Ubisoft, sorpresa dagli scarsi risultati di Breakpoint e The Division 2, mette in discussione il proprio ciclo produttivo.

Brutto periodo per mamma Ubisoft, arriva una bella batosta ed il ciclo produttivo dei videogiochi di punta subisce un grosso rallentamento. Infatti Breakpoint e The Division 2 non hanno riportato a casa i risultati sperati e questo ha dato dei grattacapi alla software house francese. Ora Ubisoft sta pensando di rivedere da zero il proprio ciclo produttivo, per capire dove sia la falla che ha causato l’arresto.
Come se non bastasse, dopo le deludenti vendite di Breakpoint, l’azienda francese ha posticipato il periodo di lancio di tre nuovi titoli.
Rainbow Six Quarantine, Watch Dogs Legion, e Gods and Monsters erano previsti per inizi 2020 ma sono stati posticipati a fine 2020 inizi 2021. Tutto sembra far pensare ad una manovra da parte di Ubisoft per correre ai ripari e cercare di migliorare la qualità dei propri prodotti.

Ubisoft sta pensando di rivedere da zero il proprio ciclo produttivo, per capire dove sia la falla che ha causato l'arresto.

Teoria che ci viene confermata da Famitsu durante il suo ultimo podcast sull’argomento. Jason Schreier ha infatti dichiarato di aver parlato con alcuni dipendenti Ubisoft, confermando dei grossi cambiamenti nel ciclo produttivo.
Come se non bastasse, arriva anche una dichiarazione di Yves Guillemot che ammette di aver toppato con Breakpoint e di aver imparato dai propri errori. Per questo gran parte dell’utenza ha quasi del tutto disprezzato il nuovo gameplay dell’ultima iterazione della serie Ghost Recon.

Un modello, il GaaS (game as a service), che lo stesso Guillemot aveva dichiarato di preferire in quanto “Per noi è più facile aumentare le possibilità offerte da un titolo che ripartire da zero.” A quanto pare, però, ora il boomerang sta tornando indietro e Ubisoft se lo sta prendendo dritto in testa. A dimostrazione che la via più facile, non è mai quella migliore.

Che Ubisoft sia fra le prime a sperimentare l’inizio di un lento, ma non troppo, declino del Game As a Service? Che stia subendo una battuta d’arresto studiata per tappare le falle ed evitare di affondare in un mare pieno di squali? Non possiamo saperlo ma di certo sappiamo che il modello GAaS sta portando ad una concreta stagnazione del medium videoludico. Ci troviamo fra le mani sempre più titoli incompleti pagati a prezzo pieno, che vengono supportati ed ampliati per anni. Creando così mostruose opere piene di attività ripetitive volte a trattenere il giocatore in un limbo e che di concreto non lasciano nulla.

The Division 2 e Breakpoint sono solo le ultime vittime di un complesso macrocosmo che si è venuto a formare intorno al Live Game. Destiny 2, Anthem, Fallout 76, sono tra i più clamorosi casi di insuccessi del Game as a service. Partiti con grandi aspettative e progetti, si sono poi infognati a causa della scarsità di contenuti, della mancanza di lore e di trame coinvolgenti. Da qui, il passo verso la gogna mediatica e poi il dimenticatoio è stato breve, in un mercato in cui l’utenza è feroce e crudele. La bella gallina dalle uova d’oro si è ora trasformata in un’arpia difficile da gestire, molto fruttuosa per chi la sa domare, letale per chi la sottovaluta.

Siamo forse davanti all’inizio di una crisi di coscienza che porterà le Big dell’industria videoludica a rivedere il proprio ciclo produttivo? Sarà soltanto un caso isolato dopo il quale torneremo a riavere i soliti titoli fatti con lo stampo? Il Game As a Service lascerà il posto a nuovi sistemi di sviluppare giochi, più adatti all’ozioso, grasso ed opulento pubblico che chiede sempre nuovi contenuti? O qualcuno riuscirà a domare una volta per tutte l’arpia dalle uova d’oro e fare da esempio per gli altri? Ai posteri l’ardua sentenza, nel frattempo noi restiamo a guardare e a godere delle perle che questa stessa industria sa creare. Speriamo che questi contraccolpi smuovano il ristagno in cui stiamo pian piano, ma volutamente, annegando.

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