Già dal suo annuncio, Kinect è stata etichettata come una periferica non adatta ai giochi “hardcore”, o “più seri” se volete. La mancanza di un controller fisico faceva presupporre l’assoluta impossibilità di giocare titoli più impegnativi, come uno sparatutto o un action free-roaming. Microsoft si difese e annunciò diversi titoli per la periferica a sensori di movimento che avrebbero potuto smentire queste voci, tra i quali Rise of Nightmares.
Sviluppato da SEGA, si tratta di un survival horror in esclusiva – ovviamente – per Xbox 360, giocabile interamente senza controller, sfruttando così i movimenti del nostro corpo.
Si trattava quindi di un progetto molto ambizioso per la casa nipponica, ma la realtà è ben lontana dall’idea degli sviluppatori, decisamente encomiabile solamente dal punto di vista teorico, appunto.
Dal punto di vista pratico ci troviamo invece davanti ad un titolo assolutamente deludente, per un gioco che avrebbe potuto ambire a diventare uno dei titoli di punta della console di casa Microsoft.
Con i grandi capolavori del suo genere condivide solo l’ambientazione: all’inizio del gioco ci ritroveremo seduti in un vagone di un treno, diretto in Romania. Durante il viaggio incontreremo una cartomante, che ci racconterà di una maledizione. Il treno deraglierà e ci ritroveremo a vagare prima in una foresta, poi in una villa infestata da non-morti.
Come avrete già capito, la trama è decisamente priva di senso, e andando avanti ci troveremo davanti ad un ripetersi di avvenimenti e conseguenze sempre scontate e noiose, mentre il giocatore è spinto a finire il gioco “per giustificarne l’acquisto” più che per la curiosità di vedere come finisce. I personaggi, inoltre, sono piatti e poco (per non dire “non”) caratterizzati, il protagonista soprattutto, di cui conosciamo solo il nome e la sua passione per l’alcool.
Per quanto riguarda i controlli, Rise of Nightmares si presenta, detto senza peli sulla lingua, osceno: controlleremo il protagonista dalla visuale in prima persona, mentre spostando un piede in avanti o indietro faremo avanzare o indietreggiare il personaggio. Per girare la visuale ai lati invece, dovremo ruotare il nostro busto nella direzione in cui vogliamo guardare, mentre sarà impossibile muovere lo sguardo in alto o in basso. La postura di gioco non è quindi delle più comode, anzi: guidare il protagonista rimanendo a lungo con il piede in avanti stanca presto: per ovviare a questo problema, il gioco permette di farci avanzare lungo i livelli tenendo il braccio destro in alto (per quanto tempo? ndr), facendo quindi percorrere al protagonista dei binari preimpostati, ignorando così del tutto eventuali luoghi secondari che rimangono raggiungibili con il solo faticosissimo controllo originale.
Talvolta dei quick time events ci permetteranno di compiere qualche gesto diverso: alcune trappole ci costringeranno ad abbassarci o indietreggiare all’improvviso.
Per attaccare i nemici avremo a disposizione diverse armi da mischia (solo quelle, purtroppo), che ci obbligheranno ad agitare davanti a noi le braccia come dei forsennati, e questo ci basterà per avere la meglio con la maggior parte di essi. Inutile sottolineare quanto possano risultare scomodi questi controlli nelle fasi più concitate di gioco, che vi porteranno ad agitarvi come delle scimmie davanti al vostro televisore con risultati non sempre come quelli sperati (non stiamo a spiegarvene il motivo, visto che andremmo a riesumare per l’ennesima volta un luogo comune di Kinect).
Il gioco è praticamente privo di enigmi, diversamente come ci si aspetterebbe da un survival horror degno di questo nome, e i pochi (se “enigmi” si possono definire) che sono stati inseriti in-game si limitano ad imporci di cercare la chiave necessaria per proseguire lo svolgimento della trama.
Anche sotto il punto di vista grafico, Rise of Nightmares non eccelle di certo: i modelli poligonali sono stati realizzati in maniera approssimativa, soprattutto riguardo gli oggetti e l’ambientazione (ci troveremo a percorrere ampie stanze e lunghi corridoi “abbelliti” da un paio di mobili e qualche barile); i nemici invece, godono di un dettaglio maggiore.
La qualità delle texture non è pienamente sufficiente, e l’effetto luci/ombre è riprodotto in maniera abbastanza buona, a differenza di altri effetti come le scariche elettriche e il sangue, che sono praticamente abbozzati. Quest’ultimo, soprattutto, schizza copiosamente dai corpi dei nemici ma non macchia le armi, i muri e i pavimenti, palesando un altro dei punti deboli del titolo.
Il tutto è accompagnato da un comparto sonoro decisamente sottotono, spesso inesistente e che non trasmette le sensazioni giuste per un titolo del genere. Proprio un titolo di cui farebbe dell’immedesimazione, considerata la sua idea, la sua chiave di volta.
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