Nel 2010, quando uscì LIMBO, si stava affermando il fenomeno dei giochi indie, le produzioni indipendenti che si contrapponevano al mercato mainstream non solo per via dei budget di sviluppo ridotti, ma perché cercavano di portare una visione nuova del videogioco, allontanandosi dalle direttrici dei titoli tripla A.
Il loro intento di inseguire nuove strade si è tradotto nella proposta talvolta di vere e proprie esperienze sensoriali che mettono in discussione la centralità del gameplay, l’elemento portante del videogioco; oppure nell’invitare i giocatori ad un approccio estremamente cerebrale attraverso i rompicapo; o ancora nel riportare in auge generi lasciati per strada nel tempo come platform, shoot ‘em up, twin stick shooter e simili.
LIMBO all’epoca catturò una sostanziosa fetta di pubblico e di critica grazie al fascino del suo lato artistico, con un bianco e nero da film espressionista tedesco, e all’imperscrutabilità dell’intera vicenda che diede vita ad innumerevoli teorie e speculazioni. Dieci anni dopo, ora che assieme al fratello maggiore INSIDE (qui la nostra recensione) è disponibile anche su Nintendo Switch, le cose non sono cambiate, e il gioco riesce a stupire ancora come se fosse la prima volta.
Versione testata: Nintendo Switch
Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura, ché la dritta via era smarrita.
LIMBO è la storia di un ragazzo che per ritrovare sua sorella entra nel limbo. Nei suoi panni, ci sveglieremo in una foresta oscura e dovremo superare enigmi e ostacoli che ritroveremo lungo il cammino, allo scopo di raggiungere il nostro obiettivo.
Le certezze del giocatore si fermano qui, nient’altro gli viene comunicato in maniera esplicita; toccherà a lui, se vorrà, dare un senso alle proprie azioni.
La parola chiave è minimalismo
Il giocatore non avrà armi o strumenti per affrontare le avversità che incontrerà, né abilità particolari, come un doppio salto o un dash laterale, per superare gli ostacoli fisici che avrà davanti. Appena preso il controllo del personaggio ci si rende conto che sarà possibile dare solo una manciata di input al ragazzo: muoversi, saltare, spingere oggetti e pulsanti. Pochi tasti da premere; la croce direzionale o l’analogico a sinistra e due tasti a destra. Partendo da questa base semplicissima, LIMBO crea un sistema di gioco basato su enigmi ambientali da risolvere e su un platforming abbastanza semplice da eseguire, il tutto all’insegna del “Trial & Error”, ovvero sbagliare (e morire) fin quando non si trova la soluzione giusta. A volte volte il gioco si abbandona a crudeltà gratuite, facendo morire il giocatore senza che la morte abbia a che vedere con la risoluzione di un enigma.
Il motore fisico ci permette di interagire con l’ambiente per sfruttarlo e proseguire nell’avventura, e influenza il corpo del nostro alter-ego, che reagisce realisticamente alle forze fisiche e di conseguenza lo porterà a morire in modi abbastanza cruenti: sbalzato all’aria, decapitato, affettato da una sega circolare o schiacciato da un masso.
LIMBO somministra al giocatore dapprima enigmi semplici, facendogli assimilare un metodo base per la loro risoluzione, e a mano a mano glie ne mette davanti di più complessi, in modo tale da fargli utilizzare in vario modo quel linguaggio base insegnatogli nei primi momenti di gioco. Ad esempio, lo spostamento di una cassa per raggiungere un’altura viene inserito di volta in volta in contesti differenti, prima in modo elementare, poi con l’aggiunta di altri variabili, cosicché l’azione base assume progressivamente complessità. Questo apprendimento graduale da un lato porta ad un ottimo senso di progressione, mentre il rovescio della medaglia è che gli enigmi più interessanti si presentano dopo la metà del gioco. C’è da dire però, che LIMBO, conscio del suo minimalismo, dura esattamente il giusto; le tre ore necessarie a finirlo impediscono che il tutto venga a noia e contribuiscono a rendere l’intera esperienza fresca, evitando che diventi stantia dopo un certo periodo.
Sin dai primi passi, il silenzio nel quale è immerso il gioco e il bianco e nero che richiama il cinema espressionista tedesco, creano un’atmosfera affascinante che allo stesso tempo trasferisce al giocatore un senso di ignoto, di angoscia e claustrofobia. Se la foresta iniziale risveglia le paure primordiali, la sopravvivenza in ambiente naturale, il timore di essere braccati da una bestia, proseguendo nell’avventura si viene a contatto con i mostri della società industriale. Ingranaggi giganti, catene di montaggio, le fabbriche sullo sfondo con le loro enormi ciminiere; un immaginario cupo e straniante, così come lo descriveva Dickens in Hard Times. O ancora, le insegne al neon di una città, che si accendono e si spengono a intermittenza propagando nell’aria il rumore dell’elettricità, come se ci trovassimo in Eraserhead di David Lynch. La nostra avventura è avvolta nel silenzio, solo i nostri passi e i rumori ambientali si elevano alle nostre orecchie. Raramente è presente un breve accompagnamento musicale alle nostre azioni, in alcuni casi fatto di musiche eteree e ambient, mentre in altri di suoni assordanti e cacofonici.
Nel porting su Nintendo Switch, LIMBO non ha mutato la sua natura minimalista e a parte un leggero uso dell’HD Rumble non si segnalano aggiunte di sorta.
La portabilità intrinseca nella console è superflua: LIMBO è un’esperienza brevissima che va vissuta intensamente e che quindi non si presta a sessioni mordi e fuggi; il design audio non andrebbe sprecato, sarebbe meglio avvolgersi in quei suoni con un paio di cuffie o con un buon impianto audio; lo stesso vale per il bellissimo bianco e nero, che meriterebbe uno schermo più generoso rispetto ai 6 pollici della console Nintendo.
Verdetto
8.5 / 10
E' meglio esser figli unici.
Commento
Pro e Contro
✓ Enigmi mai banali
✓ Lato artistico stratosferico
✓ Atmosfera stupenda
x Alcune volte si muore troppo gratuitamente
x Gli enigmi migliori sono verso la fine
#LiveTheRebellion