Avalanche Studios si è negli scorsi anni fatta conoscere soprattutto per il lavoro dietro la serie Just Cause, che specialmente con il secondo episodio è riuscita a legare assieme una certa propensione per l’open world a violenza, esplosioni e distruttività ambientale. Proprio per questi motivi vedere lo studio svedese al lavoro su una Proprietà Intellettuale come quella di Mad Max (recentemente ritornato alla ribalta nei cinema con Fury Road) non può che suscitare almeno qualche suggestione. Per scoprire se poi queste si concretizzeranno in un titolo di spessore o meno bisognerà attendere l’uscita del titolo e la recensione definitiva: per ora dovrete accontentarvi di un primo giudizio basato sulle impressioni a caldo dopo la prova su strada alla Gamescom 2015, dietro il gentile invito di Warner Bros (che del titolo in questione è il pubblisher).
Va subito premesso, come messo in chiaro dagli sviluppatori, che il Max del gioco e il Max (o meglio, i Max) cinematografici sono personaggi diversi: il filo conduttore tra grande e piccolo schermo è dunque il mondo di gioco, che riesce a rendere tutta l’atmosfera sopra le righe e post apocalittica della creatura di George Miller, grazie anche e soprattutto ad una mappa davvero grande e ben strutturata. A supportare il protagonista nell’esplorazione (come detto, l’approccio scelto da Avalanche è quello di un open world che consegna le chiavi dell’esperienza direttamente nelle mani del giocatore) in queste lande deserte e popolate da pazzoidi ci sarà il suo meccanico di fiducia, che oltre a svolgere il suo compito nel senso più classico (riparando la Magnum Opus, la vettura a disposizione di Max per quest’esperienza, oltre a potenziarla con le parti raccolte in giro) assisterà il giocatore facendo fuoco con l’artiglieria pesante.
Ma la Magnum Opus non è l’unica arma (perché vista la possibilità di utilizzarla per massacrare i nemici e installare spuntoni e altri oggetti contundenti di arma si tratta) nelle mani di Max: quando lo si ritiene necessario, vuoi perché il veicolo sia irrimediabilmente danneggiato o semplicemente per il gusto di menare le mani, è possibile approcciare i vari nemici in modo più diretto, con un battle system sulla falsariga di quello sdoganato da Rocksteady con la serie Batman Arkham (dove a fare la parte del leone sarà l’ultra-violenza) o utilizzando le diverse armi da fuoco a disposizione, che beneficiano di un gunplay solido ma forse un po’ troppo inflazionate dal cosiddetto “Bullet Time”, che durante la fase di puntamento innesca una sorta di slow motion con l’effetto di semplificare un po’ la vita al giocatore. A parte questo difetto per il resto Mad Max ci è parso dannatamente divertente, riuscendo peraltro a coniugare questo divertimento con il giusto livello di difficoltà ed impegno richiesti, complice un’IA nemica decisamente “sgamata” e all’altezza della situazione. Anche visivamente non ci è sembrato di cogliere particolari sbavature, dato il frame rate stabile e ad una pulizia dell’immagine non trascurabile, a fare da contraltare alla cura riservata a scenario e modelli poligonali (oltre che alle animazioni dei vari personaggi).
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