Suda51 prova a trasportare il suo stile alquanto controverso, con una punta di Yamaoka e di Mikami qui e la, nella next-gen. Questo gioco sembra l’esame di maturità per la Grasshopper Manufacture, che dopo una parentesi su PlayStation 2 è sempre stata “ferma” a titoli per Wii o Nintendo DS. Lo avranno passato con Shadows of The Damned (pubblicato da EA)? Staremo a vedere.
I giocatori con l’occhio più attento, che avranno la fortuna di giocare a questo titolo, noteranno subito qualche richiamo al sistema di gioco di Resident Evil 4 (a dir la verità, Mikami ha calcato parecchio la mano), come ad esempio il venditore ambulante che si trova solo in determinati punti del gioco o il sistema di puntamento. Naturalmente, il “genio” controverso di Suda non manca all’appello, anzi, si impone prepotentemente sin dalle prime battute di gioco anche se, nota dolente per noi giocatori italiani, bisogna conoscere abbastanza bene l’inglese per cogliere tutte le varie battute nascoste nei dialoghi tra Garcia e Johnson in quanto i sottotitoli italiani lasciano a desiderare in svariati punti.
La presenza di Yamaoka non sfugge a un orecchio attento, che sarà particolarmente deliziato dalla colonna sonora del gioco, veramente degna di nota.
Nota di merito a tutto lo staff dietro al gioco per l’incredibile carisma che sono riusciti a trasmettere ai personaggi principali di gioco che, nonostante siano immaginari (purtroppo!), ci fanno immediatamente innamorare di loro. Particolarmente ben fatta la caratterizzazione di Garcia e Johnson, ma nessuno dei personaggi principali lascia spazio a dei dubbi: veramente un lavoro coi fiocchi!
Il titolo si presenta come un’ondata di innovazione, anche quando non dovrebbe, in un’epoca di videogame che sembrano “more of the same” ogni giorno che passa. Il modo in cui viene raccontata la trama, in cui si arriva a scoprire i personaggi e ci si diverte giocando, senza rimpiangere nemmeno un’ora di gioco, rende il titolo uno dei più divertenti degli ultimi anni. Se poi giocare con un fucile da cecchino che si chiama “Big Boner” non vi fa ridere, forse siete voi che non avete senso dell’umorismo.
L’esperienza che può offrire Shadows of the Damned va scoperta individualmente, ma è un gioco che tutti dovrebbero provare per poi decidere se vale la pena giocarlo. Alcune sezioni di gioco risultano davvero esilaranti e ben riuscite, altre – in cui sicuramente si voleva mettere ansia al giocatore – riescono a trasmettere l’angoscia del caso (certo anche grazie al supporto di un’ottima colonna sonora).
Il gioco usa, come motore grafico, un Unreal Engine forse nemmeno alla sua ultima build ma che assolutamente non fa rimpiangere nulla ai titoli più blasonati per la loro grafica ultra-realistica.
Il viaggio in cui vuole trasportarci Shadows of the Damned ha già l’aiuto di una storyline eccellente, un’ottima caratterizzazione e un’OST con i fiocchi: di sicuro non si sente la mancanza di un CryEngine.
L’OST, che in alcuni punti potrebbe ricordarci i primi Silent Hill, si prende comunque la sua parte di merito nella buona riuscita del titolo, imponendosi con una personalità tutta sua. In poche parole, il maestro Yamaoka ha fatto quello che tutti ci aspettavamo, ha composto un capolavoro musicale. Anche se non acquisterete il gioco, vi consigliamo spassionatamente di ascoltare alcuni brani in questione, magari da YouTube, per fare un piacere alle vostre orecchie.
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