Recensione The Inpatient

I ragazzi di Supermassive Games, celebri per la realizzazione di Until Dawn e del suo spin off su binari Until Dawn: Rush of Blood, tornano sul mercato con The Inpatient, prequel dei due capitoli appena citati

Resident Evil 7 si è imposto, senza alcun dubbio, come il metro di misura per la realizzazione di un titolo horror godibile attraverso un qualsiasi tipo di supporto per la realtà virtuale, sia esso Oculus Rift, HTC Vive o, come nel caso del titolo trattato oggi, PlayStation VR. In molti ci hanno provato, ma vuoi per complessità del gameplay, per longevità o per regia, nessuno è mai riuscito a dimostrarsi neanche lontanamente paragonabile al titolo targato Capcom. I ragazzi di Supermassive Games, celebri per la realizzazione di Until Dawn e del suo spin off su binari Until Dawn: Rush of Blood, tornano sul mercato con The Inpatient, prequel dei due capitoli appena citati e titolo prettamente narrativo con l’ambizione di portare il tanto decantato “effetto farfalla” all’interno della realtà virtuale. Sarà riuscito il team inglese a conquistarci come in passato oppure questa volta le nostre aspettative saranno disilluse? Prima di conoscere la risposta andando a leggere qui sotto, vi ricordiamo che The Inpatient è disponibile sia in versione fisica che digitale al prezzo lancio di 39.90€, ovviamente in esclusiva per PlayStation 4.

The Inpatient è pronto a stupire sia i fan di Until Dawn che coloro che non hanno ancora avuto la fortuna di mettere mano al titolo targato Supermassive Games

C’era una volta il Blackwood Sanatorium
The Inpatient parte circa sessant’anni prima dell’inizio di Until Dawn, più precisamente nel 1952
The Inpatient parte circa sessant’anni prima dell’inizio di Until Dawn, più precisamente nel 1952. Il nostro protagonista (del quale potremo scegliere sesso e colore della pelle) si troverà internato all’interno della clinica psichiatrica nota come Blackwood Sanatorium, in compagnia di inquietanti malati mentali e ancor più disturbanti medici dal falso sorriso sempre pronto. I giorni proseguono tra esperimenti per cercare di recuperare i nostri ricordi, misteriosamente scomparsi, e la convivenza con il nostro compagno di stanza, sempre più teso per i misteriosi suoni che si sentono nell’edificio. In seguito all’arrivo di un gruppo di particolari pazienti (ben noti a chi ha giocato Until Dawn) le cose sembrano precipitare drasticamente e, dopo esser riusciti a evadere dalla nostra cella, toccherà a noi trovare un metodo per fuggire, prima che le creature nelle quali si sono trasformati i pazienti riescano a raggiungerci. Narrativamente il titolo presenta alti e bassi, con un inizio dal ritmo lento, ma ben definito e con scene oniriche capaci di farci letteralmente saltare sulla sedia grazie al sapiente uso dei jump scare. Peccato, però, che nella seconda parte del gioco la trama si appiattisca, non riuscendo mai a decollare veramente a causa di personaggi poco carismatici e di una gestione altalenante del ritmo di gioco, che non riesce mai a raggiungere un vero climax e si chiude lasciandoci con un senso di incompiuto. Ammettiamo, però, di aver apprezzato particolarmente l’effetto farfalla applicato a quest’avventura, con bivi narrativi che ci invogliano a ripetere tutto il titolo per scoprire i molteplici finali e tutte le possibili situazioni diverse da affrontare. Nel corso della nostra storia, infatti, saremo invitati a prendere determinate decisioni che andranno a modificare in modo sostanziale gli sviluppi della trama e, nonostante si tratti di un numero di scelte abbastanza risicato, abbiamo ampiamente percepito il peso delle nostre decisioni. Come moltissimi altri titoli per la realtà virtuale, anche The Inpatient soffre di un difetto da non sottovalutare: la longevità. È possibile portare a termine la prima run del gioco in circa tre ore, ma anche ripetendo l’avventura e prendendo decisioni differenti la durata non varia più di tanto, risultando tarata verso il basso, soprattutto se si pensa che non sono presenti modalità alternative alla campagna e che il costo dell’intera produzione non è certo tra i più economici.

I pazzi siamo noi
Il gameplay di The Inpatient è molto vicino a quello che tanti definirebbero come un “walking simultator”
Il gameplay di The Inpatient è molto vicino a quello che tanti definirebbero come un “walking simultator”, caratterizzato da movimenti lenti tramite i quali muoverci attraverso le varie aree che compongono i livelli e, armati solamente di una torcia, indagare sugli avvenimenti all’interno del Blackwood Sanatorium. Potremo, come accade spesso in questa tipologia videoludica, prendere i vari oggetti presenti nelle stanze e analizzarli da tutti i punti di vista , alla ricerca di informazioni sul nostro passato, reperibili tramite alcuni collezionabili facilmente individuabili grazie a uno stratagemma grafico (una scintilla di luce riposta sopra l’oggetto interessato). Dopo la prima ora di gioco, però, abbiamo cominciato ad accusare una certa lentezza nei movimenti, dovuta all’impossibilità di correre, che ha reso la seconda metà della nostra avventura leggermente frustrante e privandoci della voglia di esplorare a fondo infiniti corridoi e ampie stanze. Un elemento di gameplay che abbiamo particolarmente apprezzato, invece, è stata la possibilità di rispondere alle domande poste dai vari NPC leggendo semplicemente la risposta a schermo, guadagnando così un’immedesimazione quasi totale che ci auguriamo possa essere utilizzata nuovamente in futuro. Il gioco può essere affrontato sia con il normale Dualshock 4 che con gli ormai immancabili PlayStation Move, capaci di proiettarci maggiormente all’interno della storia e che, per questo motivo, vi consigliamo caldamente di utilizzare.

Il buio nasconde tutto. Anche le imperfezioni grafiche.
The Inpatient, tecnicamente, è una piccola perla nel panorama VR
In modo molto sapiente, i ragazzi di Supermassive Games hanno utilizzato un continuo gioco di luci e ombre per evitare di mettere in mostra gli inevitabili limiti tecnici di una produzione per PlayStation VR. Guidati dalla regia del team inglese, infatti, abbiamo potuto apprezzare i modelli poligonali dei personaggi (sicuramente sopra la media), ambientazioni lugubri e effetti ottici pensati per i mai troppo abusati jump scare. Ottimo il comparto sonoro, caratterizzato da musiche e rumori che ci hanno fatto venire i brividi più volte e da un doppiaggio in italiano che, pur non facendoci gridare al miracolo, ci ha intrattenuto fino alla fine e ha contribuito a proiettarci all’interno della storia. Del tutto assenti bug di qualsiasi tipo e, nonostante le ripetute ore di gioco continuato, non siamo stati minimamente soggetti ad alcun tipo di motion sickness.

 
Verdetto
7 / 10
Ho perso 10 anni di vita per colpa di un ca**o di jump scare
Commento
The inpatient è un titolo più che sufficiente, con tanto di idee davvero riuscite e che ci sentiremmo di consigliare a tutti gli amanti degli horror e ai possessori di PlayStation VR. Allo stesso tempo, però, ammettiamo di essere rimasti delusi della produzione Superamassive Games che, con un briciolo di attenzione in più allo sviluppo della trama (in particolar modo al suo ritmo) e al gameplay, avrebbe potuto fare il salto e dimostrarsi un titolo davvero imperdibile per gli appassionati di questo genere narrativo. Insomma: ancora una volta ci troviamo di fronte a un altro titolo incapace di scalzare dal trono il settimo capitolo del più celebre brand Capcom, ma che potrebbe senza dubbio intrattenervi per un paio di serate in compagnia di spaventi e jump scare.
Pro e Contro
Regia e atmosfera di alto livello
Effetto Farfalla riuscito
Comandi vocali perfettamente integrati
Comparto tecnico di qualità

x Trama che pecca di ritmo nella seconda parte
x Longevità risicata
x Camminata eccessivamente lenta

#LiveTheRebellion