La natura selvaggia, la lotta infinita contro tutto ciò che ci circonda, l’esplorazione folle e la sopravvivenza dalla natura, la sensazione di essere braccati e quella di non aver altro che se stessi per affrontare le avversità; questi sono da sempre i tratti distintivi di Far Cry, la serie sparatutto in prima persona che ha fatto della libertà e del single player i suoi tratti distintivi. Libertà intesa sia al livello di movimento per la mappa (solitamente enorme) che di approccio alle varie situazioni che si andranno a parare davanti al giocatore. Nella serie, dopo Crytek, è arrivato il turno di Ubisoft che ci porta, questa volta, con Far Cry 3 tra le terre (e la sabbia) dell’inferno travestito da paradiso di Rook Island, che tenta con un ritorno all’ambientazione tropicale di riavvicinare gli appassionati dopo la scivolata del secondo capitolo, che malgrado un’ambientazione enorme e variegata (che sfociava nella ripetitività) non ha mai saputo prendere gli utenti anche per una trama piuttosto scialba. Per 4 anni gli Ubi Studios hanno lavorato su questo titolo, per cercare di dare ai videogiocatori un titolo che li riportasse ai fasti del primo capitolo, con alcune idee interessanti ed una realizzazione tecnica di livello assoluto e particolarmente godibile su pc, la domanda sorge spontanea: un brand potenzialmente ottimo come Far Cry è tornato ai suoi fasti o ci troviamo davanti ad un’occasione persa?
Partendo da un’appropriata citazione da “Alice ed il paese delle meraviglie” (citazioni di cui il gioco è ricco) ci ritroviamo letteralmente paracadutati sull’arcipelago del Sud Est asiatico meta delle vacanze di Jason Brody e dei suoi amici, un paradiso terrestre in cui prendere il sole e sentirsi i Re del mondo, se non fosse che l’isola nasconde insidie e pirati che non si lasciano scappare l’occasione di catturare “la preda più pericolosa del mondo” poiché il rapimento ed il traffico di schiavi sono solo un paio dei loro sporchi affari. Con grande fortuna Jason si ritroverà intrappolato faccia a faccia con Vaas Montenegro, il folle (come la moda del momento impone) capo dei pirati, che non ci penserà due volte ad umiliare i suoi prigionieri. Sin dai primi minuti infatti sarà ben chiaro chi sia il nostro antagonista e dopo una rocambolesca fuga la vendetta diventerà il nostro pane quotidiano, condito dall’obiettivo di salvare gli amici del protagonista più modaiolo di tutti i tempi, ma che in breve si trasformerà in uno spietato assassino e “uomo esercito”. La prima parte della campagna (in realtà per un buon 75%) si ambienterà sulla più grande isola dell’arcipelago, in cui entreremo a far parte dei ribelli che combattono contro i pirati, ovvero gli indigeni Rakyat e dovremo colpire i nostri nemici nel loro punto più vulnerabile e sensibile: al portafogli! Ostacolando il loro traffico di droga e mandandolo in fumo, azioni che faranno innervosire il già citato Vaas – che per sua sfortuna continuerà a sottovalutare il caro Jason – ed il suo capo: il criminale affarista assassino senza scrupoli Hoyt, la vera mente dietro i traffici illeciti e gli spargimenti di sangue, che ha plasmato lo stesso Vaas e lo ha convinto a tradire la sua stessa gente.
L’esperienza di Far Cry 3 però non si limita, come è ovvio che sia, a questo; oltre a personaggi secondari che come follia non hanno nulla da invidiare a quelli principali, ma con risvolti psicologici diversi ed a tratti poco “realistici” (come un gioco che vuole restare fedele al suo incipit da “Alice nel paese delle meraviglie deve fare” nd Alessio) a fare da contorno ci sono anche una moltitudine di attività e missioni secondarie, oppure azioni di supporto e di esplorazione che ci aiuteranno e renderanno leggermente più varia l’esperienza di gioco: possiamo ampliare il nostro inventario andando a caccia e raccogliendo le pelli necessarie (alcune ottenibili solo da animali rari durante apposite missioni), le prove dei Rakyat metteranno invece a dura prova le nostre abilità di volta in volta con ricompense variabili in base al punteggio conseguito, eventi random in giro per la mappa ci faranno aiutare i ribelli o ignorarli (ovviamente se sceglieremo di aiutarli otterremo delle ricompense) ed infine le attività più importanti, quelle che ci faranno passare da una situazione in cui dovremo strisciare nell’ombra cercando di non essere visti ad una in cui diverremo i padroni dell’isola: l’attivazione delle torri radio che riveleranno porzioni della mappa e che ci consentiranno di ottenere gratuitamente armi dai negozi, e la conquista degli avamposti controllati dai pirati, per metterli sotto il nostro controllo, liberare alcune aree dall’influenza dei pirati stessi, permetterci degli spostamenti rapidi e sbloccare delle missioni secondarie come le cacce al ricercato, che per tradizione Rakyat impongono di uccidere il bersaglio di turno con il solo uso del coltello.
Tutto ciò fa in modo che la compenetrazione tra la trama e la componente esplorativa sia di assoluto livello, peccato che dopo diverse ore di gioco alcune meccaniche cadano in una imbarazzante ripetitività, imbarazzante almeno quanto la stupidità artificiale dei nemici.
Se nella trama principale (con le dovute eccezioni) le missioni prevedono per la maggior parte un approccio brutale ed a testa bassa, le altre attività presenti nel gioco consentono di essere affrontate anche in maniera stealth: con l’uso della fotocamera di Jason potremo ispezionare l’area di nostro interesse e marcare i nemici per osservarne gli spostamenti e strisciare non visti o di tanto in tanto liberare degli animali per lasciar fare a loro il lavoro “sporco” ed ottenere il massimo risultato con il minimo sforzo; se invece vorremo sporcarci le mani noi stessi potremo sfruttare la natura a nostro vantaggio: erba alta, alberi, rilievi e fiumi saranno i nostri grandi alleati spesso presenti considerata l’ambientazione; oltre a tanti altri fattori come il rumore dei passi oppure se il movimento viene effettuato da accucciati o da piedi; un investimento massiccio nelle abilità del Ragno ci permetterà di usare il nostro coltello e le armi del nemico a nostro vantaggio, senza neanche fargli capire cosa lo ha colpito. Piuttosto scontata ed a volte fastidiosa a questo punto l’ispirazione ad Assassin’s Creed che traspare nelle fasi di “eliminazione silenziosa” in cui sembra di rivivere (tranne che nelle eliminazioni dall’acqua, n.d.r.) le gesta di Altair e degli altri avi di Desmond.
Per quanto riguarda le fasi di shooting, ben rese le diverse caratteristiche delle armi e ottima l’idea di implementare un sistema di coperture, che permette di sporgersi e sparare ai nemici quel tanto che basta per poi ritornare “sotto coperta” oppure sparare rimanendo coperti, questa caratteristica però non è stata realizzata come si sperava, anzi, pare fatta in maniera grossolana, in fretta e furia quasi per dare un aspetto più completo al gioco.
Ogni azione che andremo a compiere nel gioco, sia essa una eliminazione speciale o meno di un nemico, oppure un colpo alla testa, il completamento di una missione principale o secondaria, di una caccia o dell’eliminazione di un ricercato, andrà a rimpinguare i nostri punti esperienza, permettendoci una volta raggiunta una determinata cifra di spendere dei punti abilità in un albero composto da tre rami, caratterizzati dal tipo di approccio che le abilità ivi contenute ci consentiranno di tenere nel gioco: l’Airone per potenziare il movimento ed ottenere dei vantaggi con cui uccidere più facilmente dalla distanza, lo Squalo migliora le abilità di cura di Jason e gli consente di attaccare con maggiore ferocia i nemici direttamente ed il Ragno, grande amico di chi fa della sopravvivenza e delle uccisioni di soppiatto uno stile di vita. Non preoccupatevi di dover scegliere, la moltitudine di attività presenti a Rook Island vi consentirà di ottenere abbastanza punti abilità per incidere sulla pelle di Jason l’intero Tatau; punti abilità che sarà per possibile investire solo una volta che si sarà andati avanti nella trama.
Dal lato multiplayer cominciamo con il parlare di quello che è la cooperativa di Far Cry 3: in un’isola diversa da quella del single player, alcuni mesi prima diversi protagonisti sono alla ricerca della loro personalissima vendetta (con un piccolo tornaconto) verso il capitano che li ha venduti ai mercenari locali che fanno come sempre capo al buon (si fa per dire) Hoyt! Percorrendo diversi paesaggi si intervalleranno fasi in cui bisognerà cercare degli oggetti per completare l’obiettivo di turno, far saltare in aria qualcosa, semplicemente avanzare facendosi strada sparando ed infine delle fase “competitive” in cui bisognerà tentare di fare il punteggio più alto per ottenere dei considerevoli bonus EXP; tutto ben articolato e con una soddisfacente difficoltà, ma con una componente stealth ed una libertà ridotta a zero, la struttura infatti sarà quasi sempre simile ad un banale tunnel.
Il multiplayer competitivo di Far Cry 3 sfrutta le ormai immancabili features: punti esperienza e livellamento e classi, ricompense ed armi relativamente personalizzabili, con l’aggiunta degli “Urli di Guerra” che un personaggio può eseguire per rinforzare gli elementi della propria squadra vicini e le “simpatiche” Mosse Finali, ovvero animazioni in cui i primi 3 classificati del team vincitore sfottono o confortano il primo del team perdente. Con un design delle mappe adeguato al tema del titolo ed una architettura decisamente ben realizzata, alle modalità più classiche vengono accostate altre che sfruttano appieno il contesto del gioco: come ad esempio la modalità Rogo, che pur essendo riconducibile ad un banale Re della Collina aggiunge la possibilità di sfruttare dei piccoli incendi a proprio vantaggio.
Infine: l’editor delle mappe, con le sue caratteristiche che consentono a qualsiasi utente di creare le proprie mappe multiplayer e di modellarne le più disparate caratteristiche a suo piacimento rende il titolo potenzialmente infinito in rete, ma è oggettivamente una caratteristica pc-oriented, a chi gioca su console, in questo caso, non resta che guardare e “piangere”.
Sul sonoro nulla da eccepire: un doppiaggio interamente in italiano ben realizzato e con una interpretazione ineccepibile adeguata a rappresentare le sfumature di ogni personaggio e musiche in alcuni situazioni “esaltanti”.
Dal punto di vista grafico: di marca tedesca, il fratello minore del CryEngine 3, il Dunia Engine 2 riesce ad esprimersi al meglio (come è ovvio che sia) su PC, ma fa la sua porca figura anche su console, Xbox 360 o Playstation 3 che sia, garantendo un impiego di altissimo livello di illuminazione dinamica appagante, effetti particellari, shader come se piovesse, oltre a consentire l’uso di una quantità virtualmente infinita di modelli poligonali e di texture lavorate in maniera maniacale (in senso buono ovviamente!), tutto ciò va amplificato per se si considera l’enormità della mappa su cui ci troveremo a girare, caratteristiche che fanno ampiamente perdonare qualche piccolo calo di frame rate ed i classici problemi “open-world”-oriented. In quanto al level-design invece, alcune ambientazioni suggestive, in particolare sotterranee o archeologiche, fungono da discreto palliativo alla ripetitività dell’esterno, caratteristica dovuta al fatto di trovarsi su un’isola, ma che essendo la location in cui ci si troverà per maggior parte del tempo, sarà anche quella che rimarrà più impressa.
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