SegheMentali Per l’amor di Dio, state alla larga da Evangelion. Non solo su Netflix

La storia di come Neon Genesis Evangelion e Hideaki Anno mi abbiano fatto sperimentare la crisi di infognamento più totalizzante vissuta in 27 anni.

Per l’amor di Dio Gendō, state alla larga da Evangelion. Non solo su Netflix.

Tipo 120000 anni fa: l’uomo (o la donna, perché dopo centoventimila anni abbiamo raggiunto la parità dei sessi. Cioè, circa) scopre il fuoco. 3500 Avanti Cristo: l’essere dal genere non meglio specificato di cui sopra inventa anche la ruota così, per gradire. Poi grossomodo non succede un gran cazzo di niente fino ad un anonimo 4 ottobre del 1995. Cioè finché un lontanissimo discendente di quel donnuomo che s’è grattato i c… Lasciamo perdere, diciamo che va in onda per la prima volta Neon Genesis Evangelion. E il mondo va in sclero. O meglio, vanno in sclero tutti quei nerd/otaku/tizi con feticismi strani di cui facciamo fieramente parte, e su cui Hideaki Anno voleva fare critica sociale (incredibile come le cose ti possano esplodere in faccia in malo modo, ‘ve?). Perché la creatura di Gainax è un treno ad alta velocità che deraglia lasciando sotto chiunque. E lo sappiamo tutti che i trasporti su rotaia nipponici sono maniacali e soprattutto arrivano in orario senza bisogno di invocare LVI. Un sacco di cose al mondo possono dare dipendenza, e forse lungo la strada vi è già capitato di dover guardare in faccia questo demone e lottarci. Magari anche di vincerlo. Ma niente brucia le sinapsi irrimediabilmente come Neon Genesis Evangelion.

Evangelion è un treno ad alta velocità che deraglia lasciando sotto chiunque. E i treni in giappone arrivano in orario senza bisogno di invocare LVI

Quell’inizio blando, che si vuol confondere a tutti i costi con un qualunque altro prodotto sui Mecha prima di iniziare a minzionare sangue sulla tomba di Gundam. Seguito subito da un interludio suonato in crescendo, un gioco di attese e complotti che si intrecciano salendo di un’ottava puntata dopo puntata, fino a che l’urlo diventa così acuto da trasformarsi in ultrasuoni. E così si arriva infatti ad un finale spiazzante, che molti all’epoca (ma anche adesso) non hanno davvero sentito e che lascia interdetti nel suo essere intimista, nel guardare al mondo dentro di noi e di Stupi-Shinji trascurando tutto quello che sta succedendo nel mondo vero della finzione animata. Nel suo essere privo di robot giganti che accoltellano mostri strani, soprattutto. Solo che non è la fine, ma l’ennesimo passo in un walzer incessante tra chi crea l’opera e chi la consuma, perché il primo magari vorrebbe dire di più (o più prosaicamente ha capito che può riempirsi le tasche di Yen) e tutti gli altri invece non possono accettare che sia finita. Non così, non così presto: ci deve essere dell’altro, ci deve essere una porta di cui ci siamo dimenticati ma che è lì, ancora aperta su Neo Tokyo-3.

End of Evangelion doveva essere questo. Ma ancora una volta ad Anno esplodono le cose in faccia

Il caso Cannarsi Nella mia ignoranza, Cannarsi mi si è palesato solo adesso che ha intersecato il mio mondo. Dal nostro gruppone Telegram sono uscite cose abbastanza grottesche – tipo questa – e mi sono fatto una cultura sull’argomento.

Non dal punto di vista realizzativo, attenzione. In rete ci sono almeno mille giudizi qualitativi step-by-step su Evangelion, scritti da persone molto più competenti del sottoscritto. Sarebbe stupido voler scrivere il milleunesimo oggi. EoE ha fallito semplicemente perché non è stata una chiusura, lui che la parola fine ce l’ha nel titolo. Inevitabile, quando chi consuma l’opera si lascia consumare a sua volta, analizzando ogni frame alla disperata ricerca di quelle dannate risposte che non sono mai arrivate. Eravamo diventati l’Uccello di Hermes, e solo mangiando le nostre stesse ali avremmo potuto coltivare l’illusione di placarci. Perché sì, questo pezzo è fortemente autobiografico e il passaggio alla prima persona non è un typo. Tutto questo riassume perfettamente come mi sono sentito alle 4 di mattina di un agosto di qualche anno fa, una ventina di minuti dopo aver premuto Play sull’episodio 26 della serie. Catapultato fuori da un mondo che non volevo ancora lasciare, a cercare disperatamente su Internet altro. Altri film, altri manga, perfino altri fansite infarciti di teorie e spiegazioni più o meno plausibili. Livelli di infognamento che non avevo mai toccato prima e che non ho mai più raggiunto. Iniezioni di hype ad ogni nuova data di uscita della tetralogia del Rebuild of Evangelion che immancabilmente diventavano cenere nella bocca mentre le mangiavo. Perché ormai le aspettative superano la realtà e qualunque cosa possa fare Anno – qualunque trovata possa escogitare per chiudere il cerchio (o romperlo?) – non sarà mai all’altezza. L’Evangelion in cui crediamo nelle nostre teste sarà sempre migliore di quello reale e di quello precedente. Ecco perché, per l’amor di Dio, dovreste stare alla larga da Evangelion su Netflix. Non perché il nuovo adattamento sia discutibile (per essere estremamente gentili).

‘Che tanto imposti il giappo sottotitolato in italiano e buonanotte…