Recensione Strider

Ci siamo. Un altro atteso remake è finalmente arrivato sulle nostre console. Strider, titolo CAPCOM sviluppato da Double Helix Games, è ora disponibile sul PSN di PlayStation 3 e PlayStation 4 e su Live Arcade di Xbox 360 ed Xbox One al modico prezzo di 14,99€. Prima però, facciamo un doppio salto mortale all’indietro con calcio girato e lancio di shuriken, per piombare direttamente alla fine degli anni ’80 ed i primi dei ’90, quando i Ninja, i picchiaduro e gli action platform a scorrimento 2D si stavano godendo il loro periodo d’oro. Potenti, agili, veloci, ombrosi e letali. Così venivano dipinti i Ninja nel nostro immaginario e le loro trasposizioni videoludiche erano proprio così. Ninja Gaiden, Shinobi, Ninja Master, Kaze Kiri, Ninja Spirit, Ninja Warrior e Strider sono solo alcuni dei più famosi titoli dove potevamo impersonare questi abili e mortali assassini. La CAPCOM dell’epoca si sbizzarriva con picchiaduro ed action platform a scorrimento di ogni genere ed i prodotti che creava erano spesso delle perle destinate a rimanere tra le pagine della storia del videogioco. Captain Commando, Mega Man, The King of Dragons, Knights of the Round, Bionic Commando e lo stesso Strider erano tutti videogiochi eccellenti. Quest’ultimo brillava per frenesia e velocità d’azione. Hiryu, il leggendario Ninja protagonista, si muoveva con eleganza, rapidità e sinuosità, tra salti mortali e scivolate, combinando queste temibili doti con l’utilizzo di una particolare spada al plasma capace di affettare i poveri nemici e con l’utilizzo di un rampino utile ad arrampicarsi sulle varie piattaforme. Durante l’avventura era anche possibile raccogliere differenti potenziamenti per le armi a nostra disposizione e, ad ogni fine stage, ci attendeva uno scontro con l’immancabile boss. Ovviamente, come era solito per l’epoca, il livello di sfida che ci offriva il titolo era abbastanza elevato ed arrivare a fine gioco con i pochi continue disponibili era un’impresa decisamente ardua che rispettava le rigorose meccaniche del trial & error. Sono passati ben venticinque anni dalla prima apparizione di Strider ed oggi, dopo un bel restyling, ecco che ce lo ritroviamo sulle console attuali. Viene quindi istintivo chiedersi se la folle corsa di Strider può ancora catturarci con tutta la sua ferocia.

Versione testata: PlayStation 3

Un ninja dal passato

Un fisico snello, atletico, messo in evidenza da una tuta azzurra, capace di trasmetterci tutta l’agilità di cui un corpo tale potrebbe essere capace. Una sciarpa rossa intorno al collo, animata quasi come fosse un’ardente fiamma. Hiryu è qui dinanzi a noi, a braccia conserte, che non aspetta altro di sfoderare la sua fidata cypher. L’impetuosa corsa verso il nostro obiettivo ha inizio! Fin da subito il senso di deja vu ci farà compagnia. L’atmosfera che si respira in quest’ambientazione cyber-decadente ci farà piombare nel 1989, ma solo con il cuore, perché visivamente ci troviamo dinanzi ad una produzione attuale, molto più futuristica. Hiryu è uno Strider, ovvero un Ninja addestrato per sconfiggere il despota e responsabile di questo distopico futuro, Grandmaster Meio. Proprio lo stesso cattivone con cui avevamo a che fare nel 1989 e che, come allora, ha l’accento russo (solo non assomiglia a Gorbaciof). Il gameplay è rimasto fondamentalmente lo stesso. Inclinando lo stick analogico in avanti daremo il via alla feroce corsa di Hiryu, con la x salteremo e con quadrato sfodereremo la nostra spada al plasma per affettare i vari nemici. Avanzando ad incredibile velocità dovremo evitare il più possibile i colpi di arma da fuoco che ci verranno sparati contro e, con l’utilizzo del nostro rampino, ci arrampicheremo sulle varie piattaforme e superfici presenti nei livelli di gioco. Il lavoro svolto da Double Helix Games è davvero buono ed i fan di vecchia data ritroveranno in parte il gameplay di cui ci si innamorò nel lontano 1989. Se questo è un ottimo punto a favore per appassionati di vecchia data, d’altro canto fin troppo spesso ci ritroveremo ad avanzare premendo quadrato come forsennati ed incuranti dei nemici che ci si pareranno davanti, fino ad arrivare, a volte un po’ troppo in scioltezza, agli scontri con i sotto boss ed i boss veri e propri. Questa sbavatura nel gameplay era in passato arginata da una difficoltà elevata. Oggi risulta lampante il voler rendere il titolo appetibile ad un’utenza il più vasta possibile e questo, purtroppo, viene tradotto con un livello di sfida tarato verso il basso, anche a difficoltà veterano. Se nemici e scontri con i sub-boss potranno essere facilmente superati da Hiryu, i Boss veri e propri necessiteranno di qualche tentativo in più. Da encomio il volerci riproporre le boss fight di vecchia data che, nonostante il restyling futuristico, ci porteranno a rivivere le sensazioni di allora. Purtroppo per noi le sensazioni positive finiscono qui, in quanto i vari boss che incontreremo sono stati equipaggiati con pochi e semplici pattern di attacco ed il più delle volte gli scontri saranno chiusi in maniera più caotica e fugace che tecnica. Se state esultando al solo pensiero di riaffrontare Lago, il mastodontico tirannosauro robotico del bellissimo livello ambientato in Amazzonia che trovavamo nel titolo originale, vi do subito una brutta notizia: il grande assente di questo remake è proprio il livello in questione. Non preoccupatevi troppo però, perché il viaggio in una distopica metropoli cibernetica che intraprenderemo con Hiryu, ci regalerà comunque sia delle buone e soddisfacenti sensazioni.

Svecchiare il gioco con antichi stratagemmi

Ad affievolire queste sbavature troveremo un nuovo esoscheletro su cui poggerà l’intera avventura del nostro spietato Strider. Gli anni ottanta videro la nascita di un’altra grande saga: Metroid. La peculiarità dei titoli di questa serie ormai famosissima era quella dell’esplorazione. I videogiocatori di tutto il mondo dovevano esplorare le varie mappe di gioco in lungo ed in largo per riuscire a trovare determinati potenziamenti, spesso obbligatori per avanzare nel gioco. Il senso di immersione che questa tipologia di gameplay regalava al videogiocatore, era qualcosa di unico, sensazionale e mai provato prima d’ora. Era come se tra videogiocatore e videogioco si instaurasse una piacevole sinergia capace di farci estraniare ancora di più dal mondo reale. Visto l’enorme successo di tale impalcatura, un’altra epica saga vi prese spunto e nacquero i cosiddetti “metroidvania”. Per creare questo Strider, Double Helix Games ha attinto a piene mani proprio da questo filone videoludico. In Strider difatti sarà possibile entrare in possesso di numerosi potenziamenti. Si va dai canonici potenziamenti di energia e salute, all’acquisizione di diverse tipologie di cypher e tecniche per Hiryu utili sia ad uccidere nemici che a proseguire nel gioco. Inoltre, in linea con quanto accadeva nello Strider dell’ ottantanove, anche qui saremo accompagnati da un robot che ci tornerà utile durante gli scontri. Il suo nome è Option e previo aver recuperato i vari potenziamenti dedicatigli, potremo attivarlo tramite la pressione di L1 più un tasto tra cerchio, quadrato e triangolo. Per andare a recuperare tutti questi potenziamenti dovremo esplorare minuziosamente tutte le aree di gioco, proprio come secondo il copione di qualsiasi metroidvania che si rispetti. Anche questo aspetto però, pur apportando nuova linfa vitale al titolo, è stato semplificato grazie alla possibilità di utilizzare una mappa dove tutto sarà segnalato fin da subito. Una strategia che invoglia sicuramente al gioco chi magari non ha dimestichezza con questo genere, ma che penalizza proprio quella sensazione di immersione e coinvolgimento che l’esplorazione dell’ignoto riesce a regalarci.

Il gravitation

A controbilanciare questa piccola pecca, troviamo però un’ottima progressione di gioco con potenziamenti distribuiti lungo tutta la nostra avventura in maniera molto intelligente e che raramente renderanno noioso l’immancabile backtracking tipico di questo genere videoludico. Strider, grazie all’utilizzo di questa impalcatura da metroidvania riesce ad acquisire una nuova linfa vitale che decisamente ben si sposa con il suo DNA di action a scorrimento bidimensionale. Se i videogiocatori un po’ più attaccati alla tradizione si stanno ancora preoccupando per il livello di difficoltà tarato più verso il basso,  io vi consiglio di non farlo. La struttura dell’originale Strider era decisamente più arcade e ben si sposava con un livello di sfida impegnativo. In questo caso però, la nuova struttura da metroidvania ed una longevità ben superiore al passato, circa sei ore senza completarlo al cento per cento, avrebbero reso un livello di difficoltà troppo elevato frustrante e non divertente. Magari, con un più strategico utilizzo dei check point sparsi per le varie zone, si sarebbero potute inserire delle sezioni con un più alto livello di sfida. È però indubbio come con ammirevole maestria Double Helix Games abbia saputo mantenere davvero alto il feeling di gioco con il suo passato, non solo grazie al familiare combat system frenetico, ma anche grazie ad un level design chiaramente ispirato all’originale Strider. Oltre all’intelligente strutturazione delle varie zone che compongono l’intera mappa di gioco, quindi, vanno anche lodate le divertenti sezioni di platforming. Il bilanciamento di difficoltà in queste sezioni risulta anch’esso ottimo, gustoso e mai frustrante. Questo lo si deve ad un level design ben congegnato che, seppur non mostrando tecnicismi arditi ed innovativi, trova la sua forza nella semplicità di schemi ormai ben consolidati nel tempo, all’interno di questo genere videoludico. Le sorprese per i retrogamers non sono di certo finite e vi garantisco che in molte sezioni di gioco vi ritroverete a vivere le emozioni di vent’anni fa.

Look moderno dall’anima retro’

Nel 1989 Strider narrava le vicende di un lontano futuro e le ambientazioni che ci ritrovammo ad affrontare mischiavano sapientemente elementi naturali con altri futuristici, donando un look al titolo idoneo al disastroso futuro che la marginale trama descriveva. Al primo sguardo questo nuovo Strider risulterà notevolmente cambiato, ma la scura atmosfera di un decadente futuro è stata saggiamente ed abilmente preservata dai Double Helix. Gli scenari in cui correremo brandendo la nostra cypher come degli ossessi, saranno molteplici, ma tutti accomunati da tonalità metalliche alla Shadow Complex, in totale contrasto con luci fluorescenti e tinte acide. L’originale scenario distopico qui dipinto mischia sapientemente elementi di ogni genere e riesce quindi a convincere trasmettendoci anche visivamente la sensazione di trovarsi dinanzi ai cupi scenari plasmati secondo il volere di Grandmaster Meio. Davvero buona la realizzazione degli sfondi grazie ad un effetto di parallasse semplice ma efficace, che dona una buona profondità agli scenari, ed a costruzioni davvero impattanti sia per grandezza che per le colorazioni, che abbinano sapientemente l’utilizzo di tinte forti e metalliche in contrasto con sfumature dalle tonalità pastello. Gli ambienti che esploreremo saranno molteplici e ben pennellati. Passeremo dalla grigia e metallica periferia di Kazakh City, per la città, dove i brillanti e dorati minareti ci riporteranno con la mente al primo livello del vecchio Strider, per le fogne, dove i liquami tinti con un forte verde acido creeranno un deciso contrasto con le costruzioni metalliche, ci addentreremo nei bui vicoli, illuminati dalle luci dei neon, dei bassifondi di Kazakh City, passeremo per un tempio immerso nel vivo arancione della lava, negli azzurri e gelidi settori adibiti alla ricerca scientifica fino a ritrovarci a saltare di piattaforma in piattaforma sopra i cieli al tramonto della città, per arrivare infine alla Torre di Meio. Graficamente quindi ci troviamo dinanzi ad un’ambientazione variegata, ripropostaci con un look originale che, oltre a catturarci per colori ed atmosfera, ci stupirà anche per la verticalizzazione che gli scenari hanno mantenuto rispetto all’originale. Da aggiungere al buon comparto visivo, troveremo anche gli effetti delle esplosioni di ghiaccio e fuoco e della polvere, realizzati in Cel Shading, i convincenti effetti delle scie luminose di cypher e kunai, accompagnati da un evidente blur, e le sgargianti esplosioni particellari di alcuni elementi che compongono le ambientazioni. Inoltre l’azione su schermo scorre fluida e veloce, mantenendo il livello di frenesia del gioco quasi sempre elevato. Le movenze di Hiryu sono un evidente omaggio allo Strider del 1989. La sua corsa rabbiosa è rimasta intatta, così come lo è rimasta la sua agilità. Tra i primi potenziamenti che recupereremo difatti ci sarà l’utile e leggendaria scivolata, ripropostaci tale e quale a quella del passato. Anche l’animazione di salto con la spettacolare ruota in aria è stata fedelmente mantenuta. Controllare Hiryu sarà molto piacevole grazie alla precisione dei controlli, alla fluidità dei suoi movimenti e ad un frame rate che mostrerà qualche indecisione in rarissimi e molto concitati momenti di gioco. Peccato, però, che le strategie di attacco con cui potremo sbarazzarci dei nostri nemici saranno ben poche per un provetto Ninja come Hiryu. Questo magari, avrebbe desiderato più opzioni tattiche per far fuori con stile i cattivi del gioco. Prendendo spunto da altri titoli in digital delvery concettualmente simili, come gli ottimi Mark of the Ninja e The Dishwasher Revenge, il combat system ne avrebbe sicuramente giovato. Dotando Hiryu di più gadget da vero ninja e di molteplici strategie di attacco, questo ne sarebbe uscito sicuramente con una personalità più fresca, forte e tecnicamente più adatta alla nostra epoca. Inoltre, l’aggiunta di un sistema di combo veloce e dinamico, avrebbe sicuramente convenuto alla frenesia del titolo, rendendo il gioco davvero imperdibile anche per i videogiocatori odierni. In fin dei conti Strider risulta essere un remake curato e nonostante qualche sbavatura qua e la, Double Helix Games è riuscita a trovare un giusto connubio tra passato e presente, rendendo il titolo appetibile sia per gli affezionati di vecchia data che per i moderni videogiocatori. Passando al sonoro, come per DuckTales, ritroveremo anche qui l’originale colonna sonora rimasterizzata, ma questa volta non con la classe che ha contraddistinto la magistrale riproposizione orchestrale del titolo di zio Paperone. Le note elettroniche sottolineano comunque bene l’atmosfera di un distopico futuro, ma non brillano di certo per tecnica di composizione ed epicità.

Verdetto
7.5 / 10
Strider l'affettatutto
Commento
Strider ci è piaciuto. I puristi della retroguardia potranno storcere il naso di fronte alla perdita di una parte della forte componente arcade che caratterizzava lo Strider che furoreggiò nelle sale giochi di tutto il mondo dal 1989 in poi e poco dopo su home console dell'epoca. Però, la struttura da metroidvania, semplice e ben ponderata dai ragazzi di Double Helix si sposa bene con questo Strider, rendendolo sì più moderno, ma lasciandolo fedele alle sue origini grazie anche al caratteristico ed intatto stile d'azione veloce e frenetico. Inoltre i numerosi riferimenti al passato che troveremo nel gioco non potranno che fare la felicità di molti videogiocatori old school. Peccato solo per l'assenza del livello ambientato in Amazzonia. La pecche più grosse del titolo risiedono nelle boss fight un po' sottotono e nel sistema di combo che, con più dedizione e cura da parte degli sviluppatori, avrebbe sicuramente reso questo Strider un remake ancora più fresco, godibile ed imperdibile per tutti gli appassionati dei generi action platform a scorrimento e metroidvania. Il consiglio, soprattutto per i più tenaci sostenitori della vecchia scuola, non può che essere quello di comprarlo. Potreste scoprire che non tutto ciò che è nuovo rappresenta il male.
Pro e Contro
Fluido e veloce
Struttura da metroidvania intelligente che calza a pennello al titolo
Atmosfera ben preservata dall'originale

x Colonna sonora poco ispirata
x Combat System limitato
x Boss fight poco tattiche

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