Recensione Here They Lie

Uno dei generi che meglio sembra sposarsi con l’idea di realtà virtuale è quello degli horror. Grazie alla forte immersione che riescono a fornire i visori VR si può quasi parlare di una seconda giovinezza per questo filone, tanto da trovare nella line-up di lancio di PlayStation VR ben due titoli, Until Dawn: Rush of Blood e Here They Lie, il gioco in esame oggi e di cui andremo a parlare tra poco, già disponibile in versione digitale su PlayStation Store al prezzo di 19.99€.

 

Con il dilagare della realtà virtuale e l’arrivo sul mercato di titoli pensati per essere giocati tramite l’uso dei visori è doveroso fare una precisazione sul metro di giudizio delle recensioni.
Nonostante siano realizzate come sempre con la massima obiettività, il voto non può non essere influenzato dall’esperienza soggettiva (in questo caso del recensore) decisamente più personale rispetto ai titoli classici, e sopratutto come questa possa variare da persona a persona, facendo entrare in ballo elementi di disturbo come il motion sickness e stanchezza visiva. Scendono in campo poi valori come l’immedesimazione e l’efficacia di quest’ultima, che meritano un’attenzione maggiore rispetto al passato e diventano un plus non da poco in questa tipologia di giochi.
Fatta questa premessa, vi lasciamo alla recensione augurandovi buona lettura.
 

La paura fa novanta
Spaventare è difficile in particolar modo per un videogioco che, contrariamente alla durata più corta di un film, deve spalmare su diverse ore di gameplay tutte le sue carte per riuscire a mantenere alto il livello di paura. Molti sono stati i titoli che hanno intrapreso la strada e non tutti sono riusciti nel loro intento, con risultati spesso e volentieri altalenanti. A buttarsi sul carrozzone dei titoli horror ci prova oggi The Tangentlemen, un nuovo studio indipendente all’interno del quale milita anche “un certo” Toby Gard (uno dei creatori di Tomb Raider), che grazie al supporto di Santa Monica Studios cercano di offrire la loro visione con Here They Lie, horror psicologico in prima persona pensato per sfruttare a dovere le capacità di PS VR. Una volta indossato il visore saremo trasportati di forza in un mondo oscuro, fatiscente, privo o quasi di qualsiasi forma di colore, se non quello acceso del sangue.

Proprio nei primi minuti di gioco ci troveremo vis-à-vis con una ragazza, una figura che nel gioco più volte incrocerà il nostro cammino e che ci troveremo spesso ad inseguire, forse in cerca di qualche risposta sul nostro viaggio. Si, perché Here They Lie è un viaggio all’inferno, fra atrocità e mostri umanoidi mascherati da animali, privi di qualsiasi inibizione e in preda a istinti omicidi. E noi, in qualità di sfortunati protagonisti, dovremo avventurarci in questi luoghi poco ospitali, cercando di sopravvivere e dare un senso a questa spiacevole avventura. La narrazione però è fragile e si regge sulle poche informazioni che ci vengono date durante i nostri fugaci incontri con la ragazza misteriosa o qualche stralcio di conversazione che si attiverà in determinati momenti. Il tutto senza mai svelarsi completamente o avere un qualche senso logico, lasciando al giocatore il compito di fantasticare e ipotizzare quello che sta succedendo, cercando dare un senso alle nostre azioni. Nemmeno sulle ultime battute, quando verremo messi di fronte ad una scelta che determinerà il finale del gioco, saremo mai del tutto consci delle reali motivazioni che ci hanno catapultato in questo incubo, sebbene questo tenti in più modi, con il suo simbolismo e i suoi personaggi, di raccontarci qualcosa.

Horrore virtuale
Here They Lie è un titolo difficile da digerire nel suo insieme. Prima di parlare dell’esperienza legata a PS VR e dei numerosi problemi tecnici che insidiano il gioco, e bene spendere due parole sulla sua struttura e il mondo di Here They Lie.
Rispetto agli altri titoli della line-up di lancio di PS VR, Here They Lie si presenta con una formula di gameplay più classica e più indirizzata verso il filone dei walking simulator, genere che sempre più sta prendendo piede nel mondo videoludico e che non sembra intenzionato ad evolversi in forme di gioco più concrete o articolate. Realizzato questo, per tutta la durata del titolo di The Tangentlemen, ci troveremo a camminare senza una reale destinazione, intenti a capire quale sia il nostro scopo. C’è dell’interazione con l’ambiente, ma il tutto è estremamente limitato alla raccolta di qualche collezionabile, per lo più brevi stralci di lettere o fotografie, o all’apertura di porte. Anche a livello di gameplay, oltre a macinare chilometri camminando non ci sarà molto da fare, e i pochi stimoli avverranno in semplici fasi stealth, nelle quali per proseguire dovremo aggirare alcuni nemici o aspettare il momento giusto per superarli, pena la morte e il caricamento dell’ultimo check point. Quello che manca a Here They Lie è il senso di sfida tipico dei survival horror, che qua è solamente accennato in maniera blanda, proprio nelle situazioni descritte. Anche l’effetto paura, dato soprattutto dal buon senso di immersione ricreato dal visore, dopo poco accusa un calo drastico e si limita ad alcuni momenti di becero jump scare, nei quali il giocatore viene messo alle strette con eventi scriptati e nulla più. Le atmosfere, che pescano a piene mani dall’immaginario del genere horror, profumano di ispirazione lovecraftiana, mettendo in scena situazioni surreali e spaventose se sembrano uscite direttamente da Silent Hill. Nebbie usate con strategia, giochi d’ombre, improvvise allucinazioni che distorcono la “realtà” intorno a noi, non facendoci mai sentire al sicuro. La vera paura del gioco sta più che altro nella tensione che riesce a creare grazie alle sue ambientazioni e di come queste riescano ad apparire terrificanti e spaventose ai nostri occhi. Tutte queste buone idee però vengono messe in crisi da due grossi problemi: il sistema di controllo e la realizzazione tecnica.

Drunk Simulator 2016
Here They Lie, come altri titoli usciti per VR si avvale di un sistema di puntamento tramite i movimenti della nostra testa. In questo caso essendo un’avventura in prima persona la nostra direzione sarà data come indirizzeremo lo sguardo, mentre il movimento del corpo avverrà in maniera più classica tramite il pad. E fin qui nulla di anormale se non fosse che così facendo tutti risulti piuttosto scomodo e lento da manovrare, scatenando nel giocatore sensazioni di disturbo classificabile come motion sickness. Per “aiutare” a raddrizzare di tanto in tanto la visuale, gli sviluppatori han ben pensato di associare allo stick analogico destro il controllo della telecamera, con una strana e fastidiosa soluzione che vede la camera virtuale ruotare di 45°, accompagnata da un effetto dissolvenza di qualche secondo come a coprire questa transizione. Fortunatamente però smanettando nelle opzioni è possibile disattivarla optando per un sistema più vicino a quello degli fps, anche se, pure in questo caso ogni movimento della telecamera tramite il controller viene evidenziato da un pesante effetto vignettatura che lo accentua riducendo l’area visibile. Se tutto questo non bastasse il gioco è accompagnato da infelici scelte artistiche che rendono l’esperienza veramente terrorizzante, ma non in senso buono. Fin dalla schermata d’inizio l’immagine è afflitta da un pesante effetto “blur” che rende sfocata la scena nella sua totalità, che unito ai movimenti non proprio convincenti del personaggio (come detto dovuti anche a causa dei controlli) fanno sembrare il tutto più un “drunk simulator” che non un’avventura horror.

L’abbassamento di risoluzione dovuto all’uso del visore per permettere al gioco di girare senza troppi problemi è fin troppo marcato e va ad influenzare in particolar modo le ambientazioni più aperte e spaziose, rendendo praticamente impossibile distinguere oggetti in lontananza. Tutto questo si riflette anche sulle atmosfere che perdono d’efficacia nonostante la buona composizione a livello artistico. C’è da dire che il titolo ha la valenza di un prodotto indie, e certe considerazioni su alcuni elementi tecnici possono essere ridimensionate proprio in questa ottica (vedi la conta dei poligoni, i numerosi bug o compenetrazioni dei modelli 3D e così via) ma la questione relativa alla qualità dell’immagine non è perdonabile ed è uno degli elementi che più ha influito nella nostra prova. Ed è un peccato, perché nell’insieme Here They Lie ha tanto potenziale, come ad esempio il sublime accompagnamento musicale, che è uno dei punti più riusciti del gioco. Grazie all’audio 3D ogni singolo verso, ogni rumore metallico o suono viene percepito dall’esatta direzione in cui arriva, e in un prodotto pensato per spaventare un sound design di questa portata è encomiabile e riesce a svolgere il grosso del “lavoro” sul fattore paura. Meno convincente l’adattamento italiano, dove la qualità recitativa degli attori è abbastanza piatta e monotonale. Oltre ai dialoghi anche i testi sono adattati nella nostra lingua, ma a causa dei problemi legati all’aspetto grafico, sarà una vera sfida riuscire a mettere a fuoco per poterli leggere con facilità.

Verdetto
6 / 10
Nell'edizione limitata, un pratico sacchettino per il vomito
Commento
Il primo horror su PlayStation VR non riesce a convincere come speravamo. Nella manciata di ore necessarie per portare a termine l'avventura di The Tangentlemen ci siamo trovati più a combattere contro il sistema di controllo del gioco e la sua grafica "sfocata" che non contro le creature del gioco stesso. Questi due aspetti sono i punti critici di Here They Lie, che purtroppo non riesce ad emergere nonostante ci fossero i presupposti per farcela. Di buono però va sicuramente premiato il comparto sonoro, che riesce veramente a creare la giusta atmosfera e in generale la direzione artistica, azzeccata per il tipo di produzione che però crolla definitivamente per colpa di una storia mal raccontata e troppo confusa.
Pro e Contro
Direzione artistica azzeccata
Sound design immersivo
Belle atmosfere...

x ...Stroncate dalla realizzazione tecnica
x Controlli da rivedere
x Storia inconcludente
x Spaventa, ma non troppo

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