Recensione Saints Row IV

Che piega avrebbero potuto prendere gli eventi della serie Matrix se a scriverne la sceneggiatura fossero stati i fratelli Wheat (The Chronicles of Riddick), anzichè i Wachowski?

Evidentemente qualcuno a Volition deve essersi posto la stessa domanda, prima di sviluppare uno dei capitoli più citazionisti e piacevolmente assurdi nella storia del brand Saints Row.

Gli ingredienti: invasioni aliene, realtà virtuali, incubi personali e gang di strada, il tutto agitato (non mescolato) in un concentrato di azione ed eventi che scorrono davanti al giocatore, e che, come un cocktail alcoolico miscelato da bevande dal gusto forte, lascia sia piacevolmente estasiati che decisamente storditi, purtroppo non sempre nel senso buono del termine…

United Saints of America

Il primo impatto con Saints Row IV, ancora prima dell’inizio vero e proprio del gioco, lo si ha osservando la copertina stessa: un improbabile presidente degli Stati Uniti in primo piano rispetto ad uno studio ovale parzialmente distrutto da un’invasione aliena e una…

Gigantesca.

Lattina.

Di nome Paul.

L’impressione, poi confermata nei primi minuti di gioco da una sequenza narrata, è che il titolo sia perfettamente cosciente della propria evoluzione, dal capitolo iniziale del brand (ironico ma ancora verosimile), sino al diretto predecessore che aveva gettato le basi per una sceneggiatura surreale e volutamente sopra le righe, che cerca rifugio nell’audacia delle proprie situazioni, arrivando a volte ad immolare la quarta parete alle esigenze narrative. In un contesto simile, tutto diventa lecito: ad esempio un “commovente” addio definitvo ad un protagonista ancora senza volto, infarcito di battute, mentre si arrampica su una testata nucleare in volo, sulle note di “I don’t wanna miss a thing” degli Aerosmith. O l’utilizzo di un’arma caricata a musica dubstep per devastare ben più dell’udito delle vittime.

E proprio al comparto audio va il principale merito di riuscire a rendere al meglio l’atmosfera delle situazioni, senza tuttavia mai rubare la scena all’azione pura, vera protagonista del gioco. L’esempio degli Aerosmith non è che uno dei tanti disponibili nel gioco, durante il quale ci ritroveremo ad ascoltare brani che si integrano naturalmente sia per la ritmica che per il testo nelle varie sequenze narrative, suscitando vere e proprie ondate di euforia nel giocatore. E questo senza nemmeno accennare alle oltre 100 tracce audio su licenza delle varie stazioni radio, o ad un doppiaggio d’eccezione, capace di esaltare i momenti di pura follia ma anche di narrare vicende serie e di evoluzione caratteriale dei personaggi.

“Questo l’ho già visto…”

A livello narrativo, difatti, Saints Row IV è un gioco polivalente, in grado di suscitare una serie di stati d’animo differenti nel giro di pochi istanti, cambiando completamente l’atmosfera della scena anche con pochissime battute. A facilitare il compito, vi è una già citata commistione di generi narrativi, che trae la propria ispirazione in maniera più o meno implicita da vari elementi della cultura popolare recente.

La realtà virtuale in stile Matrix (con tanto di protagonista/eletto dotato di superpoteri e una fuga dal sistema che ricorda l’arrivo della Nabuccodonosor di Morfeus), una gigantesca mascotte promozionale inferocita sulla falsariga dell’omino di marshmallow Stay-Puft in Ghostbusters, così come un palese riferimento ai Necromongers di Riddick e alla saga di Conan il Barbaro… tutto questo e molto altro ancora, viene sparato in faccia ai giocatori in rapida sequenza, al punto che diventa quasi un gioco nel gioco riconoscere quante più citazioni possibile.

Fortunatamente, molte di queste non sono inserite al solo scopo di strappare una risata agli utenti più navigati, ma vengono perfettamente integrate a livello di gameplay, e, rielaborate, costituiscono un ottimo esempio di level-design. In più di un’occasione, infatti, verremo chiamati a reclutare nuovamente vecchie conoscenze dei Saints, intrappolate come il protagonista in una simulazione ad-hoc che ne raffigura gli incubi o le ossessioni più recondite.

Nel caso del nostro alter ego, un egomaniaco amante della violenza e dal grilletto facile, si ritroverà intrappolato in una “pleasantville” americana degli anni ’50, frustrato dall’impossibilità di usare il solito turpiloqio, sino a causarne un’esplosione di imprecazioni ripetute (e comicamente censurate da un sonoro *bip*) in maniera assolutamente analoga al Demolition Man di Sylvester Stallone. O ancora, una geniale integrazione del gameplay delle avventure testuali anni ’80 in grafica 8-bit, e dello stile visivo wireframe tipico di Tron in un livello dedicato ad uno degli esperti tecnologici della gang.

Purtroppo, il grande beneficio di una base d’ispirazione così ampia, non è utilizzato costantemente nel tempo. Per la sua stessa natura, alcuni dei generi narrativi da cui prende spunto Saints Row IV sono impossibili da fondere perfettamente in un’unica sceneggiatura, e restano talvolta scollegati tra di loro. Il che comporta che il grande cocktail che è il gioco, non riesca ad amalgamare in maniera ottimale le proprie parti, riducendosi ad “agitarle” tra di loro, e si riduca a dover usare come collante e riempitivo una serie di eventi che risultano blandi rispetto all’impatto delle sequenze principali, se non addirittura forzati per ottemperare al bisogno quasi morboso di attenersi ai clichè della narrativa cinematografica d’azione.

Preso nel mezzo, e purtroppo spesso sacrificato a questa esigenza di sparare a raffica le proprie cartucce migliori, per poi legare in maniera blanda, è il gameplay principale.

“Secondario” a chi?!

Se da una parte, infatti, avremo un level design coinvolgente e ispirato, dall’altra avremo la massiccia area free-roaming della Steelport virtuale, nella quale saremo chiamati a svolgere la maggior parte delle missioni tutorial e l’intera gamma di missioni secondarie.

Se da prinicipio, tuttavia, il tutorial riesce a dipanarsi in maniera piacevole e non eccessivamente forzosa nell’arco delle iniziali due ore di campagna, una volta ottenuti i poteri e sbloccati i primi alleati, saremo in grado di intravedere due cose: la prima è che l’intera area sembra essere né più né meno che un’accozzaglia di bonus in attesa di essere colti sotto la spinta di un’incalzante curva di difficoltà quantomai priva di senso di continuità. La seconda è che molto del materiale inserito da Volition è ridondante (armi sbloccate due volte o potenziamenti per la barra della resistenza, ottenuti dopo averne annullato il bisogno di usarla), se non addirittura inutile (un’intera sequenza narrativa principale totalmente fine a sé stessa, basata sull’incursione di altre entità virtuali, o meccaniche di gioco descritte in maniera differente da come realmente utilizzate).

Il primo caso è forse dei due la situazione più lampante e che maggiormente influisce sul gameplay. Molte delle missioni “secondarie”, infatti, sebbene da una parte riescano a non essere eccessivamente ripetitive, e abbiano un giusto livello di varietà, sono poco più che missioni primarie mascherate, e raccolte in gruppi senza criterio, al fine di sbloccare potenziamenti per i propri poteri o quelli dei compagni. Potenziamenti che risultano necessari per poter sopravvivere a degli scontri a fuoco che passano apparentemente senza motivo dall’essere una passeggiata ad una vera e propria fucilazione senza pietà a causa dell’elevato e incessante numero di nemici che si moltiplicano senza possibilità di essere fermati. In alcuni casi, le missioni diventano puramente basate sulla fortuna, complice un’IA alleata incontrollabile e incostante, che passa di volta in volta dall’essere un’impareggiabile alleata all’incapacità più totale.

Tuttavia, anche una volta sbloccati tutti i bonus disponibili, molte situazioni risultano frustranti, a causa anche degli svariati bug che infestano il titolo.

C’è bug e bug…

Parlando di un gioco ambientato in una simulazione virtuale, c’è bisogno di fare una distinzione tra bug “voluti” e involontari. I primi sono effetti perlopiù visivi, che, sebbene comportino un piacevole senso di immersione nell’atmosfera di gioco, specie nelle fasi avanzate in cui si manifestano con più frequenza, risultano essere decisamente fastidiosi, contribuendo al già massiccio caos visivo dato dagli scontri a fuoco e dall’uso dei poteri.

Il vero problema, sorge quando i bug di gioco non sono voluti, ma frutto di un’inconsistente test di qualità. Purtroppo, in più di un’occasione il gioco tende a bloccarsi sul menù di riepilogo del personaggio, o aprendolo dal pulsante select o passando da una categoria all’altra della stessa schermata. In altre occasioni, attivando due missioni in contemporanea sulla nave madre, anzichè avviare un filmato (che si concludeva con l’ingresso del personaggio nella simulazione), il gioco non riconosce l’istanza di passaggio dell’area, lasciando il protagonista armato dei propri poteri ed equipaggiamenti virtuali intrappolato all’interno di una nave priva dei collegamenti di passaggio. In entrambi i casi, il riavvio della console è necessario, con il conseguente rischio di perdita di dati di gioco.

Fortunatamente, nessuna delle situazioni è tale da impedire il completamento del gioco, e la frequenza degli autosalvataggi è tale da limitare i danni nella maggior parte dei casi, e non è da escludere la possibilità dell’arrivo di una patch in tempi brevi dal rilascio.

Verdetto
7.5 / 10
Trent'anni di cultura pop concentrati in un delirante involucro action
Commento
Saints Row IV è uno di quei titoli con cui un recensore non vorrebbe avere mai a che fare: da una parte c'è l'indubbio valore del gioco, che seppur nella sua incostanza narrativa, riesce a creare momenti di divertimento puro, accompagnati da una colonna sonora di pregio e da un'autoironia fuori dal comune, che spesso sconfina di forza nel nonsense e in esso trova la propria dimensione naturale. Tuttavia, neanche l'elevatissima mole di riferimenti e citazioni utilizzate, l'eccitazione e le risate causate, né tutta l'autoironia da film trash riesce a far chiudere un occhio sulla fastidiosa e palese mancanza di test di qualità. Al di là dei bug principali, che purtroppo avvengono su base completamente randomica (e che potrebbero comunque essere risolti con una patch), situazioni come armi sbloccate più volte, bonus inutili a seguito di sfide anche impegnative, o meccaniche di gioco minori ma assolutamente non conformi alle descrizioni (anche nell'originale doppiaggio inglese, quindi non si tratta di un problema di localizzazione), peggiorano l'esperienza di gioco, che ne esce decisamente sminuita rispetto al valore che meriterebbe. Purtroppo, il titolo di Volition è il classico esempio di un'ottima idea e un'ottima realizzazione, combinata ad un pessimo lavoro di post-produzione. Ciononostante, resta un titolo che merita assolutamente di essere giocato almeno una volta e per intero, fatto di tanti piccoli momenti esilaranti ed esaltanti, al punto di poter considerare aumentabile di almeno mezzo voto il punteggio, qualora venisse rilasciata una patch.
Pro e Contro
Massiccia dose di ironia e citazioni
Colonna sonora e doppiaggio d'eccellenza
Level design ispirato e gameplay ben variegato
Sistema di controllo non intuitivo ma fluido ed efficace

x Controllo di qualità scadente, molti bug
x Curva di difficoltà eccessivamente variabile
x Incostanza nella qualità narrativa

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