In un periodo non meglio precisato del 2008, Hideo Kojima iniziò a pensare di sviluppare Metal Gear Solid 5, un gioco dove The Boss e l’unità Cobra sarebbero stati protagonisti. L’investimento e il business plan vennero però rivisitati completamente, a causa dell’ingenuità di gioventù del nuovo team tirato su dal Maestro stesso per il titolo, quando uno stretto collaboratore di Kojima consigliò ad esso di trasformare il progetto in una storia a sé che spiegasse l’origine di Raiden nelle vesti del “nuovo” ninja cyborg di Metal Gear Solid 4: Guns of the Patriots. Il giovane team venne quindi messo al lavoro su Metal Gear Solid: Rising, presentato all’E3 2009 come un nuovo capitolo della saga di MGS dedicato esclusivamente a Raiden e alla sua trasformazione da nanosoldato a cyborg ninja. Il gioco ricevette una reazione decisamente sottotono rispetto alle aspettative, ma Kojima Productions continuò a imperterrita a lavorare al progetto tanto da affidargli il pesante carico di “apripista” per Fox Engine, il nuovissimo motore di gioco sviluppato internamente all’azienda di Kojima. Tuttavia, una delle sue peculiarità diventò essere la più grande croce per gli sviluppatori: il gameplay del gioco, totalmente concentrato su un improbabile sistema di “taglio” con la spada ad alta frequenza di Raiden, si rivelò essere un’idea troppo grande anche per la giovane ma talentuosa sussidiaria di Kojima Productions. Pur di non abbandonare le buone idee dietro al gioco, il Maestro Kojima decise di ingaggiare Platinum Games ed affidargli l’intero universo di Metal Gear Solid, oltre ai pieni diritti creativi su tutto il plot narrativo del gioco, per realizzare quello che poi il team di Shinji Mikami decise di rinominare come Metal Gear Rising: Revengeance che, dopo un colloquio con il Maestro, pare esser diventata a tutti gli effetti una saga parallela a quella di Metal Gear Solid.
Anno 2018, il caro Raiden è un agente di punta della Maverick Security Consulting, una CMP (Compagnia Militare Privata, correte a giocare ad MGS4 nel caso ignoriate l’origine del termine, n.d.r.) costituita per garantire la sicurezza e la protezione dell’ordine pubblico. A quattro anni dai fattacci di Guns of the Patriots, Raiden si vede impegnato a proteggere il primo ministro N’Mani, a capo di una non meglio identificata nazione africana, da quello che si rivelerà essere un attacco terroristico della Desperado Enterpreises, un’altra CMP atta però a scopi decisamente meno nobili rispetto a quella per la quale offre i servigi l’allievo non riconosciuto di Solid Snake. Durante quella stessa missione, che darà il “la” ai folli piani di dominazione del pianeta di Desperado, il nostro eroe incontra Samuel Rodrigues, un altro ninja cyborg che ben presto diventerà per Raiden il principale obiettivo per vendetta…
Su questo filone narrativo si estende la trama di Metal Gear Rising che, nella sua campagna principale (e ad un livello di difficoltà intermedio) non supera le 7 – 8 ore di gioco. E’ indubbio che un incipit del genere possa non suonare tra i migliori, tuttavia la narrazione spicca il volo dopo pochi momenti dal suo principio presentando un plot dai temi molto attuali, accattivanti e resi interessanti dai tanti momenti memorabili che ci proporrà: complice anche i lunghi dialoghi, il tocco di Kojima Productions c’è e lo si vede soprattutto dalla componente narrativa di Rising, non di certo tra le migliori per il brand di Metal Gear ma di sicuro agli apici per Platinum Games.
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Il gameplay di Rising è, com’è facilmente immaginabile per molti, troppi motivi, estremamente veloce e frenetico; la cosa interessante, però, è che è anche dannatamente fluido sotto ogni aspetto. L’idea alla base di Rising è quella di affrontare un’orda di nemici col solo ausilio della spada (non necessariamente ma, capiamoci bene: parliamo pur sempre di un ninja, n.d.r.): la Modalità Blade, che è la caratterista unica del gioco, rappresenta al meglio questo pensiero. Premendo il tasto L1, Raiden si concentra sul nemico – cosa che viene trasmessa al giocatore con un rallentamento del tempo – e, se con la levetta sinistra si sposta l’elsa della spada in orizzontale e verticale, tirando la levetta destra si “carica” il colpo in una determinata direzione e rilasciandola si sferra la lama attraverso il corpo del nemico. Se a parole questa cosa vi sembra fuori dal normale, con un po’ di pratica vi ritroverete ad usare questa “complicata” funzione anche contro il più debole dei nemici. Inoltre questa Modalità è necessaria per ottenere energia per le pile a combustibile della cyborg-tuta di Raiden poiché, per rimpinguare le celle energetiche dovremo tagliare il corpo del nemico che le possiede nell’esatto punto indicatoci dall’interfaccia a realtà aumentata che segnala a Raiden le informazioni di cui necessita. In aggiunta a ciò la Modalità Blade farà anche da gran finale ai numerosi Quick Time Event inseriti da Platinum Games, quasi come cliché dello stile di sviluppo del team, che modificheranno le combo iniziate contro i boss o addirittura determinati nemici “minori” e che ricompenseranno il giocatore con numerosi Nuclei energetici da strappare dalle spine dorsali (o altre parti del corpo) della nemesi. Negli scontri con i boss, poi, tutto ciò è portato – in positivo ed in negativo – all’esasperazione: le boss fight sono articolate in più fasi, in cui nemici usano diverse tecniche o attacchi particolari, quelli che più si adattano al loro stile ed alla loro (ottimamente riuscita) personalità, da affrontare tra l’uso della Modalità Blade, Quick Time Event classici e addirittura fasi da avoiding game (per inciso, quei giochi nei quali bisogna schivare gli oggetti che vengono addosso al protagonista, n.d.r.).
La Modalità Blade non è tuttavia l’unico modo per attaccare. Il corpo di Raiden e la sua spada ad alta frequenza sono un’arma di distruzione di massa ma grazie alle capacità del ninja e alla pressione di pochi tasti (singolarmente o combinati tra loro) sarà possibile concatenare numerose e perduranti combo che oltre a farci guadagnare Punti Battaglia, da spendere poi in abilità ed equipaggiamento per Raiden, faranno sì che otterremo una miglior valutazione a conclusione del capitolo (otto in totale, n.d.r.). Come ogni ninja che si rispetti, poi, Raiden conosce una vastità di mosse offensive e difensive, parate e contromosse che – tutte attuabili con poche combinazioni di tasti – oltre ad esaltare il giocatore ad ogni esecuzione rendono tanto profondo quanto vasto l’immediato gameplay del gioco. Tuttavia è proprio con la parata che emergono i primi grandi difetti dell’esperienza di gioco di Rising: nonostante la mossa sia stata realizzata per essere un’esecuzione molto tecnica, che richiede tempismo e colpo d’occhio, di contro anche per i più abili rimarrà una mossa ostica da attuare a causa della lacunosa gestione della telecamera insieme ad un sistema di agganciamento (lock on) che spesso e volentieri fa cilecca. Fastidiosi durante i momenti più tecnici come la parata ma ben presenti anche nelle altre sezioni di gioco, questi due problemi paiono essere ormai delle prerogative di Platinum Games e per quello che riguarda Rising inficiano l’esperienza di gioco rendendo difficile mantenere delle combo veloci e fluide (spesso e volentieri spunteranno dei nemici che ad un primo sondaggio erano sfuggiti) e la precisione tanto millantata dalla Modalità Blade va a farsi benedire, nei momenti più concitati, nonostante la presenza del lock on. Anzi, vuoi proprio a causa di quest’ultima.
Tanto per allargare il genere del gioco da “semplice” hack ‘n’ slash da cardiopalma ad un lontanissimo accenno di gioco di ruolo per quanto riguarda lo sviluppo di Raiden, ci sarà la possibilità di potenziare le Pile di Raiden così come ogni sua caratteristica o equipaggiamento (di cui, ad un certo punto, avremo diverse combinazioni possibili), a partire dalle sue armi fino a delle speciali “parrucche”, senza dimenticare la possibilità di cambiare totalmente le fattezze dell’agente di Maverick. Inoltre, rigiocando i singoli capitoli a difficoltà di gioco differenti Raiden manterrà tutti i potenziamenti così come l’equipaggiamento, come se le sue capacità fossero scandita da un “livello personaggio” sempre migliorabile come nei migliori dei GDR più classici.
A proposito della difficoltà di gioco, qui emerge invece un insolito problema di bilanciamento. Anche ai livelli di difficoltà di impegnativi il gioco fatica a decollare in termini di sfida, raggiungendo un livello di difficoltà appagante solo ben dopo la metà della campagna principale. Solo a livello di difficoltà Revengeance, la più complicata, il titolo riesce ad impegnare i più avvezzi all’action sin dalle prime battute.
Altro punto a sfavore che va a minare l’esperienza di gioco, sopratutto a coloro che vogliono affrontare il titolo alle difficoltà più alte, è la “fisicità” degli attacchi di alcuni nemici che causa spesso frustrazione, poiché il giocatore si ritroverà a perdere più per “sfortuna” che per un proprio scarso livello di abilità: non è raro, infatti, che il nemico possa aver la meglio su Raiden a causa del sistema di combattimento poco riuscito per i difetti già citati ma anche per qualche piccolo problema nel rilevamento delle collisioni, che spesso e volentieri lascia l’impressione che alcuni nemici siano più forti degli stessi identici compagni della medesima tipologia oppure che alcuni attacchi siano imparabili, quando invece sono ribaltabilissimi.
Tutto ciò, unita ad una campagna decisamente breve, può scoraggiare anche il più testardo dei giocatori a voler “platinare” il gioco, come si suol dire sui lidi Sony PlayStation. Tuttavia a fronte di una longevità della campagna principale ridotta, di un livello di difficoltà tendente al basso e una pletora di difetti tecnici che presto si vorrà dimenticare, l’essenza frenetica e le Boss Fight esaltanti garantiscono una rigiocabilità fortunatamente elevata. Inoltre anche le Missioni VR, un must per le produzioni del brand “portante”, rimangono il più delle volte interessanti e offrono un livello di sfida invece sempre abbastanza appagante. Corrono poi in aiuto della rigiocabilità i pochi tipi di “collezionabili” e gli ispiratissimi easter egg seminati qua e la da Platinum Games direttamente dalla storia e la “cultura” che stanno dietro al marchio di Metal Gear Solid che, se non li faranno felici, perlomeno strapperanno più di un sorriso ai fan più o meno affezionati ad MGS.
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La realizzazione tecnica di Rising non è ai massimi storici per Platinum Games ma non fa nemmeno sfigurare Raiden e la sua nuova armatura cyborg. Il motore di gioco di PG gira bene anche a quest’uscita, presentando però rispetto ai più noti Bayonetta, Vanquish e Anarchy Reigns una veste si più “articolata” tra effetti e filtri grafici ma più “sporca”, tendente al grigiume, poco pulita in termini di texture e sofferente di un gravoso aliasing. La situazione migliora nelle sequenze filmate, girate tutte in tempo reale ma apparentemente con una “versione migliore” dell’engine grazie all’originale set di filtri e ottimizzazione video che veniva usando anche in screenshots e trailers durante il marketing del gioco. Sul piano artistico, però, nulla da ridire: la direzione è sempre impeccabile e porta il genio e la follia dei designer Platinum Games nell’universo Metal Gear Solid al meglio che si potesse, mescolando vari Metal Gear Ray e Gekko ad improbabili nuovi cyborg ninja dai tratti nippon-punk, il tutto shakerato in un’atmosfera quasi sci-fi e da guerra del futuro tra le più azzeccate fra tutte le più recenti uscite del brand di Metal Gear Solid. A dirla tutta, lo stile presentato da Platinum Games ispira in più occasioni un lore tutto nuovo e tutto da spremere, magari con qualche sequel come suggerisce il cambio di nome da “Solid” a “Rising”.
La componente sonora non fa altro che aumentare questa sensazione di “fantascienza” che si prova per tutta l’esperienza di gioco, con una colonna sonora elettronica quasi sempre perfettamente ammogliata con le immagini mostrate a schermo, con brani realizzati da un gusto sì dannatamente orientale ma sempre accorto. Il doppiaggio, disponibile in sola lingua inglese, è ben recitato ma non brilla in termini di personalità di spicco o “citazioni memorabili”, mentre i testi sono spesso coinvolgenti e stesi con perizia, complice sicuramente la supervisione del Maestro in questo campo.
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