Dal 4 Dicembre saranno disponibili nei negozi e sul PSN Persona 3: Dancing in Moonlight e Persona 5: Dancing in Starlight. Vista l’esperienza di gioco praticamente identica fra i 2 titoli, abbiamo deciso di recensirli come un unico prodotto. Acquistabile ad un prezzo leggermente più alto ma decisamente vantaggioso, la Endless Night Collection è la raccolta definitiva dei giochi di ballo di Persona.
Con
Persona 4,
Atlus aveva visto lungo.
In barba al più sfrenato “milking” commerciale, l’Investigation Team più famoso di sempre era destinato ad espandere i confini del proprio gioco. Dapprima con un anime, poi passando per il remake su
PS Vita, una serie di picchiaduro e un rhythm game. Il tutto riscuotendo un buon successo. Non solo in madrepatria dove i rispettivi generi vanno sempre forti, ma anche in occidente.
Questo ha portato Atlus a pensare ad un’operazione analoga dopo il lancio di
Persona 5, che con le sue ottime vendite ha sdoganato la serie da titolo di nicchia a blockbuster.
E noi, non possiamo che esserne più felici.
Ed ecco che con una mossa a metà strada fra il rilancio e il consolidamento, Atlus propone non uno ma ben 2 nuovi titoli danzerecci.
Stiamo parlando di
Persona 3: Dancing in Moonlight e
Persona 5: Dancing in Starlight, disponibili dal prossimo 4 Dicembre su
PlayStation 4 e
PS Vita.
Ma non saranno soli. Acquistando il pack che contiene entrambi i giochi, sia in versione fisica che digitale, s
arà possibile ottenere in “regalo” anche il porting HD di Persona 4: Dancing All Night, per un pacchetto dedicato al fan totale di Persona.
E iniziamo la recensione partendo proprio da questo porting. Vi state domandando perchè?
Semplice. Il gameplay dei 3 giochi è fondamentalmente lo stesso, ma a differenza dei 2 nuovi titoli, P
4D propone anche un piacevole Story Mode.
Persona Dancing: Endless Night Collection è l'occasione perfetta per mettere mano su una splendida raccolta interattiva dei brani migliori dei 3 capitoli più amati di Persona.
Versione Testata: PlayStation 4 Pro
Avevamo già parlato della modalità Storia di P4D, con l’Investigation Team intento a risolvere un nuovo e misterioso caso. Una storia che continua subito dopo il finale di Persona 4 e vede i ragazzi indagare sulla sparizione dei membri di un gruppo di Idol. Seguendo a grandi linee le orme del gioco principale Yu, Rise e gli atri si trovano catapultati in una dimensione alternativa, il Midnight Stage e da li prende vita la nuova trama.
Una storia tutto sommato ben raccontata, senza troppe pretese. E per quanto non proprio originalissima, risulta decisamente più inquadrata ed interessante rispetto a quella imbastita per i 2 picchiaduro spin-off.
Le sezioni visual novel si alternano a fasi di ballo, dove gli improvvisati ballerini dovranno sconfiggere gli Shadows a colpi di danza.
Il gameplay si ispira a titoli come i
Project Diva di Hatsune Miku, e in parte ne condivide anche alcune sfumature. Nonostante questo però riesce ad essere originale e tremendamente divertente, dando vita a coreografie ispirate alle canzoni di P4.
Il tutto premendo a tempo di musica e con il giusto ritmo le icone dei tasti che appaio a video, includendo nelle meccaniche 3 direzionali e 3 tasti del pad. Una soluzione semplice ed immediata, che diventa man mano più complessa, quando nell’equazione si vanno ad inserire nuovi elementi.
Note Armoniche, ovvero gruppi di 2 note da colpire contemporaneamente,
Note Continue, da tenere premute fino per tutta la loro comparsa a video, e i “fastidiosissimi”
Scratch, anelli concentrici che si espandono verso l’esterno da “cogliere” nel momento giusto.
Proprio quest’ultimi rappresentano un elemento di disturbo del gameplay dei Persona Dancing. Non solo vengono esclusi dallo schema base del controller, implicando l’uso degli analogici o dei dorsali
ma diventano totalmente accessori al fine della meccanica di gioco. Questo significa che sono note completamente facoltative e non influiranno sulla combo in caso di Miss, ma diventano fondamentali nelle fasi avanzate per far crescere il proprio punteggio.
In maniera analoga funzionano i
Fever Ring. Questi anelli colorati una volta attivati riempiranno una barra dedicata che, se caricata, farà partire il
Fever Time. Qua il personaggio a schermo inizierà a muoversi utilizzando passi di ballo speciali e il contatore del punteggio lievità per stabilire nuovi record. Record che
possono essere poi salvati e condivisi online, tramite una leaderbord che permetterà di confrontare i nostri risultati con altri giocatori.
Tutto poi varierà in base al livello di difficoltà, che mescolerà a seconda della difficoltà le varie note creando combinazioni spaccatasti.
Da questa base si sono sviluppati P3D e P5D, con una copia carbone dell’originale.
A dire il vero troviamo una nuova tipologia di battuta, le
Note Doppie, ovvero note collegate fra loro da colpire velocemente in successione. Nulla di nuovo in realtà, visto che si trovavano già in P4D, senza però essere classificate come tali.
Non ci stupisce che Atlus abbia deciso di seguire in maniera pedissequa le orme del predecessore. E ad essere sinceri, vista la bontà del gameplay siamo felici che non siano stati fatti stravolgimenti.
Anche se è possibile trovare fra il vecchio e il nuovo delle differenze sostanziali.
Come abbiamo visto P4D apre le danze con una modalità storia,
un’avventura testuale che aggiunge diverse ore al semplice ballo.
P3D e P5D sembrano rinunciare a questa feature, proponendo una formula “light”.
Tuttavia per tamponare la pochezza di contenuti
Atlus ha inserito una versione rivista e corretta dei Social Link, chiamata semplicemente Social. Dopo una breve introduzione che accomuna i due nuovi titoli, introducendo il nuovo “mondo”, man mano che progrediremo nella modalità Dancing (
il corrispettivo del Ballo Libero di P4D)
potremo sbloccare dei simpatici siparietti completando determinate condizioni di sblocco. Pur non portando avanti chissà quale trama, sia i membri del
S.E.E.S. che i
Phantom Thieves si troveranno ad interagire tra di loro,
fra dubbi esistenziali sulle loro capacità di ballo e piacevoli citazioni sui rispettivi giochi.
Così facendo miglioreremo i rapporti fra i ballerini, ottenendo in cambio nuovi costumi, accessori e modificatori.
Quest’ultimi, presenti anche nel prequel
assumono un ruolo più predominante nel gameplay. Nel pre-partita, oltre a decidere l’outfit del personaggio e chi ci accompagnerà ad eseguire la coreografia, potremo settare sia le azioni di
Supporto che di
Sfida. Nel primo caso si tratta di bonus, che se attivati andranno a decurtare dal punteggio totale una percentuale del guadagno. Ad esempio potremo aumentare i Fever Ring o evitare che la combo venga interrotta in caso di errore.
Il gameplay, così facendo, subirà un’impennata verso il basso, semplificando la vita per quei giocatori non proprio nelle corde di certi rhythm game troppo punitivi.
Dall’altra parte invece, modificando quelli relativi alla sfida, lo score bonus aumenterà, ma in cambio avremo meno vantaggi, come gli scratch “missabili”, la randomizzazione delle note e tanto altro.
Il fatto di dover sbloccare nuove opzioni e possibilità diventa quindi l’elemento che spinge sulla rigiocabilità dei due titoli. E si contrappone al sistema di sblocco tramite acquisto di P4D, che
permetteva di ottenere nuovi abiti e modificatori acquistandoli nell’apposito shop.
Le canzoni dei tre titoli sono poi il cuore di Persona Dancing.
Prendendo il meglio dei 3 capitoli, ogni gioco propone una serie di brani, in versione originale e remixata, che hanno fatto il successo di Persona. Ora qua va aperta una parentesi importa. È innegabile la qualità delle soundtrack composte da
Shoji Meguro che con il suo melting pot di sonorità, che mescola insieme influenze JPOP, jazz e rock,
ha creato negli anni vere e proprie hit. L’offerta qua è variegata, e i missaggi eseguiti da alcuni dei compositori più in vista del panorama giapponese e non solo.
Detto questo le preferenze su una o l’altra colonna sonora viaggia solamente sui gusti personali del giocatore.
Una cosa però possiamo analizzare in maniera abbastanza oggettiva. Forse per via delle numerose riedizioni, per l’effetto novità dell’essere il primo titolo della serie Dancing e in generale per le atmosfere più meno cupe,
la selezione di Persona 4 risulta la più eclettica e bilanciata. Non solo nelle sonorità, ma anche nella progressione della curva di apprendimento e difficoltà.
Dopo aver provato le due new entry per diverse ore, abbiamo notato che
offrono un approccio più ruvido e meno digeribile. Le tracce di P3D e P5D tendono quindi a mettere subito alla prova il giocatore anche a livello Normale. D’altro canto, se per alcuni questo può sembrare un ostacolo,
per gli amanti dei rhythm game diventa sicuramente un punto a favore.
Ogni titolo propone all’incirca 25 brani,
che se sommati offrono una playlist decisamente ricca e che richiederà tempo per essere esplorata a dovere. Sulle singole raccolte forse poteva essere fatto qualcosa di più, specie per la presenza di diversi brani in duplice versione. Ma nel complesso, data la natura dei giochi base riadattare certi canzoni in chiave “da ballo” non è un lavoro semplice.
Fra i pezzi che troverete oltre ai vari brani di apertura e chiusura dei rispettivi giochi vanno sicuramente menzionate per bellezza pezzi come
Rivers in the Desert da Persona 5,
Burn My Dread da Persona 3 e l’immortale
Time to Make History dal quarto episodio. Inoltre, per gli insaziabili
sono in arrivo una serie DLC, che andranno a completare la già ricca offerta.
Non solo una gioia per le orecchie, ma anche per gli occhi.
P4D trattandosi di un porting HD di un titolo per PS Vita
è quello che su PlayStation 4 ha la resa visiva minore. Se confrontato con gli altri, salta subito all’occhio un comparto tecnico meno complesso, specie nelle ambientazioni e nella modellazione dei personaggi, mitigato dall’uso del cel-shading. Dove il gioco mostra delle criticità è nelle grafiche, riproposte con una risoluzione sub-HD che stona rispetto al resto per immagini sfocate e contorni poco definiti. Fortunatamente l’effetto è mitigato solo ai menù, mentre in-game non risente di questa problematica. A guadagnarne nel passaggio di console è sicuramente
il frame-rate che si alza a 60 fps, rendendo l’esperienza più fluida ed appagante.
Decisamente migliori P5D e P3D. Il primo in particolare vanta sicuramente di una maggiore attenzione dovuta anche al fatto della recente uscita di Persona 5, mentre per quanto riguarda P3D il lavoro è stato fatto da zero. Gli stage si ispirano ai luoghi dei rispettivi giochi, proponendo ambientazioni familiari a chi ha amato i JRPG di Atlus.
Discorso a parte per P4D, che godendo di una modalità storia gran parte degli stage sono stati creati ex novo appositamente per il gioco. Altro aspetto curato riguarda le animazioni di ballo.
Ogni personaggio vanta uno stile che lo caratterizza, dando sfogo delle proprie abilità proprio durante i Fever Time. Anche le coreografie seguono la traccia che pompa selvaggia in sottofondo, articolando anche passaggi in doppio (
o a 3) con gli altri protagonisti.
Ogni brano è associato ad un ballerino, obbligando così il giocatore ad utilizzare prima o poi tutti.
L’interfaccia invece risulta semplice e funzionale, e le grafiche si ispirano ai titoli di riferimento. E nonostante la sovrapposizione con le animazioni del fondale,
non sarà mai troppo invasiva. Del resto, come è giusto che sia in un titolo del genere. Il passaggio dal piccolo schermo di PS Vita al televisore in salotto però potrebbe essere traumatico per chi ha giocato a P4D. Come potete immaginare le ben più generose dimensioni portano ad un aumento dell’area di gioco,
rendendo difficile a seconda del polliciaggio, avere sott’occhio tutto lo schema delle note. Fastidio che fortunatamente passerà dopo qualche ora passata ad allenarsi con le nuove impostazioni.
I possessori di PS VR poi possono beneficiare anche di una simpatica feature presente nei 2 titoli più recenti. Accedendo alla propria collezione si potrà attivare una sorta di modalità teatro, nella quale personalizzare i vari personaggi e osservarli ballare in un ambiente virtuale 3D. Più interessante invece una chicca che si renderà disponibile completando i vari social link, che vi permetterà di visitare le camere dei protagonisti ed interagire con l’ambiente circostante. Un’aggiunta che farà sicuramente piacere ai fan muniti di visore.
Incredibilmente P3D e P5D arrivano nei negozi tradotti completamente in italiano. La mole di testi ridotta ha spinto Atlus e Sega ad adattare i due giochi nella nostra lingua, sebbene la barriera linguistica non sia un vero ostacolo in questa tipologia di giochi.
Ottima invece la presenza del dual audio inglese/giapponese, attivabile dalle opzioni, per un’esperienza di gioco ancora più fedele all’originale. È presente anche la possibilità di sfruttare il cross-save fra le versioni PS Vita e PS4, così da passare i propri progressi su una o l’altra console.
P4D invece riceve un trattamento peggiore rispetto ai due nuovi arrivati. Oltre ai problemi elencati riguardo alla grafica, non trae vantaggio delle aggiunte di P3D e P5D, dicendo addio alla doppia traccia vocale e, in particolar modo al cross-save. Proprio quest’ultimo aspetto stride rispetto alle altre versioni proprio per la modalità storia, che dovrà essere giocata interamente per una seconda volta per i possessori del titolo originale. Le uniche cose che potranno essere importate sono i DLC usciti, che non dovranno essere acquistati nuovamente.
Nota a margine, riguardo la versione PlayStation 4 di P4D. Il gioco non sarà disponibile all’acquisto in versione stand alone, quindi per mettere mano al capostipite dovrete necessariamente passare per uno dei due bundle.
Verdetto
8.5 / 10
Adesso vogliamo uno Shin Megami Tensei Dancing, con Mara che balla!
Commento
Pro e Contro
✓ 3 giochi, il meglio della produzione musicale di Persona
✓ Gameplay semplice e ben costruito
✓ La Endless Night Collection è l'opzione migliore...
x ...anche se più costosa
x P4D poteva essere adattato meglio
x Presi singolarmente non offrono troppi contenuti
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