Era la fine del 2006. Un intrepido fotoreporter indagava su un’improvvisa epidemia zombie scoppiata nella cittadina di Willamette e Xbox 360 era pronta ad accogliere una delle ultime creazioni di Keiji Inafune, lo storico padre di Mega Man, intento a regalare alla storia un’action che rivisitava il genere dei survival horror a cui eravamo abituati fino a quel momento. Esagerato ed eccessivo, Dead Rising prendeva continua ispirazione dalla filmografia di uno dei capisaldi del genere zombie, George Romero, creando un letale e divertente mix di azione e divertimento. A distanza di 7 anni, tra passaggi di consegne e salti generazionali, tocca a Dead Rising 3 raccogliere l’eredità e spingere la saga verso la nuova generazione, in esclusiva per Xbox One.
Sono passati 10 anni (narrativi) dagli eventi di Dead Rising 2. L’epidemia che abbiamo imparato a conoscere a Willamette e a Fortune City sembra aver preso risvolti ben più peggiori dilagando a livello mondiale. Per contenere i danni, il governo ha iniziato un’operazione di contenimento, impiantando un chip cutaneo nei sopravvissuti capace di rilasciare ad intervalli regolari una dose di Zombrex, il prezioso vaccino al centro delle nostre ricerche nei precedenti capitoli. In DR3 vivremo le sfortunate avventure di Nick Ramos, un meccanico pronto a tutto pur di riuscire ad abbandonare l’ormai quasi devastata città di Los Perdidos, cercando in tutti i modi di escogitare un piano di fuga prima che la città venga distrutta. Nick avrà a disposizione 6 giorni per fuggire e mettersi in salvo, e dovrà farlo affidandosi e collaborando con i pochi sopravvissuti che incontrerà nel corso della sua avventura, non tutti così disponibili e pronti a dare una mano. Non solo, il povero Nick dovrà fare i conti anche con i diversi Psicopatici che infestano le strade di Los Perdidos e che non ci penseranno su due volte a farci la pelle. Per non parlare poi delle migliaia di zombie che invadono ogni angolo della città.
In questo nuovo capitolo i non morti sono più che mai protagonisti. Se nel corso degli anni il numero di zombie presenti è cresciuto di capitolo in capitolo, in DR3 ha subito un’impennata esponenziale verso l’altro grazie alla potenza di calcolo di Xbox One. Ogni centimetro quadrato della città è tappezzato di nemici rendendo persino difficoltoso in alcuni frangenti il semplice camminare a piedi o peggio ancora durante le fasi notturne, dove i nostri putridi amici saranno ancora più irrequieti e affamati di cervelli. Il colpo d’occhio di DR3 è fenomenale. La sensazione che si ha giocando è quella di essere veramente con le spalle al muro, pronti ad affogare in questo tsunami di zombie che si perde fino all’orizzonte senza sapere quale sia il destino che ci attende.
DR3 abbandona anche la struttura punitiva dei precedenti episodi, che specialmente nel primo capitolo costringevano il giocatore ad un forzato trial and error per riuscire a portare a termine il gioco. Qua diremo addio alle corse contro il tempo vissute nei prequel, niente timer od eventi attivabili in determinati orari. La progressione seguirà i ben più classici capitoli nei quali sarà possibile esplorare in tutta tranquillità tutta Los Santos, senza la pressione di dover concludere in fretta e furia il nostro girovagare. Anche la gestione dei salvataggi adesso è diventata più flessibile, permettendo di salvare i propri progressi in qualsiasi momento e non solo nelle apposite aree come in passato. Resta la questione temporale solamente per le missioni secondarie, che si attiveranno con il progredire della storia e che andranno completate prima dello scadere del timer. Anche qua però l’apertura ad una struttura più friendly ha reso il tutto molto meno frenetico e stressante. A proposito delle numerose missioni che ci troveremo ad affrontare si alternano fra vere e proprie quest secondarie, nelle quali dovremo recuperare determinati oggetti o esaudire alcune folli richieste da parte di sopravvissuti piuttosto esigenti, ad altre di salvataggio, dove basterà liberare l’aria dove si trova il malcapitato di turno. Una volta completato il nostro compito a seconda del personaggio questo deciderà autonomamente se mettersi in salvo, per contro proprio o unirsi a noi, creando così un gruppo da utilizzare fra una missione e l’altra. La gestione del gruppo si potrà effettuare nelle apposite safe house, rifugi sparsi qua e la per la città dove potremo scegliere chi portare con noi oltre al nostro equipaggiamento e all’abbigliamento.
Altra miglioria di DR3 riguarda la creazione di armi. Se nel secondo capitolo era possibile combinare fra loro un altissimo numero di armi ed oggetti creando alcune fra le più strampalate e bizzare mai apparse in un videogame, DR3 fa ancora di più aumentando esponenzialmente le combinazioni possibili, aprendo al giocatore la possibilità, essendo Nick un meccanico, di costruire ed assemblare anche veicoli. Ottima la scelta di Capcom Vancuver di consentire al giocatore di poter combinare due o più oggetti in qualsiasi punto della mappa e non più negli appositi banchi di lavoro, rendendo questo processo più snello e rapido. E se il fan più incallito della serie, vedendo tutte queste modifiche alla struttura e al gameplay originario dovesse temere in un ammorbidimento del gioco verso un utenza più casual (cosa che potrebbe sembrare ma di fatto non è) ecco comparire nel menù principale la Modalità Inferno, che se selezionata proporrà DR3 nella classica veste, con missioni a tempo e salvataggi in punti determinati. La possibilità poi di condividere lo stesso slot di salvataggio permette anche di passare senza problemi da una partita all’altra, senza perdere i progressi fatti. Infatti come nei precedenti capitoli, anche Nick salirà di livello, seguendo però questa volta una progressione simil RPG che permette di personalizzare il proprio protagonista in base ai propri gusti ed esigenze, aumentando varie caratteristiche come la salute, la resistenza o il quantitativo di oggetti che è possibile portarsi dietro. Per esempio, specializzare Nick nell’uso delle combo relative alla creazione degli oggetti, garantirà di migliorarsi in una precisa categoria, rendendo più semplice la creazione di un’arma, che non necessiterà più di due oggetti prestabiliti ma di due appartenenti alla stessa classe. E per chi decidesse di affrontare l’avventura con un amico, DR3 mette a disposizione una modalità cooperativa a due giocatori, i quali potranno collaborare insieme seguendo il fluire della storia o essere del tutto indipendenti lasciandosi la trama alle spalle e buttandosi a capofitto nel cazzeggio più totale o nella ricerca di collezionabili. In qualsiasi modo vada a finire la vostra partita, il vostro ospite potrà giocare con voi in qualsiasi momento. Nonostante la presenza di qualche problema relativo all’ingresso in partita, spesso non molto reattivo e non proprio immediato e a diversi bug o crash improvvisi, questa modalità risulta apprezzabile e decisamente divertente, grazie alla tanta libertà concessa dal gioco. Purtroppo l’ospite non salverà i progressi relativi alla storia, limitandosi a tracciare i progressi fatti per tutte le attività collaterali, evitando così di creare conflitti fra le partite.
Sul fronte tecnico DR3 è il titolo fra le esclusive Microsoft che più soffre del passaggio generazionale. Nato su Xbox 360, il gioco Capcom ha risentito del cambio avvenuto in corsa . Come accennato qualche riga fa, al primo impatto il colpo d’occhio è più che buono. Centinaia di zombie su schermo, con una buona varietà per quanto riguarda la generazione delle skin dei non morti e diversi effetti attivi a schermo. Ad un’analisi più attenta però si possono notare invece diverse cose che lasciano l’amaro in bocca e che sono sintomatiche di uno sviluppo frettoloso e travagliato. La città di Los Perdidos, sebbene molto più ampia rispetto alle ambientazioni dei precedenti capitoli non riesce a godere della sterra varietà stilistica dei suddetti. È vero, è possibile visitare un numero impressionante di interni, in alcuni casi con uno sviluppo volto alla verticalizzazione delle location, ma in linea generale la città risulta parecchio anonima, priva di punti d’interesse o riferimenti di spicco, come ci si dovrebbe aspettare da un sandbox di questa portata. Anche gli zombie a schermo, in un numero in alcuni tratti inquantificabile da tanto che lo schermo ne sarà intasato, mostrano alcune limitazioni, piccoli trucchi per garantire una presenza così massiccia nella visuale di gioco. Infatti basterà fermarsi qualche istante su un altura o un veicolo posteggiato per accorgersi che solamente gli zombie adiacenti a noi saranno animati mentre basterà allontanarsi qualche metro con lo sguardo per vedere i nostri amici zombi inermi ed imbambolato ad aspettare il nostro arrivo.
Altro elemento poco next gen, nonostante l’installazione obbligatoria su hard disk è la presenza di un fastidioso effetto pop-up, non solo per alcuni elementi in lontananza, come sarebbe lecito aspettarsi, ma anche di quelli più vicini, notabili soprattutto nel passaggio fra gli ambienti esterni e quelli al chiuso.
Nulla da dire invece sull’interazione con l’ambientazione, quasi totale per quanto riguarda gli oggetti e le armi, reali o improvvisate disponibili in tutto il gioco. Buoni i modelli poligonali dei protagonisti, nulla che faccia gridare al miracolo intendiamoci, ma nel complesso ben realizzati e soprattutto espressivi. Buona anche la varietà delle texture e la loro qualità o il sistema di illuminazione ambientale, che riesce a dare corpo con i lui cambiamenti fra le varie ore del giorno. In ultima analisi una piccola precisazione per alcuni aspetti meramente tecnici che sono stati oggetto di discussione nei giorni precedenti al lancio. Come ben sappiamo, vuoi per la fretta, vuoi per una scarsa ottimizzazione del motore di gioco, DR3 vanta una risoluzione settata a 720p con un frame rate che si aggira intorno ai 30fps. Gioco alla mano purtroppo sono molti i momenti nei quali la fluidità collassa al di sotto dei 30fps agognati, in particolar modo durante le fasi di guida più affollate, dove anche i meno attenti noteranno vistosi e fastidiosi cali di fluidità.
Presente anche un doppiaggio completamente in italiano, senza infamia e senza lode, ma comunque apprezzabile. Meno presente la colonna sonora, che a parte la presenza di qualche brano elettronico e una opening cantata, la soundtrack di DR3 fatica a farsi sentire, lasciando il giocatore in balia dei rumori ambientali, salvo qualche caso raro durante le cut-scenes e alcuni interni, come i negozi.
Il gioco si avvale anche dell’uso del Kinect. Un uso marginale a dire il vero e anch’esso come per alcuni aspetti della grafica, vittima della fretta. A parte la possibilità di poter navigare nella maggior parte dei menu del gioco tramite l’uso dei comandi vocali, ci saranno alcune situazioni in game che richiederanno il nostro intervento vocale. Ad esempio sarà possibile attirare verso di noi gli zombie, liberando così la strada di fronte a noi o interagire con i sopravvissuti ordinandogli di seguirci o aspettare dove si trovano. Anche i sensori infrarossi del pad vengono letti dal Kinect ed usati quando saremo sotto attacco. Basterà agitare il pad per scrollarsi di dosso il nemico che ci ha appena agguantato o che cerca di tirarci fuori dal veicolo che stiamo guidando. Sotto questo aspetto poteva sicuramente essere fatto di più dando così un senso al Kinect e al suo utilizzo all’interno del gioco. Altra funzione utile ma non indispensabile riguarda la companion app disponibile tramite Smartglass, scaricabile gratuitamente da App Store, Google Play e Marketplace per smartphone e tablet. Avviata ci permetterà di avere in tempo reale alcuni dati come il numero di zombie uccisi, le abilità sbloccate e cosa realmente utile una mappa che ci permette di avere sottomano una visione precisa e dettagliata dell’area di gioco.
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