Recensione Space Colony

All’alba del nuovo millennio, quindici anni fa, Maxis reinventava il genere simulativo dando vita a The Sims. Col passare del tempo, e soprattutto negli ultimi anni, la serie EA ha avuto i suoi excursus nello spazio, ma nessuno di questi ha mai avuto il coraggio (o la follia) di traslare completamente i nostri alter ego nel cosmo.

A sopperire a questa mancanza nel genere, però, hanno pensato ben presto i britannici di FireFly Studios, che nel 2003 prendevano l’aspetto gestionale e simulativo dei classici Bullfrog (Theme Hospital, Theme Park, ecc) o della serie Tycoon, e li univano al gameplay reinventato da Will Wright. Il tutto, mescolato assieme, aveva dato luogo a Space Colony, metà simulatore di vita al comando di una disagiante banda di “soggettoni”, metà manageriale nei panni di un sovrintendente della Multinazionale Blackwater, il cui significativo motto è: “il profitto prima di tutto”.

A dodici anni di distanza, tutto questo torna su Steam, con un remake fedele all’originale in grado di calarci nella scanzonata follia di inizio millennio.

Le colonie avranno retto bene la prova del tempo? Scopritelo insieme a noi!

C’ERANO UN ITALIANO, UN FRANCESE E UN TEDESCO…

…o meglio, in questo caso, una Newyorkese, un Norvegese e una Texana. E assieme a loro tutti gli altri individui che compongono la nostra spedizione, una divertente accozzaglia di stereotipi, parodie e psicosi varie a cui i giocatori, nei panni del povero sovrintendente senza nome della colonia, saranno chiamati a tenere testa.

Occorrerà tenere d’occhio abilità ed esigenze dei vari coloni
Di base, il concetto di Space Colony è semplice: la suddetta banda di coloni (il cui unico legame, con ogni probabilità è la promessa di uno stipendio fisso), è stata ingaggiata per popolare un avamposto su un pianeta sperduto, sul quale una multinazionale dai commerci non meglio precisati ha messo gli occhi. La colonia in sé funge sia da nucleo abitativo che da base mineraria/di raccolta, e ovviamente la compagnia si aspetta un profitto. Purtroppo, nonostante il motto dell’azienda, al povero sovrintendente (il giocatore) non basterà impartire ordini a destra e sinistra per far lavorare i coloni, ma occorrerà anche tenere d’occhio il loro comportamento l’un l’altro (le relazioni interpersonali diventano improvvisamente importanti quando si è chiusi con poche altre persone in uno scatolone asettico di poche decine di metri quadrati, lontani centinaia di migliaia di km dal proprio pianeta), le loro esigenze personali e le attitudini di ciascuno alle mansioni.

 

Sotto questo aspetto, ritroviamo buona parte del sistema di bisogni introdotto da Maxis, ma semplificato abbastanza da FireFly in modo da risultare sorprendentemente funzionale. Una volta soddisfatto il bisogno di cibo, interazione, stipendio e svago dei coloni, al giocatore resta la possibilità di concentrarsi in tranquillità sull’aspetto “manageriale” della colonia.

Ogni personaggio, oltre ad un bisogno principale da soddisfare più frequentemente, ha delle competenze spesso decisamente sbilanciate, caratterizzate a seconda dello stereotipo incarnato (Stig, il biker norvegese è un candidato ideale per manovrare i mezzi pesanti e il lanciafiamme, mentre la svampita californiana Candy è a malapena in grado di operare le apparecchiature di pulizia). A seconda delle competenze e dei coloni disponibili, il cui numero mano a mano andrà aumentando, avremo modo di gestire più funzioni della stazione con un profitto differente. Con più coloni, ovviamente, saremo in grado di far funzionare meglio le varie apparecchiature, incastrando i turni di lavoro in maniera più efficente. Tuttavia, questo significherà anche dover realizzare più strutture in grado di rispondere ai bisogni di ciascuno, mantenendo comunque costante il livello di sfida.

Space-Colony-Steam-Edition-1024x576

HOUSTON, ABBIAMO UN PROBLEMA…

Pur mancando di una parte multiplayer, Space Colony offre una vasta giocabilità in single player, dalla campagna principale vera e propria (denominata “Modalità Galassia”), alle mappe skirmish focalizzate sulla gestione della colonia sotto attacco alieno, passando per la modalità sandbox in cui sperimentare in libertà, e l’editor di mappe.

Visto da quest’ottica, il titolo di FireFly sembrerebbe avere tutte le carte in regola per divertire a lungo, tuttavia non mancano i problemi, primo fra tutti il fatto di avere ben poco mordente durante le missioni.

Tra un obiettivo e l’altro, infatti, nella campagna principale avremo una sorta di siparietto comico che farà da briefing, in cui Venus (la protagonista “ufficiale” del gioco, probabilmente il personaggio più normale e bilanciato del team) dovrà trattare con il boss della Blackwater, riferendo ai suoi colleghi come e quando verranno sfruttati, e trattando con il giocatore su quelli che saranno gli obiettivi della missione.

Purtroppo, questo conclude la quantità di storia del gioco, e il resto delle missioni sono poco più che un semplice tenere d’occhio i vari livelli di ossigeno, cibo, elettricità, soldi e relazioni tra i personaggi della colonia, dare ordini ai coloni e limitarsi a guardarli compiere la catena d’azioni impartita, con una spruzzata di costruzione di edifici essenziali qua e la. Un gameplay che, ben presto, assume toni piuttosto ripetitivi, e sebbene nelle missioni più avanzate in qualche modo l’interazione con razze aliene stemperi la sensazione di “già visto, già fatto”, le varianti sono poche. In questo caso, la semplicità e la metodicità delle interazioni tra personaggi e strutture è un’arma a doppio taglio: da una parte evita una complessità non necessaria, come in The Sims, ma dall’altra si traduce in un limitato range di azioni.

Inoltre, pur con l’impegno del team di sviluppo, Space Colony risente di animazioni legnose, ed è inchiodato ad una visuale isometrica ad angolo fisso che ben presto lascia molto a desiderare. Purtroppo, in questo caso non si tratta di un problema legato alla versione Steam, ma di una scelta stilistica del 2003, che purtroppo non supera bene la prova del tempo.

Space Colony resta comunque un titolo perfettamente giocabile, dai concetti interessanti e a tratti persino impegnativo, senza ombra di dubbio, ma non garantisce un primo impatto particolarmente eccelso, perlomeno non per i giocatori più recenti.

SPACE AUSTRALIA

A mitigare questa sensazione, fortunatamente, c’è un doppiaggio e un comparto audio di qualità elevata: le scenette e i commenti tra i personaggi, perfettamente caratterizzati nel loro stereotipo, risultano spesso ironici e gradevoli, sia che si tratti di sentire i commenti sarcastici di Venus durante i briefing, sia che ci si prenda due minuti ad ascoltare una texana alcoolizzata appianare le proprie divergenze con un muscoloso norvegese.

panoramic_big

Il tutto senza dimenticare il contesto: in quanti altri gestionali avete avuto modo di allevare e stivare galline aliene allo stesso modo di prodotti minerari e razioni vegetali?

LE SITUAZIONI SURREALI SONO UN PUNTO DI FORZA DEL GIOCO
Sicuramente, le situazioni surreali sono un buon punto di forza del gioco, che molto probabilmente non reggono da sole l’intero gameplay, ma che danno di certo una buona mano a mantenere un certo interesse nel giocatore, e strappano più di una risata nell’osservare l’interazione tra personaggi che non solo non sono atipici per l’ambientazione, ma persino nelle interazioni tra loro. In più di un’occasione potremo provare a pelle il senso di frustrazione di Venus per essere forse l’unica sana di mente nella colonia, o il desiderio di sparare l’intera popolazione di coloni nello spazio aperto della vicepresidente Blackwater, dopo essersi stufata delle idiosincrasie dei suoi coinquilini planetari.

 

Al gioco base, infine, è stata aggiunta la campagna bonus pubblicata nel 2004, rendendo il pacchetto Steam un’esperienza completa per chi volesse metter mano al titolo di FireFly per intero, sfruttando il vantaggio della visuale in alta definizione e degli achievements inseriti.

Verdetto
6.5 / 10
Nello spazio nessuno può sentirti scioperare
Commento
Space Colony, ora come dieci e spicci anni fa, è un titolo che lascia a desiderare, forse oggi ancora di più visto come alcuni standard (visivi e di gameplay) dell'epoca siano ormai stati superati. Ma senza nulla togliere ai problemi che pur sono presenti e lasciano un po' di amaro in bocca, il lavoro di FireFly è senz'altro positivo, come positiva era nel 2003 l'idea di inserire un gameplay di simulazione vitale all'interno di un contesto in grado di fornire un umorismo surreale, affiancarci una parte gestionale degna dei titoli Bullfrog e condire il tutto con una semplificazione in grado di appagare palati meno di nicchia. Il risultato è un misto che di volta in volta strappa un sorriso o uno sbadiglio, ma che, in linea di massima (tenuto conto anche della lunghezza non eccessiva delle missioni), riesce a mantenere viva l'attenzione dell'utente quel tanto che basta per arrivare a godersi il gioco per intero. Non per tutti, ma sicuramente per molti.
Pro e Contro
Buona comicità dei personaggi
Doppiaggio d'alta qualità
Gameplay semplice al punto giusto

x Situazioni ripetitive
x Visuale isometrica fissa
x Alcuni elementi gameplay ormai obsoleti

#LiveTheRebellion