Recensione Dead Island: Riptide

A poco più di un anno e mezzo di distanza dal primo episodio, Techland e Deep Silver tornano alla carica con Dead Island: Riptide, sequel del controverso zombie game che nel 2011 ha letteralmente spaccato in due le opinioni di giocatori e critica. Il precedente capitolo aveva infatti mostrato la brillante intuizione di combinare le meccaniche di un RPG open world in prima persona come i vari The Elder Scrolls od i più recenti Fallout con la lussureggiante ambientazione di un’isola tropicale e con la sempreverde tematica dell’apocalisse zombie. Dando particolare rilievo ad aspetti quali il looting e la customizzazione delle armi, Dead Island aveva l’ambizione di proporsi come l’ideale punto d’incontro tra il Dead Rising di Capcom ed il Borderlands di Gearbox, mancando però clamorosamente il bersaglio a causa di tutta una serie di ingenuità del team di sviluppo e di una realizzazione tecnica sicuramente non all’altezza delle aspettative. Una grande occasisione mancata quindi, cui Techland promette di rimediare con questo Riptide. Sarà riuscito il team polacco nell’impresa? Andiamo subito a scoprirlo.

VERSIONE TESTATA: Xbox 360

Bentornati sull’isola

Sin dalle primissime battute Dead Island: Riptide riprende laddove ci aveva lasciato il precedente capitolo. Il nostro quartetto di sopravvissuti, fuggiti in elicottero al termine del primo gioco, atterrano su di una portaerei, dove vengono immediatamente presi in custodia dai militari, interessati a studiare la loro peculiare immunità al virus zombie. Come nel più classico degli Z-movies qualcosa andrà storto e l’infezione si diffonderà prima sulla nave e poi nella vicina isola di Palanai, dove i quattro protagonisti, a cui andrà ad aggiungersi un quinto personaggio giocabile inedito, si ritroveranno a seguito di un rocambolesco naufragio. Anche il gameplay si pone in diretta continuità con quello del primo episodio. L’obbiettivo del gioco sarà nuovamente quello di trovare una via di fuga dall’isola, prima che i militari decidano di nuclearizzare l’intera area, eliminando definitivamente la minaccia zombie assieme agli sfortunati superstiti. Per fare ciò ci ritroveremo immersi in un open world liberamente esplorabile, in cui i pochi sopravvissuti hanno organizzato piccole sacche di resistenza contro le folle di zombie che infestano l’isola. Saranno proprio questi superstiti ad assegnarci le varie missioni, sia quelle principali, necessarie per l’avanzamento della storia, che quelle secondarie, che ci ricompenseranno con armi, oggetti, denaro od esperienza. La struttura di gioco di Dead Island: Riptide è quindi virtualmente identica a quella del suo predecessore, al punto che si ha quasi l’impressione di trovarsi di fronte ad una espansione, un Dead Island 1.5, piuttosto che ad un sequel vero e proprio. Le novità che Riptide introduce nel gameplay della serie sono pochissime ed oggettivamente trascurabili. Si parte con l’introduzione delle barche come mezzo di trasporto. L’isola di Palanai è in parte allagata per via dei monsoni tropicali, quindi il gioco metterà a nostra disposizione delle barche a motore per raggiungere più facilmente alcune locations. L’interesse per questa feature viene purtroppo quasi subito a mancare quando il giocatore si rende conto che il gioco gestisce le barche a motore esattamente come le autovetture sulla terraferma. Non soltanto il loro ruolo è lo stesso, ovvero quello di semplice mezzo di trasporto da un punto A ad un punto B, ma anche i controlli e la fisica dei mezzi sono sostanzialmente identici, facendo risaltare come poco credibile e poco realistica la resa dei veicoli acquatici. L’altra grande novità è l’introduzione di alcune sessioni in stile tower defense, in cui il giocatore dovrà difendere il campo base dall’assalto di varie ondate di zombie. Soprattutto all’inizio queste fasi riescono a smorzare di molto la monotonia delle quest tradizionali, ma anch’esse non sono esenti da difetti. L’intelligenza artificiale degli NPC, che in teoria dovrebbero aiutarci a respingere gli assalti, lascia molto a desiderare, e questi divengono in realtà più un peso per il giocatore che un reale aiuto, costringendolo a correre senza sosta da un lato all’altro della base per evitare che si facciano uccidere. Procedendo nel gioco inoltre, queste fasi divengono progressivamente più lunghe, con un numero sempre maggiore di ondate di nemici, al punto da arrivare ad annoiare anche il giocatore più stoico.

Squadra che vince…

Elementi come la struttura delle quest, il combattimento, il crafting delle armi, restano in tutto e per tutto invariati rispetto al primo capitolo, nel bene e nel male. Le missioni che ci verranno proposte, sia quelle principali che quelle secondarie, hanno sostanzialmente tutte la stessa struttura: andare da un punto A ad un B massacrando tutto ciò che incontreremo nel nostro cammino. Le scuse potranno essere tra le più diverse, dal recuperare un determinato oggetto al parlare con uno specifico sopravvissuto, al raccogliere un certo quantitativo di un particolare materiale, ma il risultato sarà invariabilmente lo stesso. Durante lo svolgimento di questi compiti dovremo costantemente fare i conti con la presenza degli infetti, annidati in praticamente ogni angolo dell’isola. Questi ci attaccheranno non appena entreremo nella loro zona d’azione, lanciandosi follemente contro di noi e facendo conto più sui numeri e sulla forza bruta che non sull’intelligenza artificiale. Al contrario di come è stato promosso, Dead Island: Riptide non è un survival horror, anzi, non ha nulla a che vedere con tale genere e con suoi esponenti come il recente ZombiU di Ubisoft. L’approccio al combattimento non è lento, metodico, studiato, ma frenetico, brutale, “ignorante” ed anche, fortunatamente, dannatamente divertente. Grazie ad una spiccata componente arcade e ad una penalità praticamente inesistente per la morte del giocatore, massacrare orde di zombie si trasforma in una vera e propria goduria, un atto catartico e liberatorio alla stregua dei massacri in un qualsiasi GTA o Carmageddon. Il nostro personaggio avrà a disposizione un ampissimo numero di armi per farsi largo tra i non morti, sia bianche che da fuoco, anche se in Riptide, perlomeno nelle prime fasi di gioco, saranno molto più le prime che le seconde a giocare la parte del leone. Ogni arma presenta caratteristiche di forza e resistenza uniche e diverse tra loro, perfino all’interno della stessa classe e tipologia. Questa varietà potrà essere ulteriormente aumentata modificando le armi presso specifici banchi di lavoro, a patto di avere i progetti ed i materiali necessari. Palanai è letteralmente ricolma di centinaia di armi di ogni genere, coltelli, bastoni, mazze, martelli, machete, chi più ne ha più ne metta, e ben presto la ricerca dell’arma definitiva diventerà una delle principali motivazioni del giocatore ed attrattive del titolo, secondo un meccanismo psicologico che i giocatori di Diablo e Borderlands conoscono alla perfezione. Nonostante l’enorme ripetitività di fondo e la trama solo abbozzata Dead Island: Riptide riesce a trovare nel combattimento, nel looting e nel crafting dei fattori in grado di attirare, motivare e divertire l’utente.

Un paradiso tropicale che fa acqua un po’ da tutte le parti

Procedendo nel gioco la sensazione di Deja Vu diviene via via sempre più forte e le somiglianze con il primo episodio si estendono perfino all’impatto visivo. Il motore grafico utilizzato, il Chrome Engine 5, è lo stesso che muoveva Dead Island, e sia dal punto di vista stilistico, che da quello tecnico il gioco è indistinguibile dal suo predecessore. In Riptide ritroviamo quindi tutta quella serie di problematiche tecniche che avevano infatti colpito il primo episodio. Anche se a tratti la giungla di Riptide riesce a stupire l’occhio del giocatore, lo sguardo di osservatori più attenti può rapidamente cogliere le molte magagne di un motore grafico che non è assolutamente sullo stesso livello di engine più blasonati. L’ottima direzione artistica di Techland fa di tutto per creare il quadro di un paradiso tropicale che si è fatto inferno sulla terra, e fino ad un certo punto c’è riuscita. L’illusione rischia però di andare in pezzi ogniqualvolta il giocatore passa dall’osservazione all’azione: texture non di altissima qualità, modelli poligonali scarsi e riciclati all’inverosimile, simulazione fisica inesistente, imbarazzanti cali di frame rate, compenetrazione di poligoni, animazioni limitate ed approssimative… questi sono solo alcuni dei problemi di natura prettamente tecnica di cui il titolo soffre. Quel che è peggio è che si tratta di difetti già evidenziati nel primo Dead Island, che lo sviluppatore non si è nemmeno minimamente preoccupato di rivedere o sistemare, denotando una grande sciattezza di fondo e facendoci chiedere a cosa sia servito l’anno e mezzo di distanza tra i due prodotti. Uno dei maggiori e più criticati problemi del primo episodio è stato però fortunatamente in parte affrontato. Nonostante le successive patch abbiano infatti migliorato la situazione, il primo Dead Island si presento infatti sul mercato con un numero imbarazzante di bug, che minavano seriamente l’esperienza di gioco. Pur presentando ancora qualche piccolo bug (può capitare che un nemico si “congeli” a metà dell’animazione di attacco, l’insorgere di qualche glitch audio di minor rilievo o che il gioco non venga messo in pausa dall’attivazione di un filmato, lasciandoci in balia di eventuali pericoli), Riptide è giocabilissimo e lontano anni luce dalle horror stories del primo capitolo.

Massacrando zombie in compagnia

Così come il suo predecessore Dead Island: Riptide offre la possibilità di affrontare l’intera storia in modalità cooperativa online con altri giocatori. Il gioco è sostanzialmente lo stesso, ma affrontandolo in compagnia di amici la ripetitività delle missioni passa un po’ in secondo piano e la struttura del titolo è un pelo meno tediosa, aumentando il divertimento delle fasi più concitate. Rispetto al precedente episodio il netcode è stato migliorato e reso più stabile, con un sistema di bilanciamento del matchmaking più equilibrato. Affrontando esclusivamente le missioni principali il gioco è completabile in una decina di ore, mentre con le missioni secondarie il gioco duplica o triplica la sua durata. Il nemico principale della longevità di Riptide è però l’estrema ripetitività della struttura delle missioni, che potrebbe spingere i giocatori ad evitare le quest secondarie, od addirittura ad abbandonare il gioco prima del completamento. In questo caso la modalità cooperativa si rivela un grande aiuto visto che il maggiore livello generale di divertimento riesce a fornire una certa spinta per intraprendere ulteriori missioni.

Verdetto
6 / 10
La definizione di more of the same
Commento
Come già detto più volte nel corso della recensione, Dead Island Riptide è più un'espansione che non un sequel vero e proprio: tutto, dalla grafica alla struttura di gioco, è stato ripreso pedissequamente dal primo episodio, compresi molti difetti e problemi. Nonostante una realizzazione tecnica non all'altezza delle ambizioni degli sviluppatori ed un generale senso di trascuratezza e di ripetitività, gli elementi di base del gioco hanno comunque quell'idea, quella scintilla che gli permettono di brillare. In barba ai vari problemi Dead Island: Riptide, se preso a piccole dosi, riesce ad essere divertente. Così come Dead Island prima di esso, Riptide si conferma essere una nuova occasione sprecata da parte di Techland, che realizza un gioco solo sufficiente, mentre avrebbe potuto ambire a ben altri risultati. Chi non ha apprezzato il primo gioco farà bene a tenersi alla larga da questo capitolo perché non vi troverà nulla in grado di fagli cambiare idea, mentre l'acquisto è sicuramente consigliato a chi ha apprezzato il primo episodio e non se ne è ancora stufato. Chi intende avvicinarsi per la prima volta al mondo di Dead Island può farlo senza problemi con Riptide. Non è richiesta una particolare conoscenza dell'episodio precedente, e nonostante le grandi similitudini, il ridotto numero di bug e le marginali innovazioni di Riptide lo rendono un punto di partenza senza dubbio migliore del suo predecessore.
Pro e Contro
Basato su un'idea brillante
Divertente, nonostante tutto
Buono in multiplayer
Meno bug del predecessore

x Tecnicamente inadeguato
x Troppo simile al primo Dead Island
x Struttura di gioco eccessivamente ripetitiva
x Sensazione generale di scarsa cura

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