Recensione The Banner Saga 2 (iOS & Android)

Il mercato mobile, pur giocando in un campionato con regole abbastanza diverse da quello tradizionale, può essere l’occasione perfetta dal punto di vista di uno sviluppatore per far conoscere maggiormente la sua opera, accalappiare qualche nuovo giocatore e magari rendere ancor più profittevoli i suoi sforzi. Inevitabilmente però ci sono generi (e, aggiungiamo, titoli) che si prestano in misura maggiore a questo tipo di operazioni: The Banner Saga 2 non poteva che riprovarci, dopo l’ottima conversione del capostipite della serie operata da Stoic Studio un paio di anni fa.

Versione testata: iOS (iPad Air)

 

Prima di gettarci nel vivo della recensione è necessario mettere in chiaro due cose: in prima battuta, arrivati a quella che è la nostra terza recensione di The Banner Saga 2 (già sviscerato in occasione dell’uscita su PC e poi su console) e considerando il cambio di piattaforma più marcato, ci concentreremo in particolare sull’adattamento dei controlli e sulla User Experience complessiva del titolo. In secondo luogo, come per gli altri due casi, dovremo inevitabilmente fare qualche accenno agli eventi che chiudono il predecessore: se ancora non avete portato a termine il primo episodio, il consiglio è quindi quello di salvare questo articolo nei preferiti e tornare dopo aver scoperto il destino di Rook e Alette.
 

The Banner weight
Ci si trova a fare i conti con le conseguenze delle scelte, passate e presenti
Avviata una nuova partita, come per le due precedenti versioni del titolo Stoic, The Banner Saga 2 propone la possibilità di importare il salvataggio del capitolo precedente o, in caso questo non sia disponibile, attribuisce truppe, guerrieri e provviste di default e permette di selezionare chi tra Rook ed Alette è sopravvissuto alla battaglia con l’immortale Bellower (e di conseguenza chi ha scagliato la freccia d’argento che ha condannato il gigantesco Sundr ad un sonno eterno). Gli eventi ripartono qualche giorno dopo il finale del primo capitolo, raccontando le vicende di questa “carovana della speranza” in viaggio verso la capitale del regno. Gli eventi importati dal primo titolo (o comunque la scelta effettuata all’inizio del gioco), avranno un impatto pesante anche sulle gesta che il giocatore vivrà a schermo nel corso del suo personale viaggio: nei panni di Rook bisognerà giocoforza misurarsi con la perdita della figlia e con il suo senso di colpa per essere sopravvissuto, che lo porterà a compiere scelte più istintive e a lanciarsi in battaglie che Alette invece avrebbe potuto scansare, alla ricerca di un modo per riempire il vuoto che prova (o forse di una morte, armi in pugno, che ponga fine alla sofferenza e alle responsabilità che ancora gravano sulle sue spalle). Alette invece erediterà lo scettro del comando amministrandolo in modo più ragionato, affrontando la perdita della figura paterna in modo diametralmente opposto e, come detto, riuscendo anche ad evitare di mettere mano alla spada (o meglio, al suo arco) in qualche occasione. Su tutto questo poi si andranno ad innestare le scelte del giocatore, che partendo dalla base descritta andranno però a plasmare alcuni aspetti del racconto seguendo il proprio desiderio, aiutando per esempio viandanti e popolazioni che si incrociano sul cammino ma anche evitando (o cadendo in pieno in) tranelli e trappole disseminati sulla strada verso Arberrang.

Ritmo più serrato, lore affascinante e grandi personaggi: non manca nulla
Il tutto, ad ogni modo, procederà ad un ritmo più serrato rispetto ai primi sette capitoli della “Saga dello Stendardo” raccontati nel primo episodio: il canovaccio di base rimarrà molto simile, e vedrà alternarsi le fasi di viaggio a quelle di combattimento (entreremo più nel dettaglio a breve); i momenti dove gli eventi sembrano erompere di prepotenza nel racconto del giocatore, tuttavia (laddove il capitolo precedente fungeva da overture dal ritmo più sopito), non mancano comunque. Anzi, essi vanno a comporre una sezione centrale che, in attesa di The Banner Saga 3, diventa molto più movimentata che in passato. Una storia che, insomma, è di nuovo raccontata splendidamente, sia sul fronte artistico che dal punto di vista dello storytelling, ed accoglie con grande dignità i personaggi messi in scena di volta in volta e tutto il background del mondo inventato da Stoic Studio. Un mondo variegato di dettagli, ambientato in un mondo di giorno eterno (letteralmente) dimenticato da una serie di Dei cui Varl ed Umani (le due fazioni controllabili nel primo capitolo, cui vanno aggiunti gli Horseborn e ovviamente i Distruttori, nemesi ormai storica) sono ancora, anche loro malgrado, legati.

 


Per approfondire:
The Banner Saga 2
 

L’Inverno sta arrivando
Il gameplay ripropone le due fasi all’insegna della gestione, ma non mancano le novità come gli ostacoli sul campo di battaglia
Dal punto di vista ludico, come accennato, The Banner Saga 2 ripresenta le due anime che caratterizzavano il capitolo di debutto: durante le sessioni di viaggio, più lente e meno “attive”, va prestata particolare attenzione al numero di risorse disponibili (tradotte a schermo, in modo pratico, nel numero di giorni di viaggio che la carovana può ancora sostenere) e decidere quando creare il campo base per non tirar troppo la corda. Allestito il campo poi andranno eventualmente fatti riposare gli eroi feriti (altrimenti utilizzabili comunque in battaglia, ma in condizioni fisiche peggiori) ed in generale il resto della popolazione, al fine di mantenere alto il morale e trarne i relativi benefici in battaglia. Rispetto al primo capitolo è possibile gestire più direttamente la divisione tra la popolazione “normale” e quella guerriera, decidendo quanti del primo gruppo convertire in forza bellica (sempre al costo di alcune giornate), aumentando la capacità di difesa della carovana mentre gli eroi combattono sul campo di battaglia, ma al contempo diminuendone la capacità di auto-sostenersi, visto che i guerrieri raccolgono provviste in modo marcatamente meno efficace della popolazione.

Le fasi di battaglia, che inframezzeranno le marce durante gli eventi che si palesano lungo il percorso, si andranno invece ad inserire nel filone dei giochi di ruolo strategici, basando il tutto essenzialmente su tre statistiche. Ogni elemento della truppa, controllata dal giocatore o sul lato della scacchiera dei Distruttori, è dotato di un valore d’attacco (che funge anche da salute, quindi più si danneggia o si viene colpiti e meno si è poi efficaci in battaglia) e di uno di armatura: il danno inflitto dipende dalla differenza tra questi due, ed in casi di squilibrio dove la difesa supera l’offesa c’è una certa probabilità (indicata a schermo) che l’attacco vada a tradursi in un nulla di fatto. Al giocatore sta quindi la responsabilità di decidere se danneggiare il valore di attacco o quello dell’armatura del nemico, facendo tutte le valutazioni del caso tenendo bene a mente l’ordine dei turni (che comunque, quando uno dei due schieramenti resta con una sola unità, salta e non garantisce più bilanciamento tra manovra avversaria e quella del giocatore), delle truppe sul campo e anche delle abilità di ciascun personaggio.

The Banner Saga 2, poi, su questo aspetto gioca al rialzo, grazie alla nuova razza degli Horseborn e a una moltitudine di ruoli ed abilità non presenti nel primo episodio (citiamo per esempio la classe dei Poeti, che può praticamente motivare le truppe e aumentare le loro prestazioni in battaglia), che ben si sposa con la scelta di raddoppiare il level-cap passando da 5 a 10, aprendo una serie di possibilità inedite dal punto di vista della personalizzazione dei propri guerrieri sul lato statistiche. Come nel primo capitolo, infine, a tutto il battle system si aggiunge la meccanica del morale, che permette di compiere spostamenti aggiuntivi e/o ne aumentano le possibilità d’attacco, potenziando i colpi normali e permettendo di utilizzare le abilità speciali. Diventa quindi un fattore chiave anche decidere quando non muovere i propri guerrieri, che da un turno di riposo possono guadagnare morale da utilizzare poi successivamente.

Toccami il vichingo
Ottimo adattamento a livello di controlli: meglio del controller
The Banner Saga 2, come il primo capitolo, si adatta piuttosto bene ai controlli touch, che spesso e volentieri risultano anche più immediati dell’equivalente “da controller” visti nelle versioni per console (che non a caso abbiamo indicato tra gli aspetti negativi nella recensione dedicata). Sugli schermi più piccoli di alcuni modelli di smartphone le situazioni tendono a farsi più intricate, pur rimanendo ampiamente nel gestibile data la natura non in tempo reale della produzione, ma in generale si incontra qualche difficoltà solo quando diventa problematico “toccare” un elemento dello scenario (tipicamente un nemico durante le fasi di battaglia) perché parzialmente coperto da uno degli altri personaggi. Eccettuate queste situazioni in cui si accusa la mancanza del puntatore del mouse, però, il tutto, come detto, funziona più che egregiamente, complice anche il prezzo di questa incarnazione mobile che è ridotto ad un quarto di quello proposto da Steam, PS Store e Xbox Live (4.99€, contro i 19.99€ delle altre versioni).

indiscutibile sul fronte artistico
Dal punto di vista tecnico, quantomeno sul device utilizzato per la nostra prova, non c’è invece nulla da segnalare e – rilanciamo – nulla da eccepire: il titolo gira senza problemi di sorta e dal punto di vista visivo (e sonoro) regala momenti dalla forte carica emotiva. La magia si incrina un po’ quando si va ad ingrandire l’immagine, dove lo zoom sui dettagli giocoforza ne abbassa un po’ il dettaglio complessivo, ma nelle “dimensioni di default” il lavoro di Stoic Studio, per lunghi tratti, è un vero quadro in movimento.

Verdetto
9 / 10
Ci ho messo più tempo a trovare dei contro che a scrivere la recensione
Commento
È impossibile non consigliare The Banner Saga 2 a quei giocatori che sono in possesso di uno smart device, specie se poi giocano abitualmente con la piattaforma: la scusa di non aver giocato il primo capitolo della serie non vale, visto che è possibile recuperare entrambi i lavori di Stoic Studio ad un prezzo ridicolmente basso, ricevendo in cambio un valore che eccede (e di molto) il prezzo richiesto dal biglietto, colpendo forte sul fronte emozionale grazie alla potenza delle sue immagini e delle sue musiche e, sopratutto, non limitandosi a raccontare una storia, ma dipingendo un mondo intero e fornendone uno spaccato preciso, affascinante e – in una sola parola – imperdibile. L'unica controindicazione è che, a cose fatte, bisognerà poi aspettare per vedere come Stoic andrà a chiudere la serie.
Pro e Contro
Prezzo abbordabilissimo
Artisticamente imperdibile
Controlli touch adatti a quasi tutte le situazioni...

x ... Con qualche piccola riserva
x Vogliamo il terzo capitolo

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