Sono passati 38 anni e l’Alienverse si è notevolmente ampliato dal capostipite grazie a tre sequel, un prequel, due spin-off e una sconfinata serie di altri prodotti provenienti da altri media quali libri, videogames e fumetti
Era il
1979 quando il
connubio artistico tra il regista Ridley Scott e il pittore/scultore/designer Hans Ruedi Giger raggiunse gli schermi cinematografici di tutto il mondo. Questa favolosa collaborazione, come avrete ben capito, altro non è che il primo
Alien, film fantascientifico dalle marcate tinte horror che seppe conquistare pubblico e critica, diventando
un vero caposaldo del genere e una pietra miliare per tutta l’industria cinematografica. I pregi di questa pellicola sono a dir poco innumerevoli, ma l’
atmosfera opprimente,
la regia solida,
una protagonista femminile forte e carismatica,
il ritmo serrato e
un character design della creatura spettacolare possono essere i punti principali che rendono Alien un must per qualsiasi utente che si definisca appassionato di cinema (e non solo). Sono passati 38 anni e l’Alienverse si è notevolmente ampliato grazie a tre sequel, un prequel, due spin-off e una sconfinata serie di altri prodotti provenienti da altri media quali libri, videogames e fumetti. A distanza di cinque anni dall’uscita del succitato prequel (intitolato Prometheus e diretto sempre da Ridley Scott), l’
11 maggio è pronto ad approdare sugli schermi italiani
Alien: Covenant, pellicola realizzata sempre dal regista britannico che, finalmente, farà da ponte verso il primo storico capitolo, colmando così tutti (o, almeno, gran parte) i buchi narrativi che questa serie ormai si porta dietro da parecchio tempo. Dopo una campagna pubblicitaria dal forte carisma (forte anche dell’onnipresente hype che si ha quando si parla di questo brand), siamo stati invitati all’anteprima stampa a Milano e siamo quindi pronti a darvi la nostra opinione.
Siete pronti a scoprire se le nuove avventure dello xenomorfo hanno saputo conquistarci come quasi quarant’anni fa?! Prima di scoprirlo nella nostra recensione, vi ricordiamo che
sono presenti due cortometraggi che raccontano i fatti antecedenti alla nuova pellicola di Ridley Scott (e che vi abbiamo messo tra un paragrafo e l’altro, in modo che possiate recuperarli facilmente). Buona visione e buona lettura!
In sala nessuno può sentirti urlare, purtroppo
Incredibile, ancora una volta, come nonostante ci si trovi davanti a “esperti” di ogni settore (pilotaggio, biologia, medicina), tutti i personaggi si comportino in modo incredibilmente stupido e a tratti demenziale
Alien: Covenant è ambientato 10 anni dopo gli eventi narrati in Prometheus e ha come protagonisti i membri della Covenant, astronave in missione di colonizzazione che, a causa di un grave guasto, è costretta ad interrompere momentaneamente il proprio viaggio. Durante questa sosta forzata, però, l’equipaggio viene in contatto con un misterioso segnale radio che li spingerà ad approdare su un pianeta alieno per tentare di scoprirne l’origine.
Questo è, ovviamente, solo l’inizio di un incubo che li porterà ad affrontare il terribile xenomorfo (e non solo) e a fare di tutto per sopravvivere. Lo diciamo senza la minima esitazione:
il comparto narrativo di Alien: Covenant è quanto di meno interessante si possa immaginare, tanti sono i difetti e le ingenuità presenti nella pellicola. Chi vi scrive è un fan della saga (ma non un purista, sia chiaro) e un amante sia della fantascienza che del genere horror, ma vedere certi elementi in una produzione diretta da un regista del calibro di Ridley Scott è stato veramente disturbante. Ma andiamo per punti:
appare evidente come il regista britannico abbia tentato di riportare in scena una protagonista femminile vicino alla Ellen Ripley della saga principale, ma il personaggio di Daniels (interpretato da Katherine Waterston) non riesce minimamente a colpire lo spettatore a causa di una caratterizzazione poco definita e troppo altalenante (la messa in scena delle sue emozioni è molto varia, ma mai davvero approfondita, risultando semplicemente caotica).
Meglio per quanto riguarda i due androidi (David e Walter) interpretati da Michael Fassbender che, tra alti e bassi, riescono a dimostrarsi personaggi interessanti per gran parte del film. Nulla da dire su tutti gli altri membri dell’equipaggio che, per quanto siano presenti in scena, non riescono a lasciare il segno e appaiono sin da subito come evidente carne da macello. Incredibile, ancora una volta, come nonostante ci si trovi davanti a “esperti” di ogni settore (pilotaggio, biologia, medicina),
tutti i personaggi si comportino in modo incredibilmente stupido e a tratti demenziale, risultando involontariamente comici in più di una situazione (e, visto le risate in sala, non solo al sottoscritto). Inutile dire che
si tratta di un errore a malapena tollerabile se si sta parlando di un B Movie a basso budget, ma davvero imperdonabile quando si collega al tipo di produzione alla quale appartiene Alien: Covenant. Insomma: se non avete sopportato i biologi sotto droghe che andavano a tastare cobra alieni in Prometheus, troverete anche in questa pellicola numerosi momenti d’involontaria stupidità.
Tralasciando i personaggi e passando alla sceneggiatura vera e propria, i problemi non diminuiscono affatto. Tutte le porte lasciate aperte con lo scorso capitolo della saga vengono chiuse rapidamente e senza la minima dose di pathos, lasciando lo spettatore basito davanti a tanta superficialità. Se Prometheus, infatti, aveva il pregio di presentare una sorta di filosofia mescolata alla religione,
Alien: Covenant riesce nell’intento di appiattire tutti quei discorsi e di fare una vera e propria tabula rasa per quanto riguarda la storia degli Ingegneri e della nascita del genere umano. Il ritorno ad atmosfere più horror, infatti, va notevolmente ad impattare su una sceneggiatura che non riesce mai davvero a decollare e che poco si allontana ad un qualsiasi film di fantascienza di serie B, dove un gruppo di sopravvissuti deve tentare di non soccombere sotto gli artigli e i denti della creatura aliena di turno.
Uno dei problemi, però, è che Alien: Covenant non riesce a convincere appieno nemmeno come sano horror in salsa spaziale, presentando rari momenti di tensione, un paio di scene splatter (una delle quali quasi del tutto comica), qualche jump scare prevedibile e dell’azione a schermo confusionaria e mai davvero emozionante. Insomma:
il film tenta di creare una via di mezzo tra Prometheus e Alien (dopotutto è proprio quello che dovrebbe essere il nuovo lavoro di Scott),
ma non riesce ad avere né la narrativa del primo né l’atmosfera del secondo, risultando solamente un mix degli aspetti negativi dei due precedenti film del regista britannico.
Chi di Alien ferisce, di Alien perisce
Alien: Covenant non riesce a conquistare appieno neanche per quanto riguarda i molteplici aspetti tecnici della produzione
Alien: Covenant non riesce a conquistare appieno neanche per quanto riguarda i molteplici aspetti tecnici della produzione.
La regia di Ridley Scott, pur con qualche buon momento, non riesce ad essere d’impatto sullo spettatore e viene dimenticata non appena usciti dalla sala.
La recitazione degli attori è altalenante e solamente Michael Fassbender riesce a spiccare leggermente sugli altri, pur senza far gridare al miracolo e,
nonostante il doppio dei personaggi a schermo con la sua faccia, rendendo circa la metà rispetto al già più volte citato Prometheus. Grandissimo spreco l’utilizzo di un attore come James Franco che, in tutta la durata del film, risulta avere talmente poche scene da non capire il motivo del suo ingaggio. Come già anticipato nello scorso paragrafo, infine,
Katherine Waterston sembra spesso (soprattutto nel finale) una versione low budget del personaggio di Sigourney Weaver, non convincendo mai del tutto e non risultando caratterizzata a dovere.
Di scarsa qualità anche la CGI di tutto il film, con punti verso il basso quando si parla della realizzazione dell’Alieno. Sono ben distanti i tempi degli animatronics realizzati da Giger (in collaborazione con Rambaldi), ma vedere determinati effetti speciali in una pellicola di questa caratura fa davvero storcere il naso.
Il problema, anche nel caso si volesse passare sopra ad una computer grafica mediocre, sta soprattutto nella direzione artistica di tutta la produzione. Se in quasi tutte le altre pellicole erano presenti scenografie di spicco, capaci di lasciare a bocca aperta lo spettatore (soprattutto grazie ad un comparti artistico in stile Giger), in Alien: Covenant non si rimane mai basiti di fronte a qualcosa.
Tutto sa di già visto e sia il character design delle creature (una solo di davvero nuova) che il mecha design risulta essere banale, abbozzato e, ancora una volta, vicino al più amorfo film di fantascienza piuttosto a quello che avrebbe dovuto essere “il grande film capace di collegare Prometheus con il capostipite della saga di Alien”.
Buono il sonoro che, tra una colonna sonora interessante (anche se la traccia più valida era già presente nello scorso film)
e un doppiaggio italiano di qualità, non riesce a danneggiare ulteriormente il film. Ci rendiamo conto che, molto probabilmente, questa non è la recensione che avreste voluto leggere e fidatevi quando vi diciamo che certamente non sarebbe stata la recensione che avremmo voluto scrivere, ma purtroppo queste sono state le nostre impressioni una volta usciti dalla sala.
Ammettiamo che, in modo un po’ infantile, ci siamo comunque emozionati a trovarci di fronte per l’ennesima volta ad Alien (la sua presenza in scena è comunque sempre forte)
e che le spiegazioni che vengono fornite nella seconda parte del film sono comunque utili per comprendere l’Alienverse fino in fondo, ma ci saremmo aspettati decisamente di più da uno dei padri della fantascienza cinematografica.
Vi avvertiamo, infine, che il prossimo paragrafo conterrà qualche spoiler di media entità sul film che troverete in sala a partire dall’11 maggio, ma ci sembra necessario essere completi quando si va ad eviscerare una pellicola come Alien: Covenant. Ecco che, quindi, ve ne consigliamo la lettura solamente nel caso non abbiate paura di rovinarvi la visione del film oppure nel caso lo abbiate già visto (dipende sempre da quando leggerete questa recensione); nel caso non apparteneste ad una di queste due categorie vi consigliamo di saltare direttamente al paragrafo conclusivo. Come al solito vi ringraziamo per l’attenzione e rimaniamo a vostra disposizione per qualsiasi commento, dubbio o opinione vogliate sottoporci.
Leggete a vostro rischio e pericolo (ATTENZIONE SPOILER)
In questo paragrafo troverete degli spoiler di media entità. Nulla di fondamentale, ma preferiamo comunque mettervi in guardia
Non vogliamo del tutto rovinare la visione a coloro che magari hanno avuto il coraggio di leggere questo paragrafo pur non essendo ancora stati in sala, ma ci sono delle cose delle quali vogliamo per forza parlare nel corso di questa recensione.
In Alien: Covenant assistiamo alla nascita del primo Alien per come li conosciamo dalla quadrilogia originale, ma per un motivo a noi sconosciuto sembra che il character designer del film sia sia dimenticato una forma dell’evoluzione dello xenomorfo. Dopo che un facehugger “feconda” un essere umano, ci vogliono dall’una alle ventiquattro ore perché dal petto dell’ospite esca quello che viene definito come Chestbuster (spaccapetto), una creatura simile ad un serpente con piccole zampe (almeno secondo Aliens: Scontro Finale) che diventerà poi l’Alien che tutti noi conosciamo.
In Alien: Covenant, però, dal petto del primo ospite umano esce un Alien in miniatura, con la stessa struttura anatomica di uno xenomorfo adulto. Questo, a nostro parere, è da considerare come un errore, in quanto la scena è palesemente realizzata non tanto per mostrare la creatura che nasce, ma per caratterizzare maggiormente una data azione del personaggio che l’ha creata (che non spoileriamo per non rovinare la “sorpresa”).
Come anticipato nello scorso paragrafo, inoltre, James Franco viene sfruttato davvero male nel corso della pellicola, tant’è che non riesce a superare nemmeno il prologo e muore ancora prima di risvegliarsi dalla cella criogenica. Non capiamo quindi la necessità di ingaggiare un attore del calibro di Franco e, nonostante non si possa considerare questa scelta un vero e proprio errore, dobbiamo ammettere di essere rimasti basiti di fronte a tale decisione. Concludiamo, quindi, con il “colpo di scena finale”, elemento esclusivamente pensato per stupire lo spettatore, ma che non ci sentiamo assolutamente di promuovere in quanto la regia di una determinata scena ci ha fatto subito intuire come sarebbe andato a finire il film.
Tutto l’ultimo quarto d’ora di Alien: Covenant, infatti, ruota attorno a questo colpo di scena e ammettiamo di esserci sentiti trattati come dei bambini, accompagnati per mano ad un plot twist prevedibile e che, per quanto abbia il suo senso in vista dei futuri capitoli della saga, non ci ha convinto del tutto.
“Ma nonostante questa recensione negativa ci consigli di andare a vedere Alien: Covenant?!”
Siamo certi che, in fondo in fondo, questa è la domanda che vi state ponendo in questo momento.
La risposta, però, è più complessa del previsto. Alien: Covenant non è un bel film, non ha una grande trama, non ha personaggi carismatici, non ha una direzione artistica ispirata, non ha effetti speciali da capogiro, MA segna il ritorno dello xenomorfo dopo anni di assenza dallo schermo e ne aggiorna le origini. Se siete fan dei primi capitoli, quindi, vi consigliamo di andare a vederlo in modo da potervi fare una vostra idea e in modo da poter essere aggiornati sull’Alienverse.
Sia chiaro: non abbiamo detto che vi piacerà (anzi), ma per amor di fedeltà alla serie il nostro consiglio è quello comunque di recuperarlo al cinema (possibilmente a pochi soldi). Se, invece, non siete fan della serie, ma siete alla ricerca di un B-Movie fantascientifico, Alien: Covenant potrebbe intrattenervi per i suoi 123 minuti, pur senza farvi gridare al miracolo. Il problema, purtroppo, compare quando siete appassionati di cinema (e magari anche del brand iniziato nel 1979 dallo stesso Scott) e siete alla ricerca di una valida pellicola. Ecco, in quel caso forse vi conviene stare a casa, oppure approfittarne per andare a vedere
Guardiani della Galassia Vol.2, perché
nello spazio nessuno potrà sentirvi urlare, ma sono certo che qualche bestemmia la sapranno percepire di certo.
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