Quando nel 1997 il primo
Carmageddon sbarcò sugli scaffali d’oltreoceano (per approdare in Europa l’anno successivo), fu acompagnato da un’ondata di clamore: dai giocatori che lo acclamarono ai detrattori che lo bollarono come uno dei principali esempi di violenza videoludica (assieme alla neonata serie
GTA), tutti videro comunque nel titolo di
Stainless Games un punto di svolta,
segno indelebile che l’industria videoludica era pronta per un mercato più “maturo” con tematiche forti.
Sebbene titoli di combattimento su veicoli fossero già presenti abbondantemente sul mercato (basti pensare alla serie
Twisted Metal, che solo due anni prima faceva la sua comparsa su PSX),
Carmageddon elevava all’ennesima potenza l’aspetto brutale e arcade degli scontri, lasciando ai giocatori una libertà quasi assoluta nel vagare attraverso le vaste mappe di gioco, di volta in volta scoprendo nuove armi, aree o metodi per completare le gare (mescolando le modalità gara e battaglia in un unica mescolanza di distruzione).
In soldoni,
per l’epoca Carmageddon fu un titolo quasi rivoluzionario, ma dal 1997 ad oggi il mercato è decisamente cambiato, e la maniacale devastazione offerta nel remake di
Stainless Games non sembra più in grado di catturare come una volta.
Versione testata: PC
E’ ketchup quello?
Essenzialmente,
Carmageddon Reincarnation si presenta in maniera abbastanza fedele all’originale, il che, specie per i nostalgici, è decisamente un bene. Vedere mappe classiche come Bleak City, ricreate, si, in alta definizione, ma senza snaturare eccessivamente il materiale classico, può tranquillamente bastare per invogliare i vecchi giocatori ad una partita. Già di per sé, l’ampiezza delle aree potrebbe bastare a mantenere viva l’attenzione per un po’, ma l’altro lato della medaglia è che ben presto ci si rende conto che la qualità grafica delle location non è minimamente all’altezza dell’attenzione posta ai veicoli.
Certo, il cuore pulsante di
Reincarnation sono senza dubbio le auto (e la massiccia dose di danni che sono in grado di sopportare), che vedremo distruggersi mano a mano e con
una notevole attenzione ai dettagli dei danni durante gli scontri. Tuttavia, accanto a danni realistici, accartocciamenti e motori insanguinati in bella vista, avremmo decisamente gradito un po’ d’attenzione anche agli
scenari, che paiono più scenografie di cartone d’uno studio di posa che vere e proprie locazioni credibili.
Graficamente i livelli sono sottotono rispetto alle auto
Rispetto all’originale del ’97, inoltre,
Stainless sembra aver fatto un passo indietro anche nell’altro simbolo del titolo: i pedoni, destinati inesorabilmente al massacro sotto le ruote (o le armi) dei nostri piloti. Se nell’originale le loro voci e le loro reazioni di panico incontrollato contribuivano a dare un tocco d’atmosfera al titolo, in Reincarnation siamo davanti a semplici elementi di contorno, senz’anima, che si limitano a vagare, talvolta correndo, da una parte all’altra della mappa senza meta. Le uniche varianti sono date dalle armi, che talvolta costringono i pedoni sul posto incollati a terra, o a ballare incuranti del pericolo (rendendoli quindi una preda più facile).
Ben poco a che vedere a che vedere con i passanti terrorizzati d’un tempo. Piacevole, se non altro, la possibilità di personalizzare il colore del sangue, che strizza l’occhio all’ondata di censure che, a suo tempo, trasformarono le vittime prima in zombie dall’icore verde e poi in robot che perdevano olio se investiti.
Questione di Carma
A livello di gameplay, comunque,
Reincarnation fa la sua figura ed è in grado di garantire qualche piacevole ora di gioco, a patto di prenderle a piccole dosi.
Le arene checkpoint rendono il gioco ancora più frenetico
Le arene checkpoint meritano decisamente una menzione, in quanto amplificano il potenziale distruttivo delle originali gare, imponendo ai piloti di scontrarsi per la conquista dei punti di controllo. Se nelle normali missioni l’abbattere gli avversari è semplicemente opzionale (anche se decisamente soddisfacente), nella nuova modalità diventa indispensabile per arrestare la scalata altrui agli otto punti di vittoria. Senza contare che, a differenza della modalità classica, il respawn costante degli avversari e la possibilità di rubare punti ai nemici devastati rende il gioco ancora più frenetico.
L’adrenalina di cui
Carmageddon Reincarnation avrebbe dovuto fare il suo cavallo di battaglia, però, viene smorzata spesso e volentieri da
difetti tecnici, che sebbene fossero decisamente più marcati nella fase di early access, anche nella versione definitiva continuano a piagare il titolo. Prima e principale croce del remake di
Stainless sono
gli eterni e onnipresenti tempi di caricamento: ad ogni avvio di missione saremo chiamati ad attendere che l’area venga inizializzata, e il tempo che passeremo ad osservare la splash di caricamento, per un titolo del 2015, risulta veramente eccessivo.
Stesso dicasi per la
scarsa ottimizzazione, che forza macchine che sulla carta dovrebbero tranquillamente far girare il titolo senza troppi problemi, a sforzi decisamente superiori (in alcuni casi mostrando anche evidenti cali di frame persino in architetture recenti).
Fortunatamente
Stainless ha già confermato di essere al corrente dei problemi, e di lavorare su patch e correzioni varie anche oltre l’uscita dalla fase di Early Access, e
la componente multiplayer testata non sembra risentire eccessivamente dei problemi riscontrati in single player, anche se sin dal lancio non sono mancate sui forum di Steam segnalazioni di disconnessioni improvvise e crash.
Party like it’s 1997
Il vero problema di
Carmageddon Reincarnation, purtroppo, non deriva né da inconsistenze nella programmazione, né tantomeno da una qualità grafica altalenante. Quello che purtroppo manca al remake di
Stainless è
quel senso di innovazione e frenetica audacia che, nel 1997, aveva trasformato un titolo di combattimenti automobilistici come tanti in un simbolo dell’evoluzione nei contenuti e nelle tematiche dell’industria videoludica.
Ripetere pari pari una formula di vent’anni fa sa di stantio
Purtroppo, molte delle meccaniche originariamente implementate nel primo Carmageddon, sono attualmente divenute standard, sia per quanto riguarda i danni alle auto, sia per l’introduzione di armi e interazione con gli scenari. Ripetere semplicemente una formula di quasi vent’anni fa, ormai, sa di stantio. Non ingiocabile, per carità, visto che l’insensata distruzione e l’uso di armi improbabili quali il lancia-incudini o il raggio “bananizzante”
permettono ai giocatori di abbandonarsi a un’incoscenza e un umorismo adolescenziale che per molti è un tuffo nel passato.
Tuttavia, questo è il limite massimo dell’intrattenimento offerto dal titolo: niente storyline complicate, niente grandi possibilità di personalizzazione o potenziamento dei veicoli, e sebbene esistano parametri tecnici di ogni auto e relativi upgrade,
la modalità carriera si riduce perlopiù ad un semplice assalto visivo di esplosioni e armi insensate. Tanta adrenalina, complice anche una piacevole colonna sonora dalle tonalità hard rock e metal, ma ben poco altro.
Verdetto
6 / 10
"...mediocre..."
Commento
Pro e Contro
✓ Dettagli dei danni d'alta qualità
✓ Modalità Capture the Checkpoint adrenalinica
✓ Colonna sonora hard rock
x Sistema di upgrade poco influenti
x Innovativamente carente
x Scarsa qualità grafica degli scenari
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