Parliamo del caso scoppiato qualche giorno fa riguardante la recensione di Black Myth: Wukong pubblicata su screenrant.com.
Questo è quello che avrei voluto scrivere. Ma invece parliamo del caso scoppiato qualche giorno fa a causa di uno screen senza contesto e approfondimento della recensione di Black Myth: Wukong pubblicata da screenrant.com, che i vari “giornalisti” e content creator hanno riportato senza la minima etica professionale. Vabbè voi direte ma quindi sto screen che riportava? Ve lo mostro qui sotto che facciamo prima.Una di quelle volte in cui informarsi fa bene.
Voglio espandere la mia cerchia e assumere più persone, farmi leccare finché non riesco a non avere un’erezione Feng Ji, membro fondatore di Games Science.Ma perché si sono presi la briga di parlare di inclusività? Gli illuminati del videoludo gridano alla ricerca di visibilità, cosa che non sta in piedi perché la regoletta del “nel bene o nel male basta che se ne parli” è una gran stronzata. Lo hanno fatto perché nonostante ormai sai che ti tiri addosso merda e che ti porta solo problemi parlarne in una recensione (di solito il contenuto che ha più visibilità) invece che su un approfondimento a parte (che avrebbero cagato 4 s
Per quanto poco impattante per l’articolo, ci teniamo a segnalare che da verifiche successive alla stesura è emerso come le traduzioni del report di IGN di cui di seguito potrebbero non essere accurate.
Lo hanno fatto perché negli anni Game Science è stata spesso al centro di polemiche a causa di comportamenti e dichiarazioni tossiche, misogine, grassofobiche che dimostrano che le scimmie non sono solamente all’interno del videogioco ma lo hanno anche sviluppato. In questo report di ign.com trovate i dettagli di tutta la questione, intanto vi lascio un paio di citazioni di livello perché sono bastardo e vi voglio rovinare la giornata:Lo spirito serpente è diverso da quello che avevo immaginato, ma se copro la metà inferiore con la mano, è ancora possibile masturbarsi Daiwei, technical artist Game Science
I punti G dei giochi maschili e femminili sono fondamentalmente diversi questo non è determinato dall’ambiente di gioco, ma dalle condizioni biologiche.Fanculo le femminucce, fanculo le storie d’amore tragiche, fanculo i fiori di pesco al chiaro di luna e gli studiosi che suonano il flauto! Alcune cose sono solo per gli uomini, la loro depressione, la loro rabbia, il loro dolore… Yang Qi, lead artist Game ScienceInsomma Vannacci come carriera post europarlamento sta pensando di mandargli un CV. E dire che ci avevano provato a pararsi il culo come sono soliti fare certi codardi intolleranti, perché le linee guida per poter ricevere il codice vietavano di parlare di aspetti politici di qualsiasi tipo – cosa che quasi tutti i giornalisti e creator hanno accolto con nonchalance, tanto quando mai lo hanno fatto? Chissene frega se ometto che stai dando soldi ad una SH demmerda? Io devo dirti solo se è divertente, ti dico se la schivata funziona, se ci sono cali di frame rate, così sì che il dibattito videoludico sale di livello, altro che parlare di quello che pensano gli autori delle donne. Il problema è che quando una scimmia incontra un essere pensante, l’essere pensante glielo mette al culo perché l’autrice ha parlato di inclusività. L’autrice accenna agli avvenimenti controversi che hanno coinvolto l’azienda, ma fa riferimento soprattutto al materiale letterario a cui l’opera si ispira, Black Myth: Wukong è una trasposizione videoludica ispirata al racconto Viaggio in occidente, dove i personaggi femminili sono diversi e anche importanti ma ovviamente quasi totalmente spariti nel videogioco. Ora, se vogliamo raccontarci che sia un caso e che non c’entra assolutamente nulla la misoginia dei “piani alti” di Game Science possiamo chiuderla qui e uscire a prendere un caffè alla fine dell’arcobaleno a cavallo del mio unicorno. L’autrice comunque sottolinea anche come questo non tolga nulla ai pregi e difetti dell’opera in sé ma che comunque era doveroso parlarne in sede di recensione. Ma questo ovviamente i fenomeni da baraccone del web lo hanno omesso, limitandosi allo screen di cui sopra. Io non ho ancora messo mano al gioco e quindi non sto a darle ragione a prescindere dalla questione personaggi femminili, perché non ho verificato. I fatti scabrosi riguardanti Game Science invece sono abbondantemente comprovati, quindi aveva tutti gli elementi per essere dibattuta civilmente e seriamente rispondendo alle argomentazioni della giornalista piuttosto che lanciata a caso nel turbinio della gogna mediatica dei “non si può più dire niente signora mia”. Quelli che fanno la figura più becera sono come al solito creator e giornalisti che hanno alimentato una shitstorm senza senso. Sarebbe bastato leggere la recensione (tra l’altro scritta benissimo e super dettagliata) per capire che il tema dell’inclusività è tutt’altro che forzato da inserire nell’analisi. Certo non pretenderemo mica che chi fa informazione possa addirittura spendere 5 minuti per leggere? Sul report di IGN si parla di quanto quest’opera sia importantissima per il mercato videoludico cinese e di come possa aiutarlo a sfondare le porte internazionali, e che quindi come al solito sull’altare dei fatturati e del capitale tutto il resto è sacrificabile e passa in secondo piano. Tutto è accettabile, tutto perdonato, nonostante da Game Science non siano mai arrivate scuse o dichiarazioni di pentimento per nessuno degli avvenimenti incriminati. Questa è l’ennesima dimostrazione di come il settore videoludico mondiale sia allineato a questa visione in cui è il giochino finale che conta e l’ambiente in cui è stato sviluppato è indifferente, di come emerga fin troppa gentaglia che sostiene che i videogiochi siano arte per darsi un tono ma continua a trattarli da prodotto di consumo e che non ci pensa due volte ad affossare chi invece cerca di dare qualcosa di più, alimentando anzi in modo indiretto certe pratiche violente senza nemmeno avere il coraggio di farlo apertamente. Gente che dimostra ogni giorno di non meritare minimamente il pubblico che ha. Non è giusto che io non possa leggere il nome di chi ha fatto un buon lavoro e debba invece ogni giorno ritrovarmi sul web facce di chi si crogiola nella mediocrità senza il minimo ritegno, ignorando tutto quello che gravita attorno alla produzione di un’opera. Perché non importa quanto sia problematico, se non ne parlo non esiste. IGN racconta di sviluppatrici costrette a rilasciare interviste sotto pseudonimo per denunciare certi comportamenti, a rischio di ripercussioni sulla loro carriera e non solo da parte dell’azienda di turno ma anche dello Stato. E nonostante questo hanno voluto parlarne come potevano, perché poverine pensavano che almeno nel mercato occidentale qualcuno avrebbe alzato un polverone e gli utenti sarebbero stati più sensibili a certi temi – a differenza della Cina in cui è normale che le donne siano discriminate e trattate come oggetti. Mi dispiace, care ragazze, ci avete sopravvalutato. Non so se lo sapete, ma il capitalismo lo abbiamo inventato noi! Chiudo con una citazione proprio di una delle intervistate: “Questi sviluppatori uomini non hanno mai pagato il prezzo per i loro commenti misogini.” – e aggiungo io, continueranno a non pagare per colpa nostra. Divertitevi!
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