A cinque mesi di distanza dal ritorno di King’s Quest sui nostri schermi, The Odd Gentlemen ci cala nuovamente nei panni del giovane (e anziano) re Graham di Daventry, per una nuova avventura dal sapore più maturo, ma per certi versi meno soddisfacente del primo capitolo.
Sebbene, infatti, il secondo episodio nella serie della rediviva Sierra esplori più a fondo le personalità dei suoi protagonisti, la generale esperienza di gioco di Rubble Without a Cause lascia leggermente con l’amaro in bocca per alcuni difetti di meccaniche e narrativa, specie considerata la splendida premessa di un capitolo più “tetro” rispetto al precedente.
Versione Testata: PC
Andiamo con ordine: in Rubble Without a Cause (titolo volutamente ironico, come nella ormai lunga tradizione della serie), ritroviamo i due filoni narrativi del predecessore. Da una parte ci sono gli eventi sotto il diretto controllo del giocatore, nei panni del giovane Graham, ormai divenuto re di Daventry dopo gli eventi narrati nell’originale Quest For The Crown dell’84. Dall’altra l’anziano e malato Re Graham che, davanti allo specchio magico recuperato in gioventù, narra le vicende alla nipote Gwendolyn.
In questo episodio, tuttavia, molta dell’avventurosa comicità e delle tematiche leggere del predecessore, lasciano spazio a quel senso di responsabilità e ineluttabilità che già era accennato in alcuni brevi spezzoni di A Knight to Remember: il vecchio re è sempre più malconcio, e si avvia verso la conclusione della sua carriera (e della sua vita) che con ogni probabilità vedremo negli episodi successivi, mentre la sua giovane controparte è gravata dalle responsabilità della corona e dal rimorso per la sorte del vecchio amico Achaka.
Gran parte dell’episodio si svolge nel sottosuolo, dove Graham e i sudditi del primo capitolo sono stati fatti prigionieri dai goblin. Spetta quindi a noi trovare una via di fuga per tutti, o più verosimilmente per la maggior parte dei prigionieri, ed è qui che Rubble Without a Cause costringe a fare i conti con scelte particolarmente difficili che non stonerebbero nel ben più maturo The Walking Dead di Telltale.
Il secondo capitolo nell’universo reimmaginato di Daventry, infatti, è molto meno lineare del predecessore, e lascia al giocatore un’ampia gamma di possibilità. Spetta tuttavia a noi decidere in quale ordine compiere certe azioni, e la costante presenza di indicatori di salute sui prigionieri ci ricorda che dovremo essere particolarmente efficaci per salvare più persone possibile da una fine decisamente grama.
In questo, Rubble riprende uno dei possibili fili narrativi del predecessore: la sorte del povero arciere Achaka, infatti, aveva già segnato in maniera indelebile il giovane Graham, ma mentre in A Knight to Remember la tristezza e le atmosfere drammatiche avevano ben presto ceduto il passo a tematiche più serene come eroismo, amicizia e comicità, il secondo episodio inverte il peso dei temi, e lascia molto più spazio al dramma personale di un re quasi per caso, visibilmente impreparato ai suoi doveri, con solo occasionali siparietti comici che al più strappano un ghigno amaro.
Davanti ai nostri occhi c’è sempre il peso delle nostre scelte, tanto quelle fatte che quelle da compiere, che per una volta hanno strascichi e conseguenze veramente influenti sul finale della vicenda.
Peccato però che molte di queste siano così prevedibili da stemperare in parte i toni di un episodio altrimenti memorabile.
Purtroppo Rubble si porta dietro alcuni difetti dal precedente episodio, a cominciare dagli enigmi: se è vero che le conseguenze delle nostre scelte sono quasi scontate in molti casi, purtroppo gli enigmi vanno nel senso opposto sul piano della difficoltà. Ancora una volta ci troviamo di fronte a combinazioni strane e al limite del sensato (utilizzare un cosciotto di carne per aprire una porta oltre la quale trovare una rana con la quale recuperare un ingrediente per una pozione in grado di creare un passaggio verso un piano inesplorato) che tuttavia risultano necessarie per il finale migliore.
Altri, invece, sono esacerbati dal semplice fatto che nessuno dei comprimari è indispensabile e potremmo persino ignorare buona parte dell’interazione: il doppiaggio, in primis, risente in maniera tragica di una caratterizzazione più superficiale dei personaggi, e con l’eccezione di un Christopher Lloyd (la cui parte è stata comunque ridotta rispetto al primo capitolo), il resto del cast è relegato ad interpretazioni decisamente sottotono. La mancanza di personaggi centrali volutamente stereotipati, come l’enorme cavaliere Acorn o il vanaglorioso Whisper, la fiera troll Pillare e l’amabile Olfie (presente ma con un ruolo estremamente marginale), affossa ancor di più la qualità interpretativa globale, un peccato considerato il cast di voci celebri di tutto rispetto.
A questo va infine aggiunto il fattore “ripetitività”: Rubble Without a Cause è quello che, in gergo cinematografico, viene definito un “episodio bottiglia”, limitato nei luoghi e nel cast, e questo costringe i giocatori a ripercorrere spesso i propri passi, a interagire con gli stessi personaggi svariate volte, e a compiere le stesse azioni in continuazione. Purtroppo, in tutto questo il Graham controllato dal giocatore viene ridotto ad un semplice mezzo, un “arto meccanico” con meno personalità di quanta richiederebbe la storia narrata, e salvo sporadici casi (in una metafora dell’intero episodio) non brilla quanto potrebbe o dovrebbe.
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