The King’s Bird plana gentilmente nelle librerie Steam mentre questa estate volge al termine.
Con l’incombere dell’autunno e del ritorno al lavoro/studio, questo platform indie 2d sviluppato da
Serenity Forge sembra l’occasione perfetta per volare in libertà prima di concludere le vacanze.
Il volo secondo la psicologia analitica è come l’inconscio interpreta la paura per progetti ed imprese troppo ardite in cui stiamo per imbarcarci, e questa interpretazione sembra estremamente calzante per un’opera ambiziosa, a tratti decisamente ispirata in gameplay, suoni e colori, ma che nelle sue manovre ardite finisce per schiantarsi rovinosamente al suolo in alcune occasioni.
Lasciare il nido
Il genio, l’intuizione di The King’s Bird è proprio nella sua semplicità
Il gioco comincia con la ragazza protagonista,
Quill, risvegliatasi da un sogno in cui una gabbia opprimente la bloccava non appena aveva spiccato il volo.
Al risveglio, la ragazza è confinata nella sua città, separata dall’esterno da una misteriosa barriera. Ma un’occasione fortuita offre un duplice dono alla ragazza: un mantello che permette di volare (o meglio, di planare), e di superare la barriera.
All’innata abilità della ragazza di scattare e correre sui muri (di qualsiasi inclinazione) si aggiunge quindi l’abilità di planare per brevi distanze saltando e premendo uno dei bumper sinistri.
Il genio, l’intuizione di
The King’s Bird è proprio nella sua semplicità: come tanti altri giochi che condividono il suo stile artistico, nel titolo di Serenity Forge non avremmo quasi nessuna istruzione a schermo: dopo aver appreso che ad uno dei tasti è associato lo scatto, e ad un altro è associato la planata, saremo liberi di imparare tutti i modi con cui Quill può combinare queste tre abilità (salto, scatto e planata) per avanzare nel mondo di gioco. Sfruttando queste abilità Quill potrà lasciarsi alle spalle l’opprimente città-gabbia.
Inizia quindi l’avventura di con la fuga di Quill e l’introduzione, in maniera un po’ improvvisa, della soluzione arcade con cui il titolo ci permette di avanzare, con macro-zone divise in micro-zone, ciascuna da quattro livelli. Superando abbastanza livelli si potrà accedere alle zone successive e proseguire nel gioco.
Le parti iniziali sono contemporaneamente le più ispirate e anche le più difficili di
The King’s Bird. Il sistema di controllo della giovane protagonista si basa su tre azioni principali, ed in aggiunta il sistema di movimento è parzialmente basato sulla fisica, permettendo a Quill di conservare la propria
quantità di moto e trasformare la propria velocità in energia potenziale per arrivare più in alto con il volo. Se questa piccola parentesi vi ha lasciato spiazzati, non temete: il sistema di controllo è sufficientemente intuitivo, ed una volta compreso i vari inghippi per avanzare l’esplorazione e lo svolazzare si riveleranno estremamente gratificanti.
Sta ragazza po’ esse piuma e po’ esse fero. Ma soprattutto fero
Queste complessità spiegano perché oltre a essere esilaranti, le prime sessioni con il titolo possono anche essere frustranti e difficili: il sistema di controllo nasconde alcune sottigliezze poco intuitive e necessarie a procedere, non spiegate sufficientemente nel breve tutorial introduttivo. Un esempio su tutti è la capacità di Quill di scattare sui muri, che viene
resettata solo toccando muri diversi: per esempio, se Quill scattando su di un muro raggiungesse il soffitto, si fermerebbe, ma saltando un attimo primo e toccando il soffitto può resettare il suo scatto e correre nuovamente non appena toccato il nuovo appoggio.
Nelle prime ore non è raro fermarsi a guardare il livello di gioco grattandosi il mento e chiedendosi come raggiungere il checkpoint successivo. Capita anche abbastanza spesso di aver compreso il percorso giusto e come eseguirlo, ma avere difficoltà nel trovare la giusta traiettoria per raggiungere in volo il punto d’arrivo senza esaurire il “carburante” che ci permette di restare in aria.
Volo pindarico
con maggiore fiducia nei salti e nelle piroette di Quill si riesce finalmente ad apprezzare lo scenario circostante
Il primo impatto con i comandi di gioco obbliga il giocatore a mettere a fuoco solo la protagonista, ma è solo dopo aver imparato a muoverla nei livelli che
The King’s Bird può mostrarsi davvero per quello che è: con maggiore fiducia nei salti e nelle piroette di Quill si riesce finalmente ad apprezzare lo scenario circostante e come riescono a essere parco giochi per il suo scorrazzare, e la bellezza degli sfondi 2d, accompagnata da una colonna sonora brillante, si fondono in un’esperienza di gioco che è maggiore della somma delle parti.
L’entusiasmo per una discesa in picchiata per evitare un ostacolo, o raggiungere una sporgenza, contagia anche Quill, che accompagnerà questi movimenti cantando, e continuando a cantare finché non lasceremo il comando del volo o la gravità la riporterà a terra. La velocità vertiginosa con cui si riesce a spostarsi nei livelli una volta appreso come sfruttare ogni appiglio per aumentare la propria velocità non fa che aumentare l’apprezzamento per l’ottimo level design e la natura ibrida del titolo.
Comunicare la profondità ed il livello su cui si svolge l’azione tramite il livello di saturazione dei colori degli sfondi in particolare permette di disegnare scenari piacevoli da navigare anche in ambienti 2d, ma lasciando contemporaneamente al giocatore piena coscienza della propria posizione, condizione assolutamente indispensabile viste le velocità frenetiche raggiunte dal gioco in alcune fasi.
Se da una parte non nasconde l’ispirazione a titoli come
Journey,
The King’s Bird si fa ancora meno remore a mostrare il suo lato giocoso e squisitamente arcade: oltre ad oggetti collezionabili nella mappa, una volta concluso un livello si potrà confrontare il proprio tempo di completamento con quello degli altri giocatori (in due categorie, tempo di completamento puro e tempo di completamento avendo raccolto tutti i collezionabili).
Ali di cera
La duplice anima del titolo The King’s Bird, narrativa ed arcade, non presenta però nessun punto di rottura o psicosi, e i punti in cui il titolo tentenna e stalla sono dovuti esclusivamente a ragioni di gameplay. L’esperienza infatti si incrina nelle fasi finali, quando per ragioni narrative il gioco compie una virata eccessivamente decisa e catapulta di punto in bianco il giocatore in un’esperienza ostica e punitiva, fino alle fasi finali vessate ancora di più da interazioni difficilmente leggibili e che obbligano il giocatore alla ripetizione fino alla nausea, spezzando anche il ritmo della narrazione con conseguenze sul pathos e il trasporto per le fasi finali e concitate che dovrebbero, nelle intenzioni, trascinare il giocatore nel climax della storia ma che all’atto pratico si incagliano con le difficoltà di comprendere ciò che sta avvenendo su schermo.
Ma gli sviluppatori di
Serenity Forge hanno una soluzione che, per quanto rovini l’immersione, è molto utile per coloro che vorranno raggiungere il finale senza strapparsi i capelli: dal menù delle opzioni si potrà aprire la modalità assistita. Questa modalità offre diverse opzioni, attivabili anche singolarmente, per rendere più semplice il gioco: dalla possibilità di saltare checkpoint e rallentare la velocità di gioco, fino a opzioni meno invasive come rimuovere il limite di tempo che è possibile trascorrere in volo. Attivando la modalità assistita non sarà possibile registrare il proprio tempo per misurarsi nelle leaderboard, ma è comunque un buon modo per i giocatori meno pazienti (o che non vogliono misurarsi con il drastico picco di difficoltà nel finale) per arrivare ai titoli di coda.
Verdetto
7 / 10
Se l'uccellino non vuole cantare, buttati in picchiata
Commento
Pro e Contro
✓ Gameplay semplice ma complesso da padroneggiare
✓ Scenari fiabeschi e design ispirato
✓ Ottima combinazione di colori, musica e level design
✓ La modalità assistita
x A tratti sa essere davvero frustrante
x Alcune meccaniche poco intuitive.
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