Correva l’anno di Nostro Signore 1997 quando, per la prima volta, i giocatori di Final Fantasy Tactics di tutto il mondo varcarono le porte dell’accademia magica di Gariland, per esplorare il magico mondo di Ivalice, che in futuro avrebbe accolto anche i giocatori di Final Fantasy XII, e, a breve, i giocatori di Final Fantasy XIV: Stormblood. Dieci anni dopo, Squaresoft, ora Square Enix, avrebbe raccontato di nuovo la storia di Ramza Beoulve e degli altri personaggi del Tactics in una rimasterizzazione dell’ormai cult PS1, con il titolo Final Fantasy Tactics: The War of the Lions.
Gli appassionati della saga di Square Enix almeno una volta nella vita avranno assistito (o partecipato) a discussioni in cui si vuole decidere il migliore dei titoli principali della saga. In quanto spin-off tattico, spesso Tactics viene escluso da queste competizioni, ma non prima di essere salutato e lodato con toni reverenziali dai partecipanti. Per capire l’origine di questo affetto per uno dei titoli della saga forse meno noto, ma lodato in tal modo, occorre fare un esercizio di prospettiva.
Una storia lunga 10 anni
Fino al primo capitolo su console Sony uscito nello stesso anno, ovvero Final Fantasy VII, i titoli della Fantasia Finale avevano conservato una loro identità nonostante ogni storia fosse separata dalle altre. Cristalli, aeronavi, regni fantastici, ambientazioni fantasy di classico stampo occidentale, regni, principi, principesse e magie la facevano da padrone, prima della “Rivoluzione Industriale” con i capitoli VII e VIII (non a caso il IX fu pubblicizzato come il ritorno dei cristalli).
Final Fantasy Tactics: the War of the Lions è la coronazione dei primi 10 anni della saga di Final Fantasy.
La storia di Final Fantasy Tactics prende ispirazione dalle grandi tragedie occidentali per realizzare un complesso canovaccio di personaggi, intrighi, e lotte di potere, dove ambizione e miseria sono due presenze costanti e angoscianti della narrazione. Chi era abituato alla risoluzione felice dei problemi delle città che venivano attraversate dagli eroi ha avuto un brutto risveglio con questo titolo, scoprendo che Square Enix è anche capace di raccontare miserie “umane”, che esulano dall’antagonista fumettistico e stereotipato. Le complicate vicende e lotte interne di Ivalice non lasciano un attimo di tregua, ed il bagno di sangue dettato dall’ambizione umana non conosce fine. È molto difficile riassumere in poche righe tutti gli avvenimenti e gli innumerevoli personaggi della Guerra dei Leoni, ma ci proveremo.
La Guerra dei Leoni per il trono di Ivalice sarà quindi uno dei veri protagonisti della storia.
La storia del gioco si svolge a Ivalice, un regno medievale nel pieno di una crisi dopo la fine della Guerra dei Cinquant’anni (ogni riferimento a vecchi continenti realmente esistiti è puramente casuale). La monarchia è indebolita da intrighi di corte e complotti, e la guida del paese è in realtà nelle mani della Chiesa di Glabados, una religione basata sulla divinità di Santa Ajora, e delle sue milizie, i cavalieri templari. Oltre alla chiesa, due forze si contendono il potere: l’ordine dei Cavalieri del Cielo del Nord, comandati dal Duca Larg, il cui simbolo è un leone bianco (e nella cui sfera di influenza inizialmente si trova anche Ramza Beoulve, un figlio bastardo di una grande famiglia, i Beoulve appunto), ed il Duca Goltanna, che ha un Leone Nero per emblema, che comanda i cavalieri del cielo del Sud. Entrambi i duchi hanno un loro protetto, rispettivamente il principe terzogenito Orinus e la principessa Ovelia, una nobildama adottata dalla famiglia reale in seguito alla morte dei primi due eredi al trono.
Il diritto al trono spetterebbe ad Orinus, e quindi indirettamente al Leone Bianco Larg, ma il parlamento indica come erede al trono, invece, Ovelia, ed il Leone Nero Goltanna come guida del paese. La Guerra dei Leoni eponima per il trono di Ivalice sarà quindi una dei veri protagonisti della storia, che, sfruttando un topos molto caro all’occidente che è quello del manoscritto ritrovato, ci viene raccontata da uno dei discendenti dei protagonisti, che afferma di averla trovata scritta fra alcuni testi considerati eretici. Scelta questa che, inizialmente, potrebbe essere considerata una banalità, un semplice vezzo, ma che acquista un proprio significato con l’evolversi della storia. La narrazione di questo titolo non si risparmia risvolti tetri e gretti, adatti all’ambientazione medievale del titolo, tra parricidi, stupri, e bagni di sangue, ed in questo Squaresoft dimostrò allora una maturità raramente espressa nella saga principale (più per mancanza di occasioni che di capacità, come dimostrato), coniugando l’epicità di Final Fantasy con la dimensione finita, più intima, di un eroe disilluso che lotta per i suoi affetti, più che per ambizione o per un ideale. Ovviamente, con tutte queste pedine sulla scacchiera, sarebbe legittimo immaginarsi un sistema di combattimento ed un gameplay che sposta l’attenzione dai personaggi fissi dei precedenti capitoli della saga.
Ed infatti è così.
Jobs Act? Job & Act.
In Final Fantasy Tactics la formula di esplorazione convenzionale del titolo viene abbandonata, pur conservando gli incontri casuali. La mappa di gioco ci mostrerà tramite dei puntini disseminate tra le regioni di Ivalice le località che potremo raggiungere, ma che vedremo solo durante le battaglie: visitando una città pacifica infatti, avremo accesso solo ad un’illustrazione e al menù dei negozi di armi e oggetti, o alle caserme dove ingaggiare nuove unità. Il gioco, infatti, ci dà l’opzione di reclutare mercenari da includere nei nostri ranghi, e per quanto procedendo nella storia sia anche possibile sbloccare unità “standard”, ovvero personaggi unici con le loro abilità e classe, uno dei punti di maggior interesse di Final Fantasy Tactics è proprio il Job System. Oltre alla classica EXP, le unità comandate in combattimento potranno acquisire Job Points, che gli permettono di salire di livello con ciascuna classe, e imparare nuove abilità. Salire di livello apre ulteriori classi, che a loro volta possono accumulare JP per salire di livello e sbloccare livelli, abilità e nuove classi. Inizialmente, avremo a disposizione solo due semplici professioni, lo Squire per le unità fisiche, e il Chemist per quelle magiche. Cavalieri, Arcieri, ed i classici job della serie come Black Mage, White Mage e Dragoon fanno la loro apparizione, ciascuno con la loro nicchia, e per quanto alcuni si rivelino più efficaci e versatili di altri, è possibile finire il gioco con numerose combinazioni di classi e abilità per i nostri personaggi. Ciascuna unità poi potrà “equipaggiare” una seconda classe ed accedere a quelle abilità anche mentre si usa un’altra classe come primaria. Uno degli effetti di questo sistema è che i nostri personaggi “arruolati”, pur restando anonimi nella storia, diventano importanti quanto se non più dei personaggi principali durante la battaglia. Con l’eccezione del protagonista (ed alcuni personaggi chiave in alcuni punti della storia), inoltre, tutte le nostre unità rischieranno di essere perdute permanentemente se non saranno resuscitate entro tre turni dopo essere stati messi KO, creando tensione per mantenere in vita le nostre unità faticosamente addestrate.
Turni alleati e nemici in Final Fantasy Tactics si intrecciano in una danza complessa ed avvincente.
Ma questo sistema profondo ed appagante non sarebbe stato recepito tanto bene dai giocatori se non avesse avuto un gameplay all’altezza, e anche qui Square Enix ha tirato fuori ottime idee: come in diversi giochi tattici (Fire Emblem, per fare un esempio) anche in Final Fantasy Tactics le unità alleate e nemiche saranno disposte su una griglia di quadrati, sulla quale muoversi e agire. In questo titolo però ciascuna unità avrà un suo orologio a dettare le azioni, chiamato Charge Time. Quando il Charge Time è a 100, sarà possibile effettuare qualunque azione, così come scegliere di non agire o di non muoversi per risparmiare Carica ed arrivare più rapidamente al turno successivo. I turni alleati e nemici in Final Fantasy Tactics si intrecciano in una danza complessa ed avvincente. Un’unità nemica (che pensavamo avrebbe attaccato dopo) viene velocizzata da un Time Mage con Haste. La spada del nostro Knight viene distrutta con un colpo fortunato del Knight nemico, riducendo il suo valore d’attacco. Ciò aggiunge imprevedibilità alla formula di gioco, rendendo le battaglie di gran lunga più varie.
Altra caratteristica fondamentale di questo Final Fantasy è il fuoco amico. Gli attacchi ad area lanciati da Black Mage o da altre unità colpiranno senza fare distinzione tra nemici ed alleati. I nemici cercheranno di evitare i nostri attacchi se il loro turno dovesse arrivare prima di essere colpiti, e qualora non potessero riuscirci, cercheranno di piazzarsi in modo da coinvolgere anche le nostre unità. Ovviamente questo tipo di strategia funziona anche da parte nostra, ed è estremamente appagante arrostire un Black Mage con la sua stessa magia del fuoco.
Da Ivalice con amore.
Ovviamente ci sono molti altri dettagli che non si possono coprire rapidamente senza diventare tediosi, ma tutto questo dovrebbe essere sufficiente a dare un’idea della profondità tattica di Final Fantasy Tactics e del suo sistema di combattimento. E nonostante alcuni evidenti problemi di hardware (sia la versione PSP che quella originale su PS1 sono afflitte da problemi di frame rate durante le animazioni delle magie, delle evocazioni, o in generale di abilità legate ad effetti grafici), la direzione artistica ha saputo esprimere tutto questo con un’estetica fatta a pennello: le mappe tridimensionali che ospitano le battaglie sono volutamente spigolose, per permettere al giocatore una lettura immediata del campo di battaglia, ma allo stesso tempo riescono a mostrare alcuni memorabili scorci di Ivalice. Anche la “geografia” delle mappe ha contribuito a rendere alcune zone memorabili, in quanto l’elevazione comportava notevoli conseguenze nella strategia degli scontri, con arcieri che acquistavano o perdevano gittata in funzione dell’elevazione. Le mappe, come le unità, sono state disegnate da un’altra colonna portante di Square Enix, Akihiko Yoshida, che lavorò per la prima volta come character designer proprio su Final Fantasy Tactics. Lo stile abbozzato e le linee dolci dei visi del designer di Square sarebbe diventato un marchio di fabbrica, ed infatti anni dopo, con Bravely Default, i visi “senza naso” dei personaggi portano subito gli appassionati a riconoscere il tocco di Square.
Un’unica nota stonata, per quanto comunque apprezzabile soggettivamente, sono alcune animazioni dei personaggi, che, anche considerando l’anno di uscita del titolo, risultano quasi goffe, come il costante marciare sul posto per indicare lo status di un’unità come normale (un’unità che subisce lo status Stop invece sarebbe ferma, mentre Slow e Haste la fanno marciare con velocità diverse) o gli attacchi fisici dei personaggi. La colonna sonora, come ci si attende da una produzione Squaresoft, è eccellente, e le numerose tracce sanno accompagnare lo stile epico e grandioso della storia, come anche i suoi passaggi più cupi. Le tracce cadenzate a ritmo di marcia sanno lasciare il passo a brani più lenti ed evocativi per le sequenze della storia, e la opening del menù si carica addosso la pesante responsabilità di creare una sonorità memorabile e riconoscibile per il titolo intero.
Con quanto detto, dovrebbe essere evidente come Final Fantasy Tactics sia riuscito a diventare un classico per gli amanti della strategia e di Final Fantasy in generale (questi ultimi riconosceranno sicuramente nei capitoli successivi, e soprattutto in quelli online, vestigia ed evoluzioni di questo capitolo). E anche chi non ha avuto ancora occasione di provarlo troverà uno strategico che porta con gran dignità il peso dei suoi anni, e che ha ancora molto da dire ai titoli più recenti.
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