Anche in Policenauts ovviamente abbondano le citazioni al cinema, a partire dai due protagonisti Jonathan e Ed che ricordano lo scoppiettante duo Mel Gibson – Danny Glover in Arma Letale. Anche il personaggio di Meryl (!) che appare qui per la prima volta, seppur in veste molto diversa dall’inesperta recluta di MGS1.
Policenauts rientra in quel genere di avventure grafiche punta & clicca che tanto hanno reso grandi gli anni Novanta. La storia si svolge nel 2030, tra la Terra e la prima colonia terreste creata nello spazio, Beyond. In questo contesto a metà tra il poliziesco e lo sci-fi, troviamo Jonathan Ingram, affasciante detective pronto a tutto, e la sua indagine sulla scomparsa di un uomo, Hojo Kenzo, che lo porterà e rincontrare tanti vecchi nemici amici . Tra ambientazioni che strizzano l’occhio agli anni ’80 ed esoscheletri ipertecnologici, il gameplay si compone di fasi di esplorazione, puzzle da risolvere e momenti à la Time Crisis, in cui bisogna sparare ai nemici muovendo il puntatore (momenti per altro compatibili con la light-gun). Il gameplay a tratti può apparire un po’ troppo ripetitivo, soprattutto per il fatto che per avanzare bisogna sviscerare TUTTE le conversazioni con gli altri personaggi, e quindi sorbirsi tutta una serie di dialoghi che alcune volte esulano un po’ troppo dalla trama. Per quanto frustrante può apparire la struttura “evento>dialoghi>seleziona ogni opzione>non riuscire ad andare avanti perché si è saltato proprio quell’opzione lì”, comunque il gioco vale pena si essere giocato per il fattore immersività.
Si può parlare infatti dell’ottima caratterizzazione dei personaggi, che emerge per esempio dalla puntuale direzione del doppiaggio, organizzata in maniera tale da fare parlare chi vive sulla Terra e chi vive su Beyond con accenti diversi, di modo da fare emergere ancora di più quella sorta di tensione sotterranea tra la Terra e Beyond. La Terra ormai è invasa dall’inquinamento, il clima è impazzito e la caduta della civiltà umana sembra palpabile. Beyond invece è brillante, nuova ma sotto il controllo della multinazionali. E come se non bastasse produce quantità enormi di rifiuti che stanno inquinando addirittura lo spazio. Il comparto grafico e l’estetica che Kojima ha voluto creare si può riassumere in: Beverly Hills Cop incontra Space Dandy, il mix è perfetto! Ogni schermata appare ricca di dettagli, colorata e ben costruita in un’estetica che strizza l’occhio a tutta l’animazione giapponese anni’80. Stessa cosa per le cut-scene, davvero godibili e che mirano a costruire un’atmosfera che solo Kojima – uomo fatto al 70% di cinema – può creare. Il giocatore si trova quindi in un enorme anime scifi, in cui ogni dettaglio contribuisce ad aumentare il senso di un’immersione nel futuro.
I dialoghi ovviamente giocano un ruolo fondamentale, con un cast di doppiatori davvero eccellente: anche se il sottoscritto non sa nulla di giapponese comunque ha potuto sentire la grande dedizione del doppiatori, ognuno presentato assieme al personaggio doppiato, in pieno stile Kojima. Da questo punto di vista il gioco è stato avveniristico: è stato uno dei primi a poter vantare di lunghi dialoghi recitati e registrati in studio.
Un altro punto forte è sicuramente la colonna sonora, che si commenta da sola con il magnifico main theme, che risuona in tutti turning-points della storia.
(Vi ricorda qualcosa? Spoiler: MGS 1!)
Il titolo è sicuramente solido nel suo insieme, e poi non dura molto, io l’ho finito in 10 ore. Tuttavia le imperfezioni non mancano, alcune delle quali tipiche dello stesso Kojima, come ad esempio i dialoghi non saltabili, che spesso fanno da boner-killer nei momenti più concitati. Altro difetto è ancora la ripetitività delle sequenze, di cui ho parlato sopra. Qui poi inserisco un piccolo rant personale: per tutto il gioco vediamo questi robot mega tecnologici chiamati EMPS. Alche pensiamo “Non vedo l’ora di pilotarli!”. SPOILER non li piloteremo mai, e per di più quando li combatteremo, verranno giù a pistolettate. Meh
Comunque il difetto più grande è uno: la disarmante linearità della trama e colpi di scena telefonati. Non è per fare lo snob, ma dopo le trame intricate, i colpi di scena e tutta l’incertezza di Snatchers e dei Metal Gear, qui troviamo una storia che lascia intravedere il finale fin dalle prime ore di gioco e che lascia poco spazio agli stravolgimenti improvvisi: se un personaggio appare poco affidabile o sogghigna malamente, SPOILER allora è il cattivo. Una di quelle ovvietà che da Kojima non mi aspettavo, ma che comunque viene controbilanciato da un’ottima costruzione dei personaggi principali, ognuno con le proprie ombre e questioni irrisolte. A difesa di Kojima comunque posso dire, che quello che ha reso Arma Letale il cult che è, non è di sicuro la trama, ma i personaggi. E poi questo gioco ha una cosa che Arma Letale non ha, ossia il messaggio di fondo che il Grande Maestro vuole consegnarci.
Quello che Hideo Kojima costruisce è un mondo nello spazio, Beyond, perfetto e funzionale, soprattutto rispetto alla Terra, in cui ormai la criminalità così come l’inquinamento appaiono ormai fuori controllo. Beyond a prima vista può apparire come una sorta di arca di Noè hi-tech, in cui coloro che ci vivono sono destinati a salvarsi e a farsi carico dello sviluppo della razza umana. Tant’è che molti comportamenti che sulla Terra, chiamata Home, sono accettabili e diffusi, su Beyond sono una grave offesa, come fumare, associabile all’atto osceno in luogo pubblico, come a dire “Ehi Jonathan Ingram e la tua sigaretta sempre in bocca! Qui siamo responsabili e abbiamo voluto lasciarci i nostri vizi alle spalle!”.
Ma non è così.
Più ci si addentra nell’ambiente di Beyond, cercando di capire che fine ha fatto Hojo Kenzo, più si scopre che l’avanzamento tecnologico non ha portato l’uomo diventare più responsabile, ma soprattutto ha permesso ai suoi vizi di evolversi di conseguenza. La droga prediletta dagli abitanti di Beyond, il Narc, viene raffinata in impianti super all’avanguardia e questo la rende una panacea: ci si sballa con dosi inferiori al milligrammo, di conseguenza è irrintracciabile nel sangue, e quindi permette di mantenere nascosta la propria dipendenza.
La vicenda in cui Ingram si trova coinvolto tocca tutta una serie di punti che vengono sfruttati da Kojima come una sorta di finestra da cui il giocatore può vedere cosa succede quando allo sviluppo tecnologico non ne corrisponde uno morale. La tecnologia per Kojima un fattore neutro, che se cade in mani sbagliate, come quello delle multinazionali assetate di denaro (o terroristi con i capelli lunghi e un ego gigantesco, vero Liquid?), può fare molto più male che bene. Un altro tema affrontato da Policenauts è quello del traffico di organi: esseri umani che vengono uccisi e tenuti in uno stato tra la vita e la morte, chiamati biomort, per usarli come contenitori per gli organi, che poi saranno venduti al miglior offerente. “Orribile! Perché accade questo?” si chiede l’incredulo Ingram. Il gioco gli risponde: l’uomo si è espanso senza avere coscienza dei proprio limiti, infatti vivere nella colonia porta il corpo umano ad un deterioramento biologico che colpisce alcuni organi prima che altri. E per la legge della domanda e dell’offerta, la richiesta di reni, fegati e sa Dio quante altre parte del corpo aumenta. La noncuranza dell’uomo per i suoi limiti lo porta a creare un mercato di organi, in cui la merce non sono organi artificiali –che più volte il gioco ci dice essere irrealizzabili – ma organi di persone vive, di altri uomini. Persone come noi, persone che nel gioco abbiamo conosciuto e con cui abbiamo parlato. In conclusione se il messaggio in MGS è “LE BOMBE NUCLEARI SONO PERICOLOSE” , qui il messaggio è “LA RAZZA UMANA NON E’ ANCORA PRONTA PER LO SPAZIO E L’UOMO HA ANCORA PARECCHIA STRADA DA FARE”. Se l’uomo ha una morale difettosa, questa rimarrà difettosa sia sulla Terra sia nello spazio, per quanto cerchi di camuffarsi dietro a robot di ultima generazione e industrie avanzatissime.
In conclusione, la fatidica domanda – consiglieresti Policenauts? Di pancia: sì, giocatelo! Per gli anni ’80 fusi con il cyberpunk, per le atmosfere à la Kojima e soprattutto per il fatto di poter dare un senso a tutti quelle reference che tempestano la saga di Metal Gear Solid. E perché Hideo Kojima, lo chiamiamo grande maestro mica per niente.
BONUS Tutto il gioco poi è costellato, se non tempestato, di easter egg, che a loro volta rimandano ai primi Metal Gear. Alcuni dei più succosi – e chi ti fanno dire “NON CI CREDO!” – la già citata Meryl e il suo amico Dave (!) che il Policenauts fanno parte dell’unità FOXHOUND (!!), il bar visibile nella prima cut-scene si chiama Solid Snake, e il sangue bianco, che scorre nelle vene di tutti i cyborg su Beyond e che poi scorrerà anche delle vene di Raiden di MGS4. Bello, eh?
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