L’avvento del digitale e dei grandi franchise ha segnato la fine di molti negozi di videogiochi indipendenti, ma in mezzo a questo mare di desolazione un piccolo negozio nella bergamasca continua a resistere.

Milano. Luglio 2018. 32 gradi. Io e i miei amici siamo nel bel mezzo di una chiusone colossale del primo Silent Hill, leggendario gioco per PS1. Finiamo il gioco con la smania di voler giocare subito il secondo capitolo. Dato che il tempo degli esami era appena finito avevamo tutto il tempo del mondo per dedicarci a questa ricerca impossibile. Ebay lo abbiamo subito scartato perché la spedizione avrebbe impiegato almeno una settimana, ma eravamo nel bel mezzo di una crisi di astinenza: o subito o morte.

Dopo una ricerca forsennata in vari negozi di videogiochi nel capoluogo lombardo, l’amico Paolo, da noi battezzato “l’Asterix della Val Cavallina” a causa della chioma fluente e del suo spiccato accento bergamasco, dice di sapere. Fa una telefonata e Hanno la deluxe a 35 euro”. Il posto è a Curno, un paesino in provincia di Bergamo rinomato per la sua enorme quantità di centri commerciali.

il centro commerciale Zebra
Arrivati al centro commerciale “Zebra”, Paolo ci conduce in questo negozietto all’ultimo piano. Entriamo e l’effetto è più o meno quello delle fine del primo Indiana Jones, centinaia di giochi per ogni console esistente, non in enorme magazzino, ma in negozio poco più grande del mio soggiorno. Il ragazzo alla cassa ci guarda e con un sorriso beffardo si prende gioco dei nostri accenti milanesi. Resistiamo alla provocazione e chiediamo di Silent Hill. Il ragazzo, che poi scoprirò chiamarsi Thomas, ci apre una teca di vetro e ce lo consegna: “E’ migliore della saga, quando l’ho giocato mi sono cacato addosso“. Rimango sorpreso dalla conoscenza di Thomas in materia. “Comunque dammi 30 euro e siamo a posto“. Mentre pregustiamo il nostro acquisto entra il collaboratore di Thomas, Patrizio, che esclama”Pota se volete ho anche il 3“.

Nei sei mesi successivi tornerò al Playstore tante, troppe volte. Considerando che Curno da Milano dista 40 kilometri, cosa mi ha spinto a spararmi la Milano-Venezia avanti e indietro (80 kilometri a botta) per andare a comprare i videogiochi proprio in quel negozietto sperduto?

Ho intervistato i due eroi, Thomas e Patrizio che hanno posto fine alla nostra forsennata ricerca di Silent Hill 2 per farci spiegare da dove deriva il potere, attrattivo di quel negozietto a Curno.

“Ciao ragazzi,  per rompere il ghiaccio partiamo da voi: quale è stata la vostra prima console?”

Thomas: “Ma guarda, penso che la mia prima console sia stata l’Atari 2600. Vivevo ancora a Bergamo, avrò avuto 7 anni e miei me l’avevano regalata per Santa Lucia.

Patrizio: “Non mi ricordo, penso comunque una di quelle baracconate per giocare a Pong”

Rimango sorpreso dato che quelli che pensavo essere ragazzi sono in realtà molto più vecchi di quello che sembra: Thomas è nato nel 1980, Patrizio nel 1966 e rivenditore dall’88. Mi domando come ho potuto anche solo pensare che fossero ragazzi, chessò, al massimo trentenni. E qui interviene la spiegazione della mia ragazza: in un ambiente che cambia alla velocità della luce come quello dei videogiochi, o ti adatti o non se ne fa niente. Videogiochi elisir della lunga vita? Forse…

Da sinistra: Patrizio e Thomas, compagni di avventure dal 2004
Accipicchia! Non pensavo foste così vecchi, quindi avete vissuto in pieno la rivoluzione Sony..

Thomas: “Io avevo già dato l’anima per il NES, all’epoca avere un gioco nuovo all’anno era una vera festa. Mi sono spaccato le dita su Double Dragon e sul quel gioco dei Simpson con Bart [The Simpsons: Bart vs. The Space Mutants N.d.A]. Quando è uscita la PS1 mi ricordo che l’avevo presa al Gameland di Milano a fine 1995, facendo a metà con mia cugina. Dalle riviste avevo visto il Formula 1 della Psygnosis e avevo pensato “Cazzo, che grafica, altro che Saturn!”. Mi ero addirittura fatto la modifica per giocare i titoli import… all’epoca o la localizzazione non arrivava o arrivava dopo mesi e mesi. Da lì mi è partita la scimmia per gli JRPG, me li sono giocati anche in giapponese! (ride). Suikoden, Final Fantasy VII, The Legend of Alundra. Poi è uscito Metal Gear Solid… l’ho giocato in tutte e tre le versioni Pal, Jap e Ntsc. La scimmia poi è continuata anche con la PS2, avevo speso tipo 150 euro per farmela modificare per giocare Suikuden III americano. Ovviamente da lì ho iniziato a collezionare i giochi, rivolgendomi a questo negozio di Bergamo, si chiamava “Ambogiochi”, il cui proprietario era nientepopodimeno che Patrizio! Per 5000 lire ti faceva noleggiare un gioco… e dato che per anni ero sempre lì, appena uno si è licenziato mi sono proposto e pem! dal 2004 siamo fratelli di sventure”

Patrizio: “(ride) Pota [in questa intervista sono stati detti un sacco di pota, tipico e intraducibile intercalare bergamasco. Che la menzione di questo valga per tutti! NdA], io invece non sono mai stato un giocatore, più che altro mi sono sempre adoperato per fare giocare gli altri. I miei genitori avevano un negozio di giocattoli, e fin da piccolo mi hanno sempre tenuto lì a dare una mano. Nel 1988 ho aperto il mio negozietto a Bergamo, quello che diceva Thomas, l’Ambogiochi:

Mi ero disposto una vetrinetta per i videogiochi Nintendo, da giocatore avevo capito che quella roba lì avrebbe avuto un futuro.

Con gli anni quella vetrinetta si è ingrandita fino a prendere dentro tutto il negozio e da lì ho incominciato a trattare anche l’usato e sopratutto l’import, credo di essere stato il primo in Lombardia, ma di sicuro il primo a Bergamo! Proprio grazie ai miei contatti con il Giappone ho giocato Chrono Chross  su Ps1, armato di pazienza e dizionario. L’età d’oro infatti è arrivata proprio con la Play 1, da lì i videogiochi non erano più quella roba lì, erano una cosa vera e propria, la console era diventata parte dell’elettronica, non più dei giocattoli. All’inizio comunque fu un salto nel vuoto: presi i contatti con Sony e questi mi imposero un contratto di almeno 50 console, con 4 giochi ognuna. Considerato il totale in lire ancora oggi sudo freddo! Per fortuna la console fu un successone. Da lì Ambogiochi incominciò ad espandersi..”

Quindi sei riuscito ad uscire da Bergamo?

Patrizio: “Sì, conobbi questo ragazzo di Monza anche lui specializzato in import e da lì aprimmo molti negozi: Vimercate, Treviglio, Brescia. Eravamo una realtà abbastanza famosa, avevamo incominciato ad organizzare anche tornei, prima tra amici a notte fonda dietro le serrande del negozio, poi abbiamo incominciato ad avere successo anche tra i clienti. Sempre a metà degli anni ’90 che ci contattò perfino un canale satellitare di Bergamo dedicato solo ai videogiochi, si chiamava Gamenetwork, era gestito da Halifax. Ogni giovedì ci davano uno spazio per fare vedere le anteprime dei giochi, mostrare i tornei e tutte cose di questo tipo.”

Un canale via cavo per i videogiochi a metà degli anni ’90 a Bergamo, un franchise di successo, questa epoca d’oro sembra non finire mai…

Thomas: “E invece anche le cose belle finiscono (ride), scherzi a parte il mercato è cambiato molto a partire dal 2006 quando hanno incominciato ad arrivare le grandi distribuzioni in franchise e dopo anche il digitale. Se a inizio 2000 riuscivamo a vendere 1500 copie di PES, ora anche solo arrivare a 150 è un traguardone.

Molte grandi distribuzioni si sono prese molte fette di mercato con pratiche che aggressive è dire poco, specie quando si parla di piccoli negozi, che comunque saranno sempre in minoranza.

Una delle tattiche più diffuse con l’avvento della Play 3 era quella di super-valutare alcuni dei giochi peggiori così da fidelizzare forzatamente il cliente e costringerti a prendere tutto da loro. Per dirti, Firework per ps2 usato -non esattamente un giocone – arrivavano a valutartelo tipo 25/30 euro. Una catena in particolare poi si era presentata come distributore sotto falso nome, per prendere rapporti con i negozi e tastare il terreno, capendo in quali location un negozio avrebbe avuto più successo. Abbiamo assistito anche ad aperture farlocche per intimidire i negozi  indipendenti e farli chiudere. Contro queste tattiche da servizi segreti noi potevamo fare ben poco..”

Patrizio: “Lì infatti il periodo d’oro era proprio finito… senza contare che l’avvento di internet ha anche attentato alla salute mentale del nostro Thomas, con il suo anno e mezzo da dipendenza da World of Warcraft (ride). Scherzi a parte anche il rapporto con le case di produzione è cambiato, i distributori si sono fatti sempre più ingombranti e sempre meno disponibili al compromesso, non mi ricordo per quale PES dovetti negoziare un accordo tipo 400 PES, 100 Smackdown e 100 giochi della bibbia per avere uno sconto misero del 2%. Nel 2009 poi abbiamo cercato di salire sul treno dei franchise con Opengames, ma la gestione manageriale sbagliata ci ha fatto capire che la barca stava affondando e quindi ho ceduto tutti i punti vendita. Nel 2014 ho deciso di riaprire Playstore”

Thomas e Space Invaders, un amore che si dimentica
Ma quindi la domanda sorge spontanea… come fa un negozietto come il vostro a sopravvivere tra avvento del digitale e concorrenza spudorata dei franchise?”

Thomas: “So la risposta ma qui faccio parlare Patrizio”

Patrizio: “Onestamente è il segreto di Pulcinella: noi veniamo in contro al cliente. Playstore è 70% passione, e 30% business. Puoi venire qui venti volte e non comprare nulla, ma noi saremo sempre disponibili, vuoi scambiare un gioco per qualcosa che ti interessa? Vuoi provare un gioco pere vedere se ti piace? Da noi puoi farlo. Una cosa importante poi è anche quella di mostrarsi sempre preparati:i videogiocatori sono persone esigenti, e sentirsi rispondere cose tipo “Halo lo vuoi per Ps4?” ti fa proprio cadere le palle (ride). E poi puntiamo sempre sul “fare sentire a casa“. Sono per queste vie traverse possiamo fare concorrenza alle catene, perché di battaglie con i prezzi noi ne possiamo fare ben poche”

Mentre scrivo capisco cosa mi spinge a fare 80 kilometri a botta: la sensazione di tornare a casa

Quindi come lo vedete il futuro, su cosa stante puntando per differenziarvi dal mercato?

Thomas “L’allargamento al digitale di sicuro non ha giovato a noi rivenditori fisici, per contro abbiamo deciso di puntare ancora sull’import e sopratutto sul retrogame. La nostalgia che va tanto di moda adesso ha fatto crescere un sacco il mercato per le console vecchie. E poi pretendere di essere un negozio di soli videogiochi nel 2019 è irreale: o allarghi il business anche all’elettronica tipo telefoni/computer o hai poco da vivere. Per dirti la maggior parte delle entrate del negozio viene si dall’usato, ma una fetta importante viene anche dalle riparazioni dei telefoni”

“A proposito di import, vedo che il negozio è strapieno di giochi Jap

Thomas: “Questa è una bella storia: in pratica un nostro amico napoletano era infoiato di collezionismo e aveva la casa dei genitori strapiena di collector dal Giappone. Siamo andati la a ritirare tutto e siamo tornati con un camion strapieno di giochi giapponesi. Per dirti c’erano giochi anche in bagno e nella dispensa, tra la pasta e la frutta”

Per quanto riguarda i tornei direi che siete stati davvero pionieristici ad organizzare LAN party così presto. Fate ancora qualcosa in questo campo?

Patrizio: “Ora organizziamo una volta all’anno tornei in questa associazione che hanno creato dei nostri amici, la LiveLigue, con anche premi in denaro. I giochi che vanno per la maggiore rimangono i Pokemon e Fifa, ma recentemente abbiamo inserito anche Fortnite, anche se io a dire la verità ero un pò  contrario”

“Non ti piacciono i multiplayer online?”

Patrizio: “Capiscimi: io ero abituato a Link o a Cloud nei dungeon, al massimo giocare ad Halo in co-op, diciamo che sono rimasto single player..”

“Ti capisco benissimo. Per concludere vi faccio la domandona: di questi ultimi anni quale è stato il gioco che vi è piaciuto di più?”

Thomas: “Io sono sempre stato un uomo della Quantic Dream, quindi ti direi Detroit: Become Human

Patrizio: “Io direi The Last of Us, quando i clienti mi chiedono di consigliare un gioco dico sempre quello, ha lo strano potere di continuare ad affascinarmi”

Dopo aver salutato i nostri amici, ho capito bene cosa mi ha colpito di Curno: gente preparata, che ha i miei stessi interessi e che non ha paura di sfidare i colossi, mettendoci il cuore in quello che fa. Playstore ha il potere di svecchiare quell’odioso detto “il cliente ha sempre ragione” in “il cliente è sempre soddisfatto“. Realtà come quella di Patrizio e Thomas sono davvero rare al giorno d’oggi e per questo meritano avere l’occasione di raccontare la loro storia.

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