La maledizione che mi ha colpito ha ormai completamente corroso il mio corpo, rendendomi nell’aspetto poco più di un cadavere che cammina… Anche la mia mente, ormai, è sempre più spesso in balia dei miei impulsi più primitivi ed aggressivi; fatico a ricordare il me stesso di un tempo. Una sera, in un barlume di lucidità, mi ritrovai riverso sul pavimento di un minuscolo tempietto di pietra; vestito di pochi stracci e senza la minima idea del tempo trascorso dal mio ultimo pensiero coerente. Feci ricorso a tutta la forza di quel debole corpo per alzarmi in piedi e iniziai ad osservare l’ambiente attorno a me: non vidi null’altro che una scura grotta dall’ampia volta, illuminata solo da una luce che filtrava da una crepa e che mi richiamava a sé…
Ed è così che iniziai il mio cammino, il cammino del maledetto…
Ancora una volta, un maestoso regno oramai caduto in disgrazia ci accoglie nelle sue terre.
Dopo le lande di Boletaria del primo Demon’s Soul e la Lordran presentataci in Dark Souls, in Dark Souls II il nostro compito sarà di esplorare Drangleic ed i vasti e vari territori di questa grande isola.
Fin dal primo secondo di gioco, ancora prima di creare il personaggio, siamo immersi nei suggestivi scenari ed effetti di luce che il titolo di From Software ci presenta, e poco dopo l’area del tutorial, una volta giunti a Majula, la nuova incarnazione del caro concetto di Nexus di Demon’s Souls, la bellezza dello scenario che si presenta agli occhi di chi gioca toglie quasi il fiato. Un senso di meraviglia che si prova svariate volte man mano che si esplora il vasto mondo di gioco, così ampio da rendere necessario fin da subito la possibilità di teletrasportarsi tra i vari falò accesi dal giocatore. L’unica nota negativa dell’alto numero di locazioni e della loro varietà è che talvolta alcune parti di un’area potrebbero dare l’idea di non essere particolarmente ispirate, ed i giocatori di lunga data potrebbero avvertire un senso di deja vù in alcuni luoghi, arrivando persino a chiamare alcune aree come “La nuova versione” di un posto di uno dei precedenti giochi. Questo senso di deja vu sfortunatamente si fa sentire anche con una manciata degli svariati personaggi che popolano il mondo di gioco, e che più di una volta ci accompagneranno nei nostri viaggi.
Dal punto di vista del gameplay questo gioco è il perfetto figlio dei suoi due celebri parenti, e molte meccaniche sembrano aver preso ispirazione dal meglio di entrambi, apportando persino alcune innovative modifiche che rivoluzionano, alcune volte in maniera significativa, il gameplay.
Per quanto riguarda l’equipaggiamento, ad esempio, non ci saranno più due slot per braccio, ma addirittura tre, in modo da poterci equipaggiare al meglio per ogni situazione senza dover rinunciare ad avere una tattica pronta per ogni evenienza, e sarà possibile non solo impugnare a due mani l’arma primaria, ma persino quella secondaria, in modo da trasformare in casi critici un semplice scudo in una resistentissima protezione in grado di salvarci. Altra aggiunta molto interessante è la possibilità di equipaggiare quattro anelli, introduzione molto utile dovuta al fatto che spesso i patti (o Covenant) a cui potremmo legarci richiederanno di indossare un anello per poterne sfruttare i benefici.
Altre modifiche importanti risiedono negli incantesimi, che pur avendo un numero limitato di utilizzi come in Dark Souls, ora possiedono delle cariche che non solo possono essere ripristinate tramite l’utilizzo di speciali consumabili, ma al crescere del nostro parametro “volontà” ogni pergamena di incantesimi ci fornirà un numero sempre maggiore di lanci. Per compensare a questa modifica a favore degli incantatori (che una volta finiti i migliori incantesimi si trovavano sostanzialmente indifesi), ogni lancio consumerà la barra della stamina, e dopo un certo numero consecutivo ci dovremmo fermare per recuperare le energie. Queste ed altre variazioni di gioco (come le pietre per l’invocazione piccola, che permette di assistere un altro giocatore per un periodo limitato) forniscono a questo titolo una formula di gioco che potrebbe sì sembrare più facilitante, considerando inoltre che con certi rari oggetti è possibile riassegnare le caratteristiche, ma che risulta nel complesso più completa e varia.
Non pensate tuttavia che queste facilitazioni abbiano reso il titolo adatto a chiunque, il gioco rimane lo stesso alquanto brutale, ed ogni errore può concludersi con la perdita di parte della nostra umanità.
Difatti, tornando sui passi del capostipite, morendo da essere umano diventeremo esseri vuoti, ed ogni morte successiva ci porterà sempre di più sul percorso dei non morti, costringendoci a giocare da soli con dei punti vita massimali che si riducono ogni volta sempre di più, fino a ritrovarsi costretti a giocare con il 50% della propria salute. Quindi niente più umanità accumulabile, ma sfruttando un effige umana potremmo riassumere il nostro aspetto, e con esso la possibilità di richiamare altri giocatori nel nostro mondo. Ma non tutti i giocatori saranno pronti ad aiutarci, difatti come nel precedente capitolo è presente un patto di “invasori oscuri”, il cui scopo è quello di distruggere il signore del mondo invaso. Come se non bastasse, in un paio di aree segrete opzionali è presente un patto che ricorda molto i guardiani del bosco, che quindi ci invaderanno nel tentativo di bloccare la nostra avanzata, fino ad un massimo di 2 per volta. Se nello stesso momento dovessimo venir invasi da 2 invasori oscuri ci ritroveremmo a dover fronteggiare 2 squadre di 2 persone, che non solo devono cercare di uccidere il padrone del mondo, ma devono pure impedire all’altra squadra di ucciderlo per primi!
Tralasciando le altre numerose modifiche del gameplay, è degno di nota sottolineare l’ottimo lavoro realizzato da From Software nel miglioramento del motore di gioco, che si nota particolarmente nella cura dei vestiti e delle ombre presenti nel gioco, valorizzate soprattutto dalla possibilità di utilizzare una torcia per accendere i vari bracieri presenti in alcune della aree più buie del gioco. Come al solito l’atmosfera viene resa egregiamente dalle splendide musiche e dai soliti splendidi paesaggi a cui ci ha abituato From Software, che permettono dai punti più alti di vedere l’intera area di gioco e persino quelle circostanti (un po’ come avveniva in Dark Souls, dove se si era morti l’ultima volta a Lost Izalith, si poteva vedere la propria macchia di sangue dalla tomba dei giganti).
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