Ammettiamolo: ci sono delle occasioni in cui tutti noi abbiamo sentito la necessità di un incantesimo d ‘appello. Personalmente parlando, mi sarebbe piaciuto poter gridare “ACCIO!” e vedermi recapitare fra le mani la mia copia di LEGO Harry Potter: Anni 5-7, senza dover passare per un corriere ritardatario, ma lasciate che vi dica una semplice constatazione: l’attesa è valsa davvero la pena.
Ancora una volta, Traveller’s Tales e Warner Bros Interactive Entertainment riescono nell’impresa, tutt’altro che semplice, di fondere una delle saghe più coinvolgenti degli ultimi anni con le possibilità di gioco e di meccaniche offerte dai piccoli blocchi colorati LEGO.
E forse, fondere, non è proprio la parola esatta…
Mai come in questo caso sarebbe più adatto parlare di “incastro”, poiché è questo ciò che è alla base di LEGO Harry Potter. Sin dai primissimi istanti del gioco, prima ancora della comparsa di qualsivoglia menù, appare chiaro come le due anime principali del gioco (la saga creata da Johanne Rowling e il mondo dei mattoncini danesi) vanno a comporre un unico, grande mosaico senza sbavature o elementi scomodi.
A livello di meccaniche di gioco, le cose non cambiano rispetto al predecessore, Anni 1-4, di cui quest’ultima fatica di Traveller’s Tales sembra più un’espansione che non un sequel: le ambientazioni rimangono pressappoco invariate, nella loro sorprendente fedeltà alla trasposizione cinematografica della saga del mago anglosassone, e anche il gameplay non subisce troppe variazioni. Abbiamo ancora una volta a disposizione una ruota di incantesimi fra cui scegliere, la possibilità di spostarci autonomamente con una specie di mirino sullo schermo, o di affidarci agli “aloni” di magia che compaiono su determinati oggetti utilizzabili.
Ma è proprio questa semplicità il punto di forza della serie: in termini di giocabilità, ciò che abbiamo di fronte è una grossa scatola con migliaia di piccoli mattoncini e personaggi a nostra disposizione, quasi tutti controllabili e diversificati, che aspettano solo di essere incastrati nella giusta posizione per dar vita a qualcosa di spettacolare, che talvolta fa avanzare la storia, talvolta ricompensa il giocatore con degli extra, e altre volte ancora è semplicemente divertente da vedere. E il modo più rapido per farlo è usare la bacchetta…
Dal punto di vista della longevità, LEGO Harry Potter: Anni 5-7 è immenso: la trama principale, articolata in capitoli, già da sola offre almeno dieci-quindici ore di gioco, posto che si abbia già una buona infarinatura di cosa fare, quale personaggio usare per risolvere gli enigmi proposti, e una certa attitudine ad uscire dagli schemi di pensiero (muoversi in un mondo di mattoncini intercambiabili, in cui l’uso della magia rende plausibili anche le situazioni più assurde, significa doversi abituare ad usare gli incantesimi adatti per trasformare un muro in una scala, una cattedra in un aspirapolvere, una macchina in un ponte e così via…).
Ma la vera dimensione di grandezza è data dalla possibilità di rigiocare i livelli completati passando per uno dei due snodi principali del gioco, Diagon Alley (l’altro è il castello di Hogwarts): non sempre, infatti, potremo avere immediatamente accesso alle varie aree, e questo non soltanto per motivi di trama ma anche perchè in una missione, per esempio, potremmo non avere il personaggio adatto, le cui abilità uniche potrebbero aprire un nuovo percorso, o farci ottenere un pezzo di emblema di Hogwarts, o un prezioso blocco dorato. Passando per Diagon Alley, invece, interromperemo momentaneamente la trama principale, per poter rigiocare aree già superate, con la possibilità di scegliere quale personaggio utilizzare fra quelli che avremo sbloccato, tanto progredendo nella storia che acquistandoli nei negozi per maghi.
Se a questo aggiungiamo il fatto che quasi ogni singolo personaggio apparso nella saga narrata dalla Rowling è utilizzabile, e che spesso compaiono più versioni degli stessi, dovrebbe bastare a dare una vaga idea dell’impegno profuso da Traveller’s Tales.
Un’altra delle possibilità offerte dalla vastità del gioco è quella di poter essere affrontata in contemporanea da più giocatori in split screen, velocizzando così il completamento dei livelli, ma anche l’IA dei personaggi controllati dal computer nel gioco singolo è stata migliorata: mentre in Anni 1-4 poteva capitare spesso di trovarsi con un PNG che, anziché rimanere fermo su un interruttore, decideva di seguire il personaggio controllato dal giocatore, o interrompeva l’uso di un incantesimo necessario nel momento sbagliato (come, per esempio, sollevare una piattaforma per portare il giocatore fino ad una zona sopraelevata, e rilasciare l’incantesimo prima della sommità). In LEGO Harry Potter: Anni 5-7 queste situazioni sono state molto ridotte, eliminando in parecchi casi la necessità di agire in contemporanea o evitando, tramite migliori script dell’IA, che i PNG si spostino autonomamente nel punto sbagliato (questo, nel precedente videogame, equivaleva di tanto in tanto alla morte accidentale dei personaggi non controllati attivamente a seguito di salti troppo corti o ostinazione a voler colpire un cespuglio di tranello del diavolo per seguire un personaggio immediatamente sopra esso).
Insomma, niente più frustrazione da IA con tendenze suicide, ma una piacevole esperienza di esplorazione, con la sensazione di essere perfettamente in controllo di tutto ciò che ci è necessario.
Una cosa che si nota particolarmente come cambiamento fra HP 1-4 e 5-7, pur mantenendo lo stesso motore grafico, è la minor quantità di caos presente sullo schermo. Nel primo, quasi tutto ciò su cui potevamo posare lo sguardo era distruttibile/interagibile/adatto ad essere bersagliato da qualche tipo di incantesimo (persone comprese), ma fra la marea di monete, necessarie a sbloccare extra, aloni di magia che indicavano il possibile uso di incantesimi ovunque, frammenti di oggetti talmente sezionati in mattoncini da essere irriconoscibili sino alla ricostruzione, o pezzi di strutture in frantumi che tardavano a scomparire, gli scenari tendevano ben presto ad assomigliare agli effetti del passaggio di un uragano su LEGOLand.
Fortunatamente LEGO Harry Potter: Anni 5-7 rimedia in questo, in parte aumentando la quantità di oggetti resi in grafica realistica e quindi perfettamente riconoscibili per la loro funzione, in parte eliminando la necessità di accendere ogni singola candela, spostare ogni singolo arazzo, demolire ogni singolo tavolo e così via per trovare monete e/o pezzi di emblemi e blocchi dorati.
Ovviamente, questo non significa che l’esplorazione sia ridotta in LEGO Harry Potter: Anni 5-7 ma, anzi, che è facilitata dalla possibilità di comprendere meglio ciò su cui andiamo ad interagire.
Per quanto riguarda il comparto audio, LEGO Harry Potter: Anni 5-7 rimane fedele al suo concetto di “incastro assoluto”: le musiche si adattano perfettamente all’atmosfera, passando dal tema principale della saga, usato nelle sale di Hogwarts, alle varie sonorità più o meno cupe a seconda dell’occasione (non aspettatevi toni particolarmente allegri dagli incubi di Harry). Non c’è mai una forzatura o un palese stacco sonoro che faccia storcere le labbra, e tutto sembra far parte di una struttura progettata con armoniosità.
Ovviamente fino a che non si arriva alle cutscene… Come il suo predecessore, anche Anni 5-7 non è doppiato e fa affidamento sull’espressività dei personaggi per raccontare la storia, ponendo l’accento tramite ringhi, grugniti, o mugugni vari a seconda dello stato d’animo dei protagonisti della scena. Pur senza semplificare o variare troppo la scena, è brillante vedere come Traveller’s Tales sia riuscita a dare la giusta inquadratura alle sequenze animate senza l’uso di una sola, singola, parola di senso compiuto… Peccato purtroppo che, in alcune parti, questa attitudine sembri andare contro sé stessa, cercando di inserire forzatamente degli accenni di parlato, che si traducono in delle, fortunatamente brevi, sequenze di borbottii e mugugni che talvolta stonano con l’umorismo e la tematica della scena.
Parlando di note “dolenti” (anche se non in senso stretto), è il caso di dire che le geniali scelte di Traveller’s Tales per quanto riguarda le modalità con cui raccontare la storia, sono al contempo un punto di forza e il più grande difetto del gioco.
LEGO Harry Potter non è una serie per tutti. Le sequenze animate, benché facciano del loro meglio (e in alcuni casi ci riescono alla grande, credetemi) per narrare in maniera semplice, immediata e intuitiva la storia del mago inglese, spesso sono piuttosto brevi, dei piccoli flash sui punti salienti della trama e nient’altro, talvolta narrate anche con un contorno di ironia che non sempre permette una facile comprensione per un profano della saga. LEGO Harry Potter: Anni 5-7, inoltre, avendo molta più carne al fuoco rispetto al predecessore, necessita un’infarinatura nettamente più ampia per poter essere goduto appieno, altrimenti rischia di apparire come una lunga sequenza di fatti (narrati egregiamente, per carità) senza grosse pretese di continuità.
In alcuni casi, inoltre, proprio la semplicità grafica risulta essere un fattore limitante, in combinazione con l’essere fortemente mirato ai fan della serie: nonostante gli sviluppatori abbiano fatto un ottimo lavoro per caratterizzare i personaggi, a parte alcuni così unici da essere riconosciuti al volo (Harry, Voldemort, Piton e Moody, tanto per citarne alcuni), altri risultano essere piuttosto anonimi, o ricollegabili con qualche difficoltà (personalmente, parlando da appassionato della Rowling, ho comunque avuto un po’ di problemi a identificare Luna Lovegood come tale, sino alla sequenza con i Thestral).
Ad ogni modo l’umorismo, seppur più maturo rispetto al predecessore, con cui vengono trattate le cutscene e l’ambientazione generale, può essere sufficiente a tenere i giocatori incollati allo schermo: devo ammettere che la tendenza di Ron ad essere malmenato in quasi ogni singola apparizione (sostituito spesso e volentieri da Harry in tale ruolo quando le circostanze ne impongono l’uscita di scena), seppur discostandosi dalla trama di base, è efficace a rendere il personaggio e la sua intrinseca comicità.
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