Recensione Uncharted 4: Fine di un Ladro

Fin dall’era della prima PlayStation, Naughty Dog è una delle software house  più rinomate di Sony, capaci di creare serie sempre più ispirate e riuscite ludicamente e puntando ad ogni uscita ad una narrativa e regia sempre migliore. Come dicevamo un paio di settimane  fa, in occasione della recensione di Ratchet & Clank, a differenza di Insomniac Games, Naughty  Dog ha chiuso già due trilogie (al netto di spin-off) cercando di rinnovarsi ed imparare dalle esperienze passate, proponendo nuove IP sempre più mature: dal paramele con i jeans e le scarpe da ginnastica, passando per una coppia di ricercati corrotti da una forza oscura, concludendo con un mondo post-apocalittico e analizzando l’indole umana. All’appello manca una serie, che è stata il fulcro dei lavori di Naughty Dog su PlayStation 3 e probabilmente una  delle più amate dai possessori di console Sony: Uncharted narra le avventure di un archeologo cacciatore di tesori, dalla battuta e dal grilletto facile, che fa un po’ il verso a Lara Croft e alla sua saga in generale, un po’ ai film di Indiana Jones, mettendolo alla ricerca di antiche ricchezze e città perdute. Annunciato alla fine del 2013, presentato ufficialmente all’E3 2014 e rimandato più volte negli scorsi mesì Uncharted 4: Fine di un Ladro è finalmente giunto nei negozi di tutto il mondo lo scorso 10 Maggio, in esclusiva per PlayStation 4, anche se non sono mancate rotture del day one più o meno legali, e  l’abbandono di Amy Hennig con passaggio di consegne a Neil Druckmann e Bruce Straley (già artefici di The Last of Us). Dopo la nostra anteprima di una delle zone più vaste del gioco, abbiamo divorato l’ultima avventura di Nathan Drake e siamo pronti a darvi le nostre impressioni.

Questa recensione riguarderà solo ed unicamente la modalità Single-Player, analizzeremo il multiplayer di Uncharted 4: Fine di un Ladro quando avremo abbastanza ore sulle spalle per poterlo giudicare. Abbiamo portato a termine l’ultima avventura di Drake a Medio in circa 16 ore, raccogliendo quasi la metà dei tesori nascosti e gran parte dei documenti, e riaffrontando poco meno di metà gioco in Difficile.
Questa è l’ultima volta
Sono passati tre anni dalla conclusione di Uncharted 3, Nathan si è sposato con Elena, lavora per una piccola azienda di recupero di rifiuti sommersi e sembra aver abbandonato ogni caccia al tesoro illegale. Una sera, nella vita (e nell’ufficio) di Nate riappare una persona che pensava morta da tempo: suo fratello Sam, del tutto intenzionato a riprendere la caccia al tesoro del pirata Henry Avery, interrotta quindici anni prima quando Nathan lo vide morire in una prigione di Panama.

Una regia praticamente impeccabile
Sam sopravvisse alla caduta e agli spari, rimanendo in carcere fino a quando Hector Alcazar lo fece evadere con una fuga degna dei migliori film hollywoodiani. Ma tutto ha un prezzo, e il lord della droga vuole metà del tesoro di Every entro tre mesi, pena l’eliminazione di Sam: Nathan non può rischiare di perdere di nuovo il fratello e decide, all’insaputa di Elena, di aiutarlo nella caccia al tesoro incurante degli avversari di turno Rafe , vecchio compare dei due fissato col tesoro di Every, e il gruppo di mercenari della Shoreline, guidati dalla terribile Nadine. Inizia così Uncharted 4: Fine di un ladro, presentando al giocatore il personaggio di Sam e  rafforzando ulteriormente il rapporto tra i protagonisti della trilogia PlayStation 3, una traversata transoceanica che porterà il nostro cacciatore di tesori in location mozzafiato e mai così vaste e ben realizzate. La storia è, come da tradizione, diretta in modo tale da ricordare un film d’azione, impeccabile, precisa nelle inquadrature: non mancano momenti  d’adrenalina pura, colpi di scena più o meno telefonati e istanti di tranquillità, tutto condito con i sempre ottimi dialoghi a cui Naughty Dog ci ha abituato negli scorsi dieci anni.

Fine di un Ladro, a difficoltà media, si completa in circa quindici ore, a cui si possono sommare la ricerca dei collezionabili, o le successive run a difficoltà più elevata. Il ritmo di gioco resta  incalzante anche quando si sta esplorando la giungla del Madagascar  apparentemente deserta, grazie ai dialoghi tra i protagonisti o in assenza di comprimari ai pensieri ad alta voce di Drake stesso. Difficilmente  vi annoierete giocando ad Uncharted 4, soprattutto se avete apprezzato la trilogia su PlayStation 3: è infatti praticamente indispensabile aver affrontato le precedenti avventure  di Nathan, soprattutto per avere un’infarinatura dei personaggi, che non verranno reintrodotti e i cui rapporti sono già delineati dall’ottimo lavoro svolto in passato. Aver giocato i predecessori, è d’aiuto anche con le scelte di dialogo multiple inserite da Naughty Dog in questo capitolo, che citeranno più volte le avventure passate, non cambiando però la trama di Fine di un Ladro, che andrà senza timore verso un climax ben congegnato e un epilogo di tutto rispetto per il cacciatore di tesori.

Non andrai da solo
Sebbene non siano del tutto assenti, in Uncharted 4 ci sono molte meno fasi di gunplay rispetto ai capitoli passati e la maggior parte di quelle presenti sono completabili anche con uccisioni silenziose grazie alle aggiunte del team (che abbiamo già visto nell’anteprima dello scorso mese). Naughty Dog ha  voluto concedere al giocatore più modi per raggiungere un determinato obiettivo, dandogli una sorta di controllo del destino di Drake: sarete voi a decidere se causare il solito putiferio di esplosioni e proiettili o se approcciarvi in maniera completamente stealth, eliminando i nemici nell’erba alta oppure gettandoli negli strapiombi del Madagascar, cercando di non farvi vedere, pena il casino citato poco prima.

È possibile affrontare l’avventura in diversi modi
Purtroppo nella componente stealth c’è il primo piccolo neo della maestosa produzione Naughty Dog: gli uomini della Shoreline soffrono dello stesso difetto di vista dei nemici di Joel e Ellie in The Last of Us, non scorgendo mai i nostri compagni d’avventura all’infuori delle sparatorie, anche se dovessero stare in piedi su una spiaggia illuminata dal sole. Fortunatamente resta un difetto di poco conto, perchè sovrastato dall’ottimo lavoro svolto non solo nelle scene più adrenaliniche o nei combattimenti con QTE, ma proprio per la possibilità data dagli sviluppatori di approcciarsi in più modi alle situazioni in cui verrà catapultato Drake.

Ad affiancare Nathan nelle sua caccia al tesoro del pirata Avery  troveremo non solo il fratello Sam ma anche vecchie conoscenze come Sully, andando a solidificare il rapporto tra i personaggi della serie grazie ai sempre ottimi dialoghi e alle battute pungenti. Se dal lato scrittura non possiamo che complimentarci con Naughty Dog, i compagni di viaggio di Nathan soffrono dello stesso problema che li attanaglia da ormai quel primo capitolo datato 2007: spesso risultano d’intralcio durante una sparatoria o occupano una copertura che potrebbe tornarci utile. Fortunatamente in Uncharted 4 risultano più reattivi e con più spirito di iniziativa, aiutando il giocatore sia negli scontri corpo a corpo che con le sparatorie, colmando così il difetto che abbiamo appena evidenziato. Rispetto alla trilogia PlayStation 3, Nathan non è quasi mai da solo, andando a sfatare anche il “One Man Army” che gli viene spesso attribuito dai più critici verso la creatura Naughty Dog (soprannome che è anche protagonista di alcuni dialoghi di questo capitolo). Sam, Sully e gli altri seguiranno Nate in ogni anfratto andando anche a commentare le azioni del giocatore come headshot o deviazioni dal percorso stabilito, aumentando ancora di più l’immersione nel mondo di gioco. In definitiva dei compagni non ancora perfetti ma molto più utili rispetto al passato.

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