Recensione Devil’s Third

Dopo aver a lungo parlato di Devil’s Third durante il mese scorso, con due diverse anteprime dedicate rispettivamente alla campagna singleplayer ed al multigiocatore, è finalmente il momento di tirare le somme ed annunciare il nostro verdetto sul controverso shooter di Tomonobu Itagaki. Sin da quando sono state rese disponibili online le prime preview ed i primi video di gameplay più voci hanno gridato allo scandalo, additando il titolo come uno dei peggiori giochi della generazione ed, addirittura, di tutti i tempi. Prima di scendere nel dettaglio è quindi essenziale bollare queste affermazioni come delle esagerazioni estreme: Devil’s Third non è neanche lontanamente brutto come certi vorrebbero far pensare. Ma sicuramente non può nemmeno definirsi un gioco riuscito.

Vorrei ma non posso
L’idea alla base di Devil’s Third è semplice ed intrigante: mescolare il classico shooter militare all’americana con elementi tipici dell’hack and slash giapponese, realizzando un ibrido dal gameplay vario e frenetico. Devil’s Third ci propone un sistema di gioco che prevede quindi combattimenti all’arma bianca, con parate, schivate, basilari combo di attacchi deboli e forti ed esecuzioni dei nemici così come armi da fuoco, sistema di copertura e compagni di squadra. Il passaggio tra i due tipi di azione è istantaneo, e grazie ad una mobilità del personaggio molto accentuata il mix è sulla carta davvero vincente. Nella realtà le cose sono spesso assai molto diverse, perché ogni bontà del sistema di gioco viene frequentemente frustrata da un level design banale ed imbarazzante e da una intelligenza artificiale nemica davvero asinina. Nei suoi momenti migliori Devil’s Third propone stunt incredibili, come lanciarsi in scivolata verso un nemico mitragliandolo, istantaneamente rialzarsi per malmenare un suo compagno ed infine lanciare una spranga di ferro verso un terzo avversario, trafiggendolo in fronte in un’esplosione di sangue, frammenti di cranio e materia cerebrale. Scene di questo tipo avvengono con una rapidità ed una frenesia pazzesche, esaltando e gratificando il giocatore. Sfortunatamente gran parte del gioco non sarà così. I dieci livelli che costituiscono Devil’s Third, assai vari dal punto di vista estetico, a livello strutturale abusano della struttura corridoio-stanza-corridoio, con posizionamento di nemici e coperture fin troppo fitto. Spesso i tentativi di affrontare le situazioni con dinamismo e rapidità vengono frustrati dal fuoco di decine di nemici che ci piomba addosso non appena mettiamo il naso fuori copertura, costringendoci ad una lenta, noiosa e ripetitiva routine da cover shooter.

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È assurdo pensare a come il team di sviluppo abbia saputo realizzare un sistema di gioco tanto divertente e poi impedisca al giocatore di sfruttarlo appieno con un level design così ottuso. La responsabilità di questa situazione più che ad una scelta cosciente sembra da far risalire ad ingenuità ed incuria durante lo sviluppo. Call of Duty è chiaramente una delle maggiori ispirazioni del titolo, con molti elementi in comune: scene di sfondamento ed irruzione, occasionali torrette fisse, sequenze a bordo di veicoli e così via. Il team ha però trasposto il basilare level design della saga Activision senza adattarlo al gameplay di Devil’s Third e senza ne comprendere ne riprodurre il gusto per l’azione cinematografica tipico di un Call of Duty. Il risultato è stantio, forzato, senz’anima. Anche a livello di ritmo emergono dei problemi, con il gioco che raggiunge il suo climax esattamente a metà della campagna, lasciando nella seconda parte alcune delle sequenze più brutte e frustranti (come quella di guida di un veicolo armato, letteralmente terribile). A risollevare la situazione ci pensano, oltre ai rari momenti di più ampio respiro, le esaltanti battaglie con i boss, una buona metà delle quali mette il giocatore di fronte a scontri all’ultimo sangue, in cui sfoderare ogni prodezza resa possible dal gameplay system.

Massacri online, tra clan e galline
A livello intermedio sono necessarie circa 8 – 9 ore per portare a termine la campagna. I livelli sono piuttosto lunghi e caratterizzati da una difficoltà piuttosto elevata. I molti momenti in cui il giocatore soffre di una morte ingiusta sono compensati da una distribuzione generosissima di check point, praticamente uno ad ogni stanza, limitando quella che altrimenti sarebbe una frustrazione eccessiva. La rigiocabilità del titolo è limitata e garantita solo dalla presenza di collezionabili e da una difficoltà ulteriore, in realtà molto simile a quella di default. Il motivo per cui continuare a giocare a Devil’s Third è la modalità multigiocatore. Articolata e ricchissima di opzioni è il vero nucleo del gioco. L’eccellente struttura delle arene, ampie, elaborate, situate su più livelli, permette una ricchezza di situazioni ed un dinamismo nel gameplay impensabili rispetto ai noiosi corridoi del singleplayer. L’aver a che fare con avversari reali, capaci come noi di sfruttare le particolarità del sistema di combattimento, ci regala scontri adrenalinici, tattiche spericolate e continui mind games per superare gli altri giocatori. Il divertimento è anche garantito dalla grande varietà di modalità, che affianca a scontri di tipo tradizionale condizioni particolari come match all’arma bianca o folli corse a chi raccoglie più galline. Imponente è la modalità clan, che permette la costruzione e la personalizzazione di una base da difendere, così come di gestire la diplomazia tra le varie alleanze, con armistizi, patti e tradimenti vari. Fino a 16 giocatori contemporaneamente possono partecipare agli sconti multiplayer, dando vita a battaglie colossali ed emozionanti. Il rovescio della medaglia è costituito però dall’eccessiva dimensione delle arene: queste sono infatti tarate per il massimo numero di giocatori possibili, e quando ci si trova in scontri con solo 3 o 4 avversari sono effettivamente un po’ troppo vuote. Altro problema è il bilanciamento non corretto delle varie armi a disposizione. Alcune armi, ottenibili facilmente già ai livelli iniziali, sono infatti eccessivamente forti, e possono condizionare completamente l’andamento delle partite. Un giocatore navigato riesce ad arginare gli abusi di armi come il lanciafiamme od i fucili a pompa, anche grazie alla versatilità del sistema di gioco, ma sono purtroppo i giocatori meno esperti a farne le spese, rischiando di non riuscire ad inserirsi nel flusso della partita. Fa alzare un sopracciglio, infine, l’inclusione della possibilità di spendere denaro reale per acquistare uova d’oro, in modo da poter sbloccare più rapidamente armi ed equipaggiamento avanzato: l’ecosistema online, già messo a dura prova dallo scarso bilanciamento delle armi, potrebbe essere compromesso da giocatori disposti a spendere denaro reale pur di ottenere l’equipaggiamento migliore del gioco. Solo a lungo andare potremo stabilire se ciò effettivamente si verificherà, ma nel frattempo speriamo che Valhalla Studios ripensi alla sua politica o perlomeno tenti di arginare gli abusi in qualche modo. Nonostante queste criticità il multigiocatore di Devil’s Third appare vario e divertente, oltre a mettere veramente in luce la bontà del sistema di gioco. Ci troviamo su di un livello completamente diverso e superiore alla mediocre campagna singleplayer, ed il titolo meriterebbe l’acquisto solo per la sua porzione multigiocatore.

Il carisma non dipende dalle texture
Dal punto di vista tecnico Devil’s Third espone il fianco a molte critiche. L’aspetto generale è basilare e poco curato, ed appare datato in più punti. La versione dell’Unreal Engine 3 utilizzata tentenna molto su Wii U, e dai 30 FPS previsti spesso si lascia andare ad imbarazzanti cali di frame rate, tanto in singolo quanto in multiplayer. I modelli poligonali di Ivan e dei boss nemici appaiono molto curati e convincenti, ma praticamente ogni altro personaggio è realizzato in maniera generica e con un numero basso di poligoni, così come parte delle ambientazioni. Le texture presentano alcuni dei problemi più evidenti, come ritardi nel caricamento (con elementi che appaiono all’improvviso in mezzo alla scena) e basso livello di dettaglio (in alcuni casi sfioriamo look da Nintendo 64). Le cose vanno un po’ meglio sotto il profilo artistico con un alternanza di elementi nella media con altri assolutamente azzeccati. Il livello ambientato in un quartiere tradizionale giapponese è quasi in grado di lasciare a bocca aperta il giocatore, mentre le sequenze da trincea della seconda guerra mondiale lasciano un po’ il tempo che trovano. Ivan ed il team di boss nemici emanano carisma da ogni poro, mentre nemici generici e compagni di squadra sembrano essere prelevati da uno shooter qualsiasi degli ultimi 10 anni. Allo stesso modo la trama del gioco affascina il giocatore, non tanto per la sua bontà, ma per la capacità di sommare assieme un quantitativo assurdo di stereotipi da B-movie anni ’80, con attitudine esagerata ed over-the-top, ma prendendosi sempre maledettamente sul serio. Non c’è intento parodistico nel titolo, e trovarsi di fronte un coacervo senza senso di terroristi, zombie, ninja, aerei della seconda guerra mondiale ed ordigni atomici ha quasi un effetto involontariamente comico. L’atmosfera che ne risulta è letteralmente unica e fornisce un perverso fascino e carisma all’intera produzione. Di buon livello le musiche ed il doppiaggio in lingua inglese, mentre manca totalmente la localizzazione in lingua italiana.

Verdetto
7 / 10
Il fascino del trash
Commento
La domanda da un milione di Dollen è: Devil's Third è davvero così brutto come si sente dire su internet? No, assolutamente no. Non è tuttavia un bel gioco nel senso tradizionale del termine. Presenta ottime intuizioni a livello di gameplay costantemente frustate da un pessimo level design e da scelte francamente incomprensibili del team di sviluppo. Di tutt'altro peso è il multiplayer, frenetico, fresco e divertente, nonostante gli evidenti problemi di bilanciamento. La porzione multigiocatore riesce tuttavia a mettere bene in mostra tutto quanto c'è di buono nel sistema di gioco ideato da Itagaki e soci, e meriterebbe da sola l'acquisto del titolo. Nel complesso Devil's Third è un titolo molto strano, sicuramente non un capolavoro, ma uno di quei giochi che negli anni svilupperanno un seguito di culto, grazie anche alla nomea di "so bad it's good". Ecco perché consigliamo di recuperarlo, magari a prezzo ridotto, così da poter dire, quando le polemiche sul titolo saranno scemate una volta per tutte: "io ce l'ho e ci ho pure giocato".
Pro e Contro
Sistema di combattimento brillante ed originale
Così trash da essere affascinante
Multiplayer ricco, divertente e frenetico

x Non all'altezza della nomea di Itagaki
x Campagna mediocre
x Bilanciamento del multiplayer non perfetto
x Graficamente spesso inadeguato

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