Il caso Aeon Must Die ha rimarcato che la tutela degli sviluppatori di videogiochi è importantissima per la salvaguardia del gaming
Lo State of Play del 6 Agosto è stato teatro di uno degli episopdi peggiori che siano mai stati visti negli ultimi anni nel mondo del gaming. Mentre sul palco virtuale di Sony vengono le nuove IP in arrivo su PS4, il team di sviluppo di Aeon Must Die divulga infatti un file dropbox contenente delle pesanti accuse a Limestone Games e a Focus Home Interactive. L’accusa principale è che Limestone abbia rubato l’IP di Aeon Must Die al team, che si è licenziato un mese fa a causa della gestione terribile del progetto da parte del CEO Yaroslv Lyssenko. Di fatto quel trailer è un furto di proprietà intellettuale. La questione ha sollevato una volta per tutte la questione della tutela degli sviluppatori di videogiochi e del diritto d’autore nel mondo del gaming.
Il file dropbox (che trovate integralmente a
questo link) contiene una serie di retroscena
atroci e
vergognosi che raccontano bene lo stato della tutela inesistente degli sviluppatori di videogiochi nel mondo.
Limestone è una realtà piccola basata in Estonia, ma il caso
Aeon Must Die è solo il più recente esempio di malagestione nell’industria. Non solo, in questo caso la situazione va ben oltre il gaming e si configura come un’infrazione del diritto lavorativo. Siamo di fronte ad un caso emblematico che deve far riflettere sulla sostenibilità di quest’industria. Non schierarsi, ora, significa non avere a cuore chi lavora in questo mondo.
Le accuse del team di sviluppo a Limestone Games e Focus Home Interactive
Quella raccontata dal team è una situazione lavorativa terribilmente malsana. Parliamo di persone non retribuite che hanno lavorato per mesi
senza contratto in un’azienda che ha avuto chiari problemi di malagestione ma che ha preferito addossare le colpe di tutti i problemi e di tutti i ritardi sul team. Non solo, a quanto pare il team era sottodimensionato e ogni membro doveva ricoprire più di una posizione contemporaneamente. Tra le accuse mosse al CEO dell’azienda c’è anche quella di aver costretto i membri del team ad anni di
crunch estenuante sotto la costante minaccia di licenziamento.
Il CEO di
Limestone, tra l’altro, ha rifiutato tutte le richieste del team e ha minacciato i dissidenti di ritorsioni. A seguito di tutte queste turbolenze i dipendenti hanno rassegnato le dimissioni, ma il CEO ha risposto
licenziandoli. La gravità della situazione è inaudita: in Estonia esiste un registro dei lavoratori, e un licenziamento per inadempienza porta all’apposizione di un marchio che rende infinitamente più difficile trovare un nuovo lavoro.
Il CEO di Limestone ha prima costretto il team a lavorare con una paga pari allo stipendio minimo, impedendo a molti di ribellarsi a causa delle precarie condizioni finanziarie dei singoli membri,
poi ha tentatto di danneggiarli a livello istituzionale, rendendo ancora più difficile la ricerca di un nuovo impiego nel settore.
L’atteggiamento criminale di Focus Home Interactive
Durante i mesi di protesta, il team di sviluppo ha chiesto aiuto al publisher di
Aeon Must Die,
Focus Home Interactive. Le mail confidenziali del team non solo sono state praticamente ignorate, ma sono state divulgate al CEO di
Limestone, permettendogli di agire (sempre al di fuori della legalità) contro chi denunciava le condizioni di lavoro insostenibili. Negli ultimi giorni si è parlato del fatto che
Sony sia stata disattenta, e si è cercato di dargli buona parte della colpa della situazione imbarazzante. In realtà è assolutamente plausibile che Sony fosse all’oscuro della situazione, dal momento che il team ha chiesto esplicitamente aiuto al publisher, e non ai rappresentanti di Sony. Ciò che rende ancora più vomitevole la situazione è la presa di posizione di
Focus Home Interactive:
Il publisher se ne è lavato le mani, dicendo di non essere a conoscenza della situazione del team dietro a
Aeon Must Die. Il team però ha divulgato una delle lettere inviate a
FHI (visibile
qui) dove mette in chiaro la situazione. Il publisher era quindi a conoscenza di tutto, al punto che recapitava le mail d’accusa direttamente al CEO di
Limestone, permettendogli così di minacciare i dipendenti.
Aeon Must Die è stato trattato come un qualsiasi prodotto da vendere sul mercato, senza nessuna considerazione per la salute e la dignità di chi per anni ha subito soprusi e minacce per svilupparlo. Non solo:
FHI ha finto di non sapere nulla pur di presentare il gioco allo
State of Play, come se non ci fossero enormi problemi legati al diritto d’autore di uno dei loro videogiochi di punta.
Un atteggiamento vergognoso.
Aeon Must Die ci ricorda che la tutela degli sviluppatori di videogiochi è una questione urgentissima
Il caso di
Aeon Must Die è solo l’ennesimo esempio di abusi legati all’industria del gaming. Da mesi internet pullula di
denunce alle aziende da parte dei dipendenti.
Si parla di abusi, minacce e ambienti di lavoro insostenibili, oltre che il solito crunch micidiale che mette in ginocchio i dipendenti di quest’industria.
Tutto questo è dovuto al fatto che la tutela degli sviluppatori di videogiochi è considerata dannosa dalle grandi aziende. Sono anni che ci chiediamo se è giusto che
i videogiochi parlino di politica.
È ora che sia la politica a parlare di videogiochi
Qualcosa si sta muovendo, va detto, ma è ancora troppo poco. Il caso degli sviluppatori di
Red Dead Redemption 2 obbligati a lavorare
100 ore a settimana è ancora freschissimo. Gli ex dipendenti di
Naughty Dog si sono lamentati apertamente delle condizioni di lavoro estenuanti, ed è di pochi giorni fa la protesta dei dipendenti
Blizzard sulle paghe ridicole dell’azienda. Parliamo di aziende in cui i “pezzi grossi” arrivano a guadagnare fino a 40 milioni l’anno, mentre ci sono
dipendenti costretti a saltare i pasti a causa degli stipendi bassissimi. Il caso Aeon Must Die è stato costruito dai dipendenti di
Limestone in modo da fare più rumore possibile, e ha funzionato. Il danno d’immagine causato all’azienda e a
Focus Home è gigantesco, e si è accesa una nuova luce sulla questione dei diritti degli sviluppatori.
Cosa possiamo fare noi appassionati?
Per quanto riguarda
Aeon Must Die, non va supportato in nessun modo fino a che non viene chiarita la questione dei diritti e non venga fatta chiarezza sull’accaduto.
Si tratta di consumo consapevole, che tiene conto della tutela del diritto d’autore dei videogiochi e degli sviluppatori. In quanto consumatori, l’unica arma che possiamo utilizzare e quella dell’acquisto. Negare l’acquisto di un videogioco perché si è venuti a sapere che chi lo ha prodotto lo ha fatto in condizioni lavorative inadatte è la presa di posizione più grande che possediamo, perché va a ledere l’organo che muove le grandi aziende: il portafogli.
È anche giusto chiedere una stampa di settore che si occupi in prima persona di quello che succede nel mondo dello sviluppo, in modo da poter rendere la vita impossibile alle aziende che abusano dei propri dipendenti.
Che il caso di un videogioco nato morto possa portare alla morte del videogioco come lo conosciamo oggi. La situazione deve cambiare in maniera drastica e dobbiamo fare
tutti la nostra parte. Chi sviluppa videogiochi lo fa per passione ed è inaccettabile che venga trattato come un agnello da sacrificare sull’altare del profitto. Vi lascio con un estratto dalla lettera inviata dal team di
Aeon Must Die al publisher. Poche righe che sintetizzano alla perfezione l’inferno in cui vivono gli sviluppatori, spesso intrappolati in una serie di ricatti che gli impediscono di chiedere aiuto.
Che sia d’esempio per tutti.
#LiveTheRebellion