Recensione Kholat

Kholat è, nelle premesse, un interessante esperimento dei ragazzi polacchi di IMGN.PRO. Il titolo si presenta come un survival Horror esperienziale in cui saremo chiamati a risolvere il mistero che si cela alle spalle di un grottesco avvenimento ispirato a fatti realmente accaduti. Il tutto narrato dalla voce di Sean Bean.
Sarà riuscito il team a creare un’esperienza unica e memorabile? Scopriamolo subito.

 

Winter is coming
Kholat, come detto, prende ispirazione dalla tragedia del passo di Dyatlov, tra le montagne della regione degli Urali, in cui persero la vita nove persone nel 1959. Il nostro scopo sarà quello di tentare di scoprire cosa sia realmente accaduto in quel misterioso incidente. Ed è questo il primo problema del titolo, saremo buttati in mezzo al nulla senza un reale motivo dopo un’introduzione agli eventi passati affidata alla voce di Sean Bean. L’attore britannico offre una prova degna della sua fama, con la giusta cadenza ed il giusto ritmo in tutte le sequenze di gioco (sia come narratore sia come… beh lo scoprirete nel corso del titolo). Peccato che i sottotitoli inglesi che accompagneranno i suoi discorsi siano in buona parte diversi da quanto espresso dalla sua voce.

sottotitoli differenti dall’audio
Aggiungete a questo anche diversi escamotage narrativi mal riusciti, come il ritrovamento di pagine di diario fondamentali per la ricostruzione dei fatti in posti totalmente casuali e decontestualizzati dal testo scritto (la pagina del diario di un detective che stava cercando i corpi dei ragazzi senza riuscire a trovarli, lasciata sull’altare dove giace lo scheletro di una delle vittime dell’incidente ne è un esempio lampante) e vi ritroverete a che fare con un comparto narrativo che sembra miscelare elementi sovrannaturali, richiami allo sci fi ed elementi prettamente investigativi in maniera eccessivamente randomica e ingenua.

 

Le mie azioni riecheggeranno nei secoli a venire?
Il titolo in sostanza si presenta come un classico survival horror in cui, durante il nostro vagare alla ricerca di indizi verremo braccati da entità spettrali non meglio precisate che vorranno la nostra pelle. I comandi di gioco sono ovviamente ridotti all’osso con la possibilità di correre per brevi tratti, abbassarci, interagire con alcuni oggetti e accendere la nostra fidata torcia.
Durante la nostra ricerca, ci ritroveremo a vagare per le montagne in quello che è un vero e proprio open world in cui potremo scegliere liberamente quali parti della mappa di gioco esplorare per prime. A proposito di mappe, avremo anche a disposizione una carta dei passi montani ed una bussola necessari per orientarci. Peccato però che entrambe non saranno così chiare e comode da usare non indicando mai la nostra posizione attuale e non offrendoci così un valido punto di riferimento nel caso non ci trovassimo in prossimità di un luogo di interesse, che sia una tenda da campo (utilizzabili come trasporti rapidi da una zona all’altra e come punto di salvataggio), una capanna abbandonata o un misterioso altare sulla cima di un’altura. Ovviamente si tratta pur sempre di un problema di minore entità, con un po’ di pazienza orientarsi divententerà più semplice ma resterà sempre macchinoso, dando una parvenza di realismo alla cosa ma risultando al contempo scomodo. Alcuni problemi sono riscontrabili anche in diverse sequenze chiave della vicenda in cui ci ritroveremo praticamente in balia degli “spettri” finendo inesorabilmente tra le loro grinfie, nemici che misteriosamente non riappariranno dopo aver ricaricato il checkpoint.

 

 

Perfino ora c’è speranza
Il comparto grafico gode di alti e bassi, con un colpo d’occhio d’insieme molto evocativo a cui fa da contraltare una cura del dettaglio molto superficiale e texture spesso in bassa risoluzione, oltre alla necessità, a volte, di caricare intere parti del mono di gioco (con alberi e cespugli vicini e montagne lontane che appaiono di fronte ai nostri occhi. E no, non è voluto dagli sviluppatori). Il che risulta, quindi, ancora più deludente alla luce del fatto che il titolo sia stato sviluppato con Unreal Engine 4. A salvarsi è però il discreto lavoro fatto con le tempeste di neve, sempre dosate al punto giusto, con momenti di cielo sereno e altri in cui ci sarà impossibile vedere a distanza di un palmo dal naso.

Al contrario, inattaccabile è il comparto sonoro. Che si parli del già citato doppiaggio che ha come punta di diamante Sean Bean a cui, però, si affiancano altre voci dedicate ai vari diari e articoli ritrovati lungo il nostro peregrinare, o che si parli di pure musiche e suoni d’atmosfera, Kholat risulta essere una gioia per le orecchie. Avremo infatti a che fare con un comparto audio che varierà dinamicamente con le nostre azioni e con i luoghi che staremo esplorando in un determinato momento offrendoci un’esperienza davvero evocativa (le cuffie durante le sessioni di gioco sono d’obbligo).

 

Verdetto
5.5 / 10
One does not simply saving this game...
Commento
Kholat si dimostra, a conti fatti, come un titolo surival che non riesce realmente a distinguersi dalla massa nonostante le buone idee di fondo e alla presenza di un attore del calibro di Sean Bean a causa di una pessima cura del comparto narrativo, diversi problemi legati al gameplay e un uso poco cosciente di un motore grafico come l'unreal engine 4. Insomma un titolo che attira grazie al nome altisonante dell'attore che ha preso parte al progetto ma che in realtà ha poco altro da offrire in concreto e che si avvicina alla sufficienza soltanto grazie al buon lavoro svolto sul sonoro.
Pro e Contro
Buon colpo d'occhio generale
Buon lavoro sul comparto audio
Sean Bean è garanzia di qualità...

x ...peccato che i sottotitoli non coincidano con il suo parlato
x Comparto tecnico troppo altalenante
x Comparto narrativo da dimenticare

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