“Perdonate l’attesa, Mr. Flores…”
Quasi profetiche le parole che il buon Tim Schafer scriveva come prima linea di dialogo per Grim Fandango, nell’ormai lontano 1998, e che, con un tocco d’ironia, vengono pronunciate diciassette anni dopo, all’alba della prima uscita digitale, in versione rimasterizzata, della geniale avventura noir creata dal boss di Double Fine.
Nei panni del tristo mietitore/agente di viaggio Manuel “Manny” Calavera, dovremo ancora una volta imbarcarci nel viaggio quadriennale dell’anima, che ci porterà a (ri)scoprire losche cospirazioni, amori tragici e la malsana passione per i motori e l’alta velocità di un certo demone della terra troppo cresciuto. Ma soprattutto che se l’aldilà è terribilmente uguale all’aldiquà, la morte non è che l’inizio dei guai… Versione testata: PCPer i fan di vecchia data, c’è poco da dire a livello di trama: Grim Fandango è uno degli ultimi titoli, e probabilmente uno dei migliori, dell’era d’oro delle avventure grafiche. I fan dell’ultim’ora, invece, non potranno fare a meno di lasciarsi catturare dalle atmosfere da film noir della prima metà del ‘900, trasposte con la tipica leggerezza ironica di Schafer nell’aldilà della Terra dei Morti.
Come già accennato, la trama segue buona parte dei cliché dei film di Humprey Bogart, da Casablanca a Il Falcone Maltese, condito da una marcata dose di humor nero e una decisa deriva stilistica verso l’Art Decò Newyorkese e il folklore messicano. Compito dei defunti è quello di attraversare la Terra dei Morti in un pericoloso viaggio di quattro anni, che può essere abbreviato o reso più sicuro acquistando uno dei pacchetti viaggio disponibili. Ad una vita più corretta e onesta corrispondono migliori possibilità, fino ad arrivare all’ambito Numero Nove, un treno dai biglietti dorati che compie il viaggio in quattro minuti.
Compito degli agenti del Dipartimento della Morte (un curioso ibrido tra ufficio immigrazione e agenzia viaggi) è quello di far spendere il più possibile per il pacchetto migliore i recentemente trapassati, in modo da poter a loro volta scontare i propri peccati in vita e avere accesso al Nono aldilà. Tra questi troviamo il buon Manuel Calavera, un tempo venditore al top, i cui giorni di gloria sono ormai lontani, incastrato con clienti miserabili e impossibilitato a vendere alcunchè. La scelta di rubare un cliente (la bella Mercedes Colomar, Meche per gli amici) al collega e rivale, Domino Hurley, getterà la non-vita di Manny nel caos più totale, fino a scoprire una cospirazione criminale che minaccia di compromettere per sempre l’intero sistema della Terra dei Morti.Graficamente, diciassette anni sono pesanti da sopportare per un titolo videoludico, specialmente per un titolo fresco fresco di terza dimensione. Grim Fandango, come molti suoi contemporanei del genere,
riusciva a rendere l’illusione della tridimensionalità grazie a fondali prerenderizzati sui quali venivano applicati dei “blocchi di passaggio” invisibili, che delimitavano le aree percorribili dai giocatori. Tuttavia, mentre nel complesso l’intera atmosfera della Terra dei Morti (dalle ambientazioni cittadine di El Midollo, alla maestosa piramide azteca che fa da portale verso il Nono Aldilà) ha retto bene il passare del tempo, presi singolarmente i vari scenari risentono della loro data d’origine. Fortunatamente, lo sforzo di Double Fine per svecchiare il gioco è notevole, così come lo è l’impegno di Tim Schafer & co. nell’implementare novità che derivano in parte dalla collaborazione con i fan.
Altra miglioria, che contribuisce decisamente a mitigare la grafica più datata dei set prerenderizzati è l’inclusione di luci dinamiche e texture in alta definizione per i vari modelli poligonali di oggetti e attori. Il risultato è uno stacco meno netto tra le varie cutscene e l’esperienza di gioco vera e propria, assieme ad una migliore integrazione dei protagonisti nei set d’ambientazione, rendendo i personaggi più simili alle calacas reali (le statuette a forma di scheletro vestito tipiche della cultura messicana, e su cui si basa il design del gioco).
Il miglior utilizzo dei giochi di luce, inoltre, consente a Double Fine di evitare i marcati contrasti, che c’erano in molti set con inquadrature a campo largo, tra attori e sfondi, che in origine risultavano in una forte diminuzione dell’immersività. Un esempio fra tutti è il pagliaccio della Fiera dei Morti, nella El Midollo del primo anno: nella versione del ’98, i colori accesi del personaggio erano talmente visibili anche nella panoramica della fiera che risultava evidente la necessità di interagirci, e catturava lo sguardo del giocatore distogliendolo dalla scenograficità dell’inquadratura. L’applicazione di una luce dinamica, in questo caso, ha reso il modello del pagliaccio più opaco nell’inquadratura larga, confondendolo con gli elementi 2D del fondale senza spezzare. Allo stesso modo, il passaggio da ombre pregenerate a dinamiche ha eliminato molte situazioni in cui il volto e le espressioni dei protagonisti risultavano oscurate da un’area nera, sostituendole con chiaroscuri più naturali. Ovviamente, come già successo anche nelle remastered di Monkey Island e LeChuck’s Revenge, anche in Grim Fandango sarà possibile disabilitare le modifiche visive, e passare alla versione originale in qualsiasi momento con la semplice pressione di un tasto.Tuttavia, mentre i precedenti punti sono perlopiù indirizzati ad un’utenza nuova, per la quale è necessario realizzare un’esperienza di gioco più vicina agli standard attuali, sia di gameplay che visivi, Double Fine ha pensato anche ad alcune chicche per i giocatori più nostalgici, o quelli come il sottoscritto che hanno già all’attivo diverse visioni del filmato finale. Per questo tipo d’utenza, il piatto forte di Grim Fandango Remastered è sicuramente l’aggiunta del commento audio degli sviluppatori, attivabile dal menù extra incluso in quello principale, suddiviso in tante brevi sequenze audio richiamabili con un pulsante in determinati punti.
Grazie a questa struttura, l’esperienza si trasforma notevolmente, da semplice visione e interazione con il mondo di gioco a una sorta di “dietro le quinte” parallelo all’azione vera e propria. Si passa dapiccole indiscrezioni su contenuti tagliati, a retroscena sulla nascita di particolari personaggi e situazioni (memorabile è il resoconto di come Schafer abbia essenzialmente preteso l’inserimento di un enigma nel terzo anno di gioco in ricordo di una bravata in ascensore ai tempi del college), o anche vere e proprie spiegazioni degli enigmi con tanto della sequenza di azioni da realizzare per superarli, sebbene quest’ultimo caso sia molto raro ed usato comunque al fine di informare il giocatore di alcuni dettagli di produzione. Da questo punto di vista risulta vincente l’atmosfera goliardica del team di Double Fine, che riesce a presentare dettagli più tecnici in maniera leggera e divertente, senza annoiare il giocatore.
Chiaramente non è un extra consigliato ai neofiti, perchè distoglie il focus principale dell’attenzione dalle vicende in tempo reale di Manny, tuttavia risulta quasi fondamentale per mantenere vivo l’interesse da parte di chi, dopo diciassette anni, ricorda quasi a memoria i vari enigmi. A completare il tutto, come ciliegina sulla torta, è l’aggiunta di nuovi arrangiamenti audio della già eccellente colonna sonora, realizzati per l’occasione dalla Melbourne Symphony Orchestra.
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