di qualità decisamente mediocre: l’IA. Nemmeno i nemici riescono ad adottare comportamenti verosimili durante uno scontro a fuoco.
I difetti sono quasi tutti tecnici
L’unico vero aspetto debole di The Outer Worlds deriva da un
problema di fondo: il budget. Il gioco nasce come progetto a medio budget, non paragonabile ai tripla A, e
il comparto tecnico ne paga le conseguenze.
La grafica purtroppo non è a livello e potrebbe tranquillamente essere paragonata a titoli di almeno cinque anni fa. Per intenderci, non è brutta, è solo vecchia. E le animazioni vanno di pari passo, risultando troppo spesso macchinose e innaturali. Gli aspetti peggiori forse sono alcuni dettagli che sarebbe meglio non notare. Uno su tutti, il sangue sulla visuale quando si viene feriti gravemente. Faccio fatica a ricordare qualcosa che ricordi così tanto un pomodoro lanciato sullo schermo. Al contrario
lo stile grafico adottato è azzeccatissimo. Colori sgargianti e volutamente innaturali compongono palette tematiche che caratterizzano ognuna un tipo di zona. Questa ultima caratteristica sembra essere molto affine ai principi alla base dei biomi di
No Man’s Sky.
Un altro aspetto tecnico che si salva è il comparto sonoro.
Le musiche non sono indimenticabili ma accompagnano adeguatamente la narrazione. Il doppiaggio è anche buono, senza mai eccellere. A questo proposito va detto che il gioco ha la localizzazione italiana, ma solo per quanto riguarda i sottotitoli.
In conclusione…
Per il resto bisogna ammettere che le impostazioni sono dettagliate e soddisfacenti. Inoltre il prezzo è pienamente in linea con la notevole longevità del titolo. Dopotutto si sta parlando di 30/40 ore di gioco, senza contare tutte le missioni secondarie. La mancanza di una modalità multiplayer non è quindi un problema e, anzi, valorizza i contenuti presenti. Tirando le somme,
si può tranquillamente affermare che The Outer Worlds è una piccola perla nel suo genere e merita assolutamente di essere giocato… O meglio, vissuto. L’unica speranza è che, se il team dovesse produrre un seguito, riceva maggiori fondi per colmare le lacune tecniche.
Verdetto
8.5 / 10
Un piccolo passo per Obsidian, un grande passo per gli RPG fantascientifici.
Commento
Pro e Contro
✓ Contesto spaziale coinvolgente
✓ Ottimo sviluppo del personaggio
✓ Interazioni ed esplorazione intriganti
x Comparto tecnico acerbo
x Qualche imperfezione di troppo
x Manca la fisica ambientale
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