Ho provato Planetsmith e mi sono reso conto di una cosa: abbiamo dimenticato davvero cosa c’è dietro un gioco.
Da un lato non è che lo abbiamo mai saputo. Tutto sommato mi ricordo di quando, con un preavviso quasi nullo, gli scaffali di Tognocchi qui in città si popolavano con le scatole di un nuovo gioco Pokémon. Era sempre quasi una sorpresa.
Solo che poi il mondo si è evoluto. Internet, globalizzazione, cose così. Il mercato è cambiato, ed è nata quella che chiamiamo “cultura dell’hype”: devi sapere che il gioco che ami sta tornando. Lo devi sapere prima e devi sapere tutto – anche che ad Aqua è successo qualcosa di bruttissimo, così ti incazzi perché è un po’ spoiler e ti rodi il fegato fino all’uscita per capire cosa può essere successo.
Mi stavo quasi abituando a incazzarmi per il bombardamento mediatico sull’ennesimo gioco che attendo, quando mi è capitato per le mani Planetsmith. Un gioco che un po’ mi ha fatto restar male, un po’ mi ha dato da riflettere.
Una tela di esagoni
Mi devo togliere un sassolino dalla scarpa, e lo farò tenendo fede al mio proposito di non fare paragoni. In Planetsmith non c’è ancora praticamente nulla.
Sulla pagina Steam il team di Incandescent Games riporta “Metti in mostra il tuo tocco artisico in una tela sferica”. Abbiamo davanti un sandbox “a oggetti esagonali”, in cui ogni partita si svolge su un nuovo pianeta di biomi generati proceduralmente. Si può scegliere un materiale e costruire case, templi, riproduzioni di razzi e tantissime altre cose. Sì, insomma: una virtuale tela sferica in cui costruire – oserei dire come in ogni sandbox, ma sferico e con i blocchi esagonali.
Ed è tutto qua il gioco.
Ammetto di aver mancato di informarmi prima, e di aver avuto un certo momento di spiazzamento nel trovarmi davanti a solo questo. Sì, insomma, si costruisce… e basta. Si possono distruggere i blocchi ma non si raccolgono, e puoi girovagare quanto vuoi ma non c’è proprio nessuno su questi pianeti. Nessuno.
Il motivo è che questa tela sferica al momento è letteralmente solo una tela, in cui il pennello sono i numerosissimi blocchi con cui costruire. Planetsmith è ancora un accesso anticipato – anticipatissimo, anzi, ancor più del chiacchieratissimo Palworld – e siamo ancora solo nella fase uno: quella della modalità Creativa.
Non c’è Sopravvivenza, non c’è multigiocatore di sorta: solo creatività.
La riflessione profondissima che mi ha provocato Planetsmith – o meglio, che ha alimentato – è che forse abbiamo bisogno di una cultura dell’hype fatta un po’ più così. Sto proponendo una via di mezzo tra le due cose chiaramente, perché questo così forse è un po’ troppo.
Il team di Incandescent ha in programma una early access di tre anni, di cui il primo sarà per intero occupato solo dalla modalità Creativa. Un anno lungo per chi vorrà dare una possibilità al gioco, e che a meno di tener vivo l’interesse in altri modi sento non porterà a granché di buono. Forse un anno di sole costruzioni a caso è un po’ troppo, sì.
D’altronde abbiamo perso il gusto di una volta a provare la demo di qualcosa di nuovo. Una “early access”, appunto, con la differenza che queste qui si aggiornano col tempo crescendo fino a diventare un gioco vero. Oltre le costrizioni del disco fisico, della pressione dei producer di avere almeno un gioco l’anno o anno e mezzo, oltre le nostre di dover sempre avere il nome nelle orecchie onde evitare di dimenticarci di quei giochi.
Un pericolo che tutto sommato non esiste, a mio avviso, ma che chi ci chiede i soldi vuole evitare.
Sarà interessante assistere alla crescita di Planetsmith, un gioco ancora in fase molto embrionale ma che ha già i piani a lungo termine ben chiari. La sua crescita, anche a detta del team di sviluppo, coinvolgerà attivamente chi avrà pazienza di giocarlo, richiedendo loro feedback e spunti continui fino alla versione finale del prodotto.
Tra tre anni.
Commento
Troppo presto per lasciare un commento a Planetsmith, un sandbox in early access di sola modalità Creativa. Ottime premesse a parole, poco di pratico.
Pro e Contro
✓ Tanti bei piani...
x ...(ancora) troppo poco materiale
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