Donato "Dons_gaming" Ronca

Speciale “Come non essere padre”, by Joel Miller

Iniziamo dalle basi. Il mio discorso si regge su due capisaldi che andiamo subito a definire prima di tuffarci nel mio ciarlare incontrollato.

In primis, che cos’è un villain? Questo è un termine inglese ormai entrato nell’uso comune per definire il “cattivo” di una storia. O più precisamente, stando alla definizione fornita dal Random House Webster’s Unabridged Dictionary, un “personaggio malevolo che è coinvolto o dedito ad attività immorali o criminali, una canaglia o un individuo che costituisce un importante agente del male all’interno della trama”.

Ed è quello che Joel è in The Last of Us. Villain non è sinonimo di antagonista – cosa che ovviamente Joel non è all’interno dell’epopea di Naughty Dog. D’altronde come il secondo capitolo ci ha dimostrato non ci sono veri antagonisti – se proprio vogliamo cercarne uno allora è quel mondo andato a rotoli che spinge le persone a dare il peggio di se stesse pur di sopravvivere e/o difendere quello che gli è più caro.

Un fenomeno narrativo che chiameremo “Temporanea Sovrascrittura Morale

Il secondo caposaldo è un fenomeno narrativo, che chiameremo “Temporanea Sovrascrittura Morale”. Non so se esiste davvero un termine specifico perché ho cercato ma non l’ho trovato, quindi mi sono inventato questo (in collaborazione col buon Luigi Marrone aka Braunluis). “Ok Dons, ma in che consiste sta cosa che ti sei inventato per darti un tono da finto intellettuale?” È quel processo che spinge il giocatore ad assumere i valori morali del personaggio che controlla sostituendoli ai propri all’interno del contesto videoludico che si trova a vivere.

Questo processo è favorito dall’immersione e dall’empatia che man mano sentiamo sempre più forte nei confronti del personaggio, che ci spinge ad essere molto più di larghe vedute e/o comprensivi nei confronti delle decisioni che prende durante il corso dell’avventura anche se contrarie ai nostri valori morali come esseri umani al di fuori del gioco.

Se non volete spoiler, “Fuggite, sciocchi!”

Io ti salverò, che tu lo voglia o no!

Bene, messe le fondamenta è ora di iniziare la costruzione del mio delirio.

All’interno dell’universo di TLOU possiamo dire che per un motivo o per l’altro tutti hanno almeno un comportamento da Villain, spesso per motivi anche condivisibili o per mancanza di alternative. Allora vi chiederete, cos’ha fatto Joel di peggio rispetto agli altri?

Partiamo proprio dall’inizio. Pronti, via: appena scoppia il casino Joel dimostra di essere un padre che farebbe di tutto per la figlia, ma allo stesso tempo un vero pezzo di merda nei confronti del resto del mondo, anticipandoci di fatto quello che succederà nel finale con Ellie.

Suo fratello Tommy aiuta a fuggire lui e sua figlia Sarah. Partono in macchina cercando di lasciare la città, e lungo la strada la ragazzina nota una famiglia con un neonato e chiede al padre di aiutarli. Non erano ancora inseguiti da nessuno, quindi non c’era nessun pericolo imminente che gli impedisse di fermarsi – e c’era posto in auto come gli fa notare la stessa figlia. Eppure lui la liquida con un freddo “ci penserà qualcun altro“, ed esorta il fratello a proseguire nella guida.

Insomma primo segno di egoismo e di scarsissima umanità da parte del nostro caro Joel, che in fondo passa abbastanza inosservato essendo nelle primissime fasi della storia e che col proseguire facilmente ci dimenticheremo. Solo che lo stesso egoismo prenderà di nuovo il sopravvento nel momento cruciale della storia.

Ma cos’è che caratterizza al meglio un villain? Un bel trauma succulento ovviamente. Infatti durante la fuga Joel si ritrova ad assistere all’omicidio di sua figlia da parte di un soldato che ha aperto il fuoco nel tentativo di impedire loro di lasciare la città.

Un evento che rende Joel completamente chiuso al resto del mondo e concentrato esclusivamente sulla propria sopravvivenza. Come biasimarlo d’altronde. Lo ritroviamo vent’anni dopo a contrabbandare all’interno delle zone di quarantena per garantirsi una vita decente, cercando di correre meno rischi possibili se non per ciò che ritiene valido. Si ritroverà suo malgrado invischiato nel salvataggio di Ellie. La ragazza è immune al Cordyceps e va portata in un avamposto delle Luci, dove un’equipe medica ha trovato il modo di creare un vaccino grazie alla sua unicità.

Come spesso accade in queste storie Joel vede Ellie come un peso ma man mano che si susseguono gli eventi i due si aprono sempre di più l’un l’altro fino ad instaurare praticamente un rapporto padre/figlia, provando un affetto che ormai tutti e due erano abbastanza rassegnati a non poter più provare. Anzi, nel caso di Joel uno che non voleva assolutamente provare – perché era come scoperchiare un vaso di Pandora ripieno del suo dolore celato ma mai sopito.

Questo lo porterà ad agire in modo sconsiderato quando scoprirà che l’operazione per ricavare il vaccino porterà Ellie alla morte, sacrificherà il mondo intero pur di non subire un’altra volta lo stesso trauma e vedersi portare via davanti agli occhi quella che ormai lui considera sua figlia.

Il suo intento, per quanto opinabile e criticabile in una visione oggettiva delle cose che mette davanti il sacrificio di una persona per il bene dell’umanità intera, si rende comunque comprensibile visti i suoi trascorsi personali. È il come perpetrerà questo suo scopo a mostrarci ancora una volta la parte più oscura del nostro caro Joel.

La sua è una vendetta contro un mondo che gli ha portato via la sua Sarah, e ora è disposto a mandare a fanculo proprio quello stesso mondo pur di non perdere Ellie. Come spesso accade con i villain Joel non dà spazio a visioni alternative sul come dovrebbero andare le cose. È chiuso in se stesso e nella sua logica malata tanto da prevaricare chiunque, anche le persone a cui vuole davvero bene.

Raggiunta la sala operatoria dove Ellie sta per essere operata Joel non si fa scrupoli ad uccidere il dottore (unica persona in grado di creare un vaccino), nonostante avrebbe tranquillamente potuto evitarlo.

Nell’ultimo atto prima di fuggire dall’ospedale la leader delle Luci Marlene cerca di farlo ragionare, ma lui la uccide a sangue freddo ignorando completamente le sue suppliche. Insomma ha fatto fuori senza battere ciglio l’unica persona che in quel momento aveva sacrificato tutto pur di salvare il mondo – perché ricordiamo che anche Marlene era molto legata ad Ellie, e che anche per lei è straziante quello che devono fare.

Purtroppo non finisce qui: risvegliatasi dall’anestesia Ellie chiede giustamente lumi riguardo quanto successo. Joel però mente, raccontandole che non esiste cura. La ragazza non è molto convinta e cerca ulteriori spiegazioni, finché lui arriva a giurargli che tutto quello che le ha raccontato è vero e la piccola non può far altro che credergli.

Accecato dalle sue stesse paure e traumi, Joel è preda di un egoismo che mette avanti a tutti la propria visione (anche alla piccola Ellie) non pentendosi nemmeno per un secondo di aver privato la ragazza della più importante scelta della sua vita e di averle mentito pur di non perderla. Si ripeterà di aver fatto tutto questo per lei quando in realtà lo ha fatto in primis per se stesso, evitando al contempo di affrontare ogni tipo di conseguenza per quello che ha fatto.

Ellie più avanti scoprirà quanto successo. Joel sarà costretto a raccontarle tutto, ma non in uno slancio di consapevolezza e pentimento: semplicemente perché ormai costretto dalla situazione. Avrebbe portato quel segreto nella tomba al costo di ciò che riteneva più prezioso – il suo rapporto con Ellie. Ma il passato porterà il conto, e oltre a lui sarà anche Ellie a pagare lo scotto di quanto successo pur non meritandolo.

Ma com’è possibile che di fronte a così tanti fatti non riusciamo comunque a voler male a Joel o a vederlo per quello che è? Proprio per quel concetto di “sovrascrittura morale” descritto all’inizio.

Per analizzare oggettivamente le azioni di un personaggio così ben scritto, che ti entra fortemente nel cuore e con cui hai condiviso tantissimi momenti soprattutto di sofferenza serve uno sforzo mentale notevole. Mettere da parte tutta l’emotività che ci ha scatenato nel profondo quel rapporto è quasi impossibile, tanto che anche il sottoscritto nonostante tutto non si sente in grado di colpevolizzarlo totalmente come forse meriterebbe.

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