Recensione Uncharted: The Nathan Drake Collection

Parlare di come la storia del marchio Playstation sia legata quasi a doppia mandata con quella di Naugthy Dog, che ha accompagnato ogni console del brand Sony con almeno una trilogia di titoli acclamati praticamente all’unanimità, sarebbe probabilmente il modo più banale per introdurre l’argomento di questa recensione. È meno banale invece capovolgere in un certo senso il discorso, osservando come sia cresciuta la software house californiana assieme al suo pubblico: dai platform “innocenti” della serie Crash Bandicoot fino alla narrazione cruda di The Last of Us, passando per prodotti che hanno messo in mostra la propensione all’action del team come la trilogia di Jak and Daxter e titoli che ne hanno sdoganato la vena cinematografica come i primi tre Uncharted. Ed è proprio di questi ultimi che vogliamo occuparci oggi, in occasione della recensione della Nathan Drake Collection confezionata da Bluepoint Games, veri e propri esperti dal pedigree indubbio quando si parla di conversioni (basti citare la Metal Gear Solid HD Collection o, per rimanere nel mondo Sony, la raccolta di ICO e Shadow of the Colossus). Sarà riuscito lo studio texano a raccogliere un testimone mai come in questo caso pesante e a portare su Playstation 4 i punti di forza della trilogia che a suo tempo ha messo in mostra i muscoli di Playstation 3?

Da umili origini verso grandi imprese
Uncharted: Drake’s Fortune mostra già tutti i tratti salienti della saga
Apre ovviamente la raccolta il primo capitolo della serie, Uncharted: Drake’s Fortune, uscito sul finire del 2007, in un momento in realtà non particolarmente brillante per la macchina da gioco di Sony. Le vicende ruotano attorno a Nathan Drake, discendente di Sir Francis Drake che proprio grazie ad un anello appartenuto al corsaro inglese riesce a localizzare la presunta bara del suo avo, contenente un diario con tutte le indicazioni per raggiungere la leggendaria El Dorado, quasi fin dalle prime battute dell’esperienza presentata come una “semplice” ed enorme statua d’oro. Drake’s Fortune dimostra già nelle prime ore di gioco di possedere gran parte delle caratteristiche che hanno reso celebre la serie: pur non inventando praticamente nulla di nuovo e non proponendo meccaniche inedite, questo primo capitolo delle gesta di Nate riesce a mettere sullo schermo un indubbio comparto ludico, a metà strada tra il platform (per quanto molto più lineare e “guidato” rispetto a quanto visto in Jak and Daxter) e lo sparatutto in terza persona. Contemporaneamente, grazie ad una trama in stile Indiana Jones, degli ottimi personaggi e soprattutto dei dialoghi dannatamente ispirati e divertenti, il tono della produzione arriva quanto mai vicino ai canoni di una produzione hollywoodiana: il risultato finale quindi non può che non riuscire a farsi notare tanto dalla critica quanto dal pubblico, gettando le basi per la definitiva esplosione della serie che andrà a consolidarsi nei successivi capitoli.

 

Nel complesso il primo capitolo è quello più “restaurato”
Dei tre capitoli proposti in questa raccolta Drake’s Fortune è probabilmente quello che ha più beneficiato del lavoro di “restauro” di Bluepoint, che non si è limitata a far raggiungere al titolo i 1080p ed i 60 fotogrammi al secondo, ma è andata a rifinire anche il tutto sul fronte texture, rendering e soprattutto modificando la gestione dell’illuminazione e aggiungendo dei nuovi effetti particellari alle varie ambientazioni. Gli unici nei, al netto dei ragionamenti sui contenuti presenti che affronteremo in un secondo momento, riguardano qualche sbavatura visiva un po’ troppo evidente (specie per quanto riguarda le compenetrazioni di poligoni quando Nate è appeso alla sporgenza di turno), oltre ad alcune animazioni dei nemici troppo vistose quando vengono eliminati (con balzi e capriole spesso quasi caricaturali). Drake’s Fortune quindi, nonostante un lavoro puntuale da parte della casa texana, dei titoli proposti è quello che sente di più il peso degli anni ed appare in generale quello meno riuscito, pur comunque confermandosi un degno capostipite per il franchise.

 

È un antico pugnale rituale tibetano quello che hai in tasca?
Uncharted 2 raffina la formula ludica di Drake’s Fortune portandola al massimo splendore
L’escursione prosegue con la versione HD di Uncharted 2: Il Covo dei Ladri (classe 2009), primo capitolo della serie a recare il sottotitolo in italiano (in luogo dell’originale “Among Thieves”) e tradizionalmente riconosciuto come il capitolo più riuscito. Francis Drake ed El Dorado lasciano questa volta il posto al veneziano Marco Polo e alla pietra Cintamani, una sorta di equivalente del Santo Graal per la religione buddista. Sul fronte ludico Il Covo dei Ladri lima gli aspetti meno convincenti del primo capitolo e punta tutto o quasi invece sui punti di forza emersi due anni prima: l’azione si fa decisamente più spettacolare e cinematografica, con sequenze decisamente adrenaliniche che vedono Nate dover fuggire (a piedi) in un vicolo mentre una Jeep lo insegue o darsi battaglia tra i tetti con un elicottero. Non si va comunque sempre a mille e agli spezzoni dal ritmo più calzante si alternano fasi più platform o a base di qualche enigma, o ancora pesando maggiormente rispetto al capostipite l’importanza delle sezioni più furtive ed in generale il gameplay “a mani nude”, non stravolto ma sicuramente raffinato, come d’altronde si può dire in generale per la formula di gioco nel suo complesso.

 

Ai livelli della remaster di The Last of Us
Complice anche la base di partenza, che all’epoca e per un lungo periodo è stata il punto di riferimento dal punto di vista tecnico (e non solo visivo) per le capacità computazionali di Playstation 3, il risultato finale ottenuto da Bluepoint è tremendamente solido, paragonabile al livello raggiunto da Naughty Dog con The Last of Us Remastered. Anche in questo caso qualche sbavatura, soprattutto dalle parti delle compenetrazioni di poligoni, non manca, ma in buona sostanza Uncharted 2 si conferma un grandissimo titolo anche con questi sei anni in più sulle spalle.

 

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Oh abra che c***o Kadabra
Più che raffinare, Uncharted 3 ritocca una formula già collaudata
Un alto salto di due anni ed eccoci tornare al 2011 con la rimasterizzazione di Uncharted 3: L’Inganno di Drake, ultimo (per ora) capitolo della saga se si eccettua L’Abisso d’Oro uscito l’anno dopo su Playstation Vita (ma curato da Bend Studio). In questo caso “squadra che vince non si cambia”, e più che raffinare la formula qui il team californiano ha ritoccato leggermente alcuni aspetti (da segnalare per esempio una maggior importanza degli oggetti presenti sullo scenario, che adesso possono essere utilizzati per colpire i nemici) lasciandone comunque invariata la sostanza. Sul piano narrativo invece si spazia di più e, se Il Covo dei Ladri iniziava “in medias res” e poi continuava in modo tutto sommato lineare qui il balzo temporale è più marcato, arrivando a raccontare anche il primo incontro tra Nate e Victor “Sully” Sallivan, mentore e spalla del protagonista (e aggiungiamo autore di alcuni degli scambi di battute più divertenti della serie). Il chiamare in causa il passato del protagonista permette, giocando con il tema dell’inganno, di dare uno scorcio inedito di Nathan Drake, intravedendo quello che si nasconde sotto la maschera del cacciatore di tesori: torna quindi giocoforza in causa Sir Francis Drake dopo la “pausa” di Uncharted 2, sulle cui tracce (e su quelle di Lawrence d’Arabia) si muoveranno protagonisti ed antagonisti.

Sul fronte dell’adattamento non si può che ripetere le belle parole spese un paragrafo fa, sia sul lavoro originale a cura di Naughty Dog (che migliora ulteriormente quanto visto nel capitolo precedente, specie per quanto riguarda le animazioni) che sull’opera di ritocco di Bluepoint, puntuale e decisamente efficace anche nei confronti de L’Inganno di Drake, pur presentando anche qui delle imperfezioni.

La vera grandezza sta in come ti giochi le carte che hai
Pesano le assenze de L’Abisso d’Oro e del multiplayer, ma a mancare sono sopratutto i contenuti per i fan
Se come si è detto il lavoro di restauro a cura di Bluepoint è stato svolto più che diligentemente, abbiamo comunque qualche rimostranza da fare sul versante dei contenuti: pesano sicuramente le assenze del citato Uncharted: l’Abisso d’Oro uscito in origine su Playstation Vita (escluso, a detta di Naughty Dog, in quanto più “defilato” rispetto alla trilogia uscita su PS3) e delle componenti multiplayer del secondo e del terzo capitolo, in questo caso però parzialmente compensata dalla beta multiplayer di Uncharted 4: Fine di un Ladro che arriverà in seguito per tutti gli acquirenti della collection. Ma la “colpa” più grave a nostro giudizio è quella di non aver imparato del tutto la lezione impartita l’anno scorso da 343 Industries con Halo: The Master Chief Collection, esempio perfetto di come confezionare un prodotto di questo tipo senza proporlo come una raccolta pensata per i neofiti escludendo in un certo qual modo gli affezionati storici. Ben vengano extra come trofei inediti, nuovi livelli di difficoltà (molto facile e brutale) e la modalità Speed Run, oltre che alle classifiche online in salsa arcade che permettono un certo confronto a distanza con gli amici, ma (considerato anche il dna cinematografico della serie) dei contenuti in stile “Director’s Cut” sarebbero stati un notevole valore aggiunto per chi ha già goduto delle tre avventure la scorsa generazione. Come un altro bell’incentivo sarebbe stato l’avere a disposizione liberamente tutti i contenuti presenti in-game da subito, potendo scegliere in quale capitolo di quale gioco cimentarsi senza necessariamente dover completare almeno una volta l’esperienza o poter beneficiare dall’inizio delle skin e degli altri modificatori presenti. Rimane, come detto, in ogni caso un lavoro che non si può che definire ben fatto, ma che per forza di cose ha un appeal molto più marcato nei confronti di chi non si è mai avvicinato alla serie.

Verdetto
8.5 / 10
Parli come uno che non ha mai visto un sottomarino nazista in piena giungla
Commento
Uncharted: The Nathan Drake Collection è un'appuntamento imperdibile per tutti quei giocatori che, per un motivo o per l'altro, durante la scorsa generazione non hanno avuto l'occasione di provare con mano i tre capitoli usciti su PS3 dedicati a Nate, Sully e al resto del cast. Il lavoro di rimasterizzazione è stato svolto in modo puntuale, al netto di qualche piccola sbavatura, e permette ai tre titoli di poter ancora dire la loro anche a distanza di qualche anno. Rimane solo un po' di amaro in bocca per l'assenza di qualche "contentino" per gli appassionati della serie, che ora come ora hanno come unico incentivo all'acquisto la possibilità di mettere le mani sulla Beta Multiplayer di Uncharted 4 e siamo sicuri avrebbero apprezzato qualche extra in più.
Pro e Contro
Tre grandissimi titoli
Ottimo lavoro di rimasterizzazione...

x ... Con qualche sbavatura
x Nessuna novità di sostanza
x Mancano l'Abisso d'Oro ed il multiplayer

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