Recensione Sol Invictus

Negli ultimi anni le prospettive del mobile gaming hanno aperto la strada a tutta una serie di nuove esperienze videoludiche che spesso mettono a dura prova le nostre stesse personali definizioni di gioco. È il caso, ad esempio, dei cosiddetti librogame, che nella trasposizione da carta stampata a schermo touch hanno spesso guadagnato in interattività ed immersione. Maestri in questo caso sono stati gli sviluppatori inglesi di Inkle, che con la serie di Sorcery! e lo straordinario 80 Days hanno creato dei veri e propri metri di paragone per quanto riguarda interattività ed approccio narrativo. A raccogliere la sfida è il team spagnolo, per la precisione catalano, di Cubus Games, che ci propone su piattaforme iOS ed Android Sol Invictus, adattamento dell’omonimo romanzo fantascientifico di Kyle B. Stiffs. Come se la saranno cavata? Scopriamolo insieme.

 

PIATTAFORMA TESTATA: Android

Heavy Metal Thunder: Sol Invictus
Sol Invictus è in realtà il secondo episodio di una saga ben più grande, iniziata con il precedente Heavy Metal Thunder (anch’esso adattato in librogame da Cubus Games) e con almeno altre sette uscite pianificate. Chiunque non avesse letto/giocato il precedente episodio può comunque gettarsi senza indugi in Sol Invictus grazie ad una introduzione che riassume rapidamente il setting della vicenda. Ci troviamo nel futuro. L’umanità ha finalmente lasciato il suo pianeta madre, la Terra, ed ha iniziato a colonizzare ogni angolo del sistema solare, da Marte a Plutone, passando per innumerevoli colonie e stazioni spaziali. Nel frattempo la struttura sociale è andata sempre più degenerandosi: la razza umana è sempre più corrotta e dedita ad un consumismo selvaggio ed insensato, i governi sono marionette nelle mani delle corporazioni, i ricchi sono sempre più ricchi ed i poveri più poveri. Sarà però l’attacco, improvviso quanto inarrestabile, di una razza aliena a mettere definitivamente in ginocchio l’umanità. Militaristi e spietati, gli invasori, una razza umanoide dotata di inquietanti corna caprine e di una tecnologia nettamente superiore alla nostra, prenderanno rapidamente il controllo della terra, cancellando ogni traccia della civiltà umana così come la avevamo conosciuta. L’unica speranza della razza umana è la Black Lance Legion, un gruppo di resistenza che, impossessatosi di un vascello nemico, è riuscito a fare propria la tecnologia degli invasori e che negli ultimi 3 anni ha raccolto combattenti da ogni angolo del sistema solare. Tra questi spiccano i cosiddetti “Fanatici Umani“, un gruppo di estremisti disposti ad affrontare qualunque sacrificio per il bene della razza umana e la sconfitta degli invasori. Sono forti e brutali, con nomi da battaglia suggestivi e pagani, vengono descritti come veri e propri vichinghi dello spazio e disprezzano la debolezza, la vigliaccheria e la corruzione dei “vecchi esseri umani” quasi quanto l’alieno invasore. Cromulus, il protagonista di Sol Invictus, è proprio uno di questi autodefiniti “Fanatici”. Risvegliatosi disperso ed in preda di amnesia nel corso di una battaglia nello scorso episodio, Cromulus è finalmente ricongiunto con la sua unità a bordo della Penelope’s Vengeance all’inizio di questo secondo nuovo libro, che narrerà le sue gesta nel corso dell’operazione militare che da il nome all’episodio, con cui la guerriglia umana spera di dare una svolta al conflitto che l’ha finora vista perdente.

Nome da battaglia: “Wolf Tits”
La trama di Sol Invictus è piuttosto autonoma e compatta. Appare chiaro che la storia è stata scritta fin da subito con in mente una suddivisione episodica, e Sol Invictus avanza veramente pochissimo rispetto alla trama globale della saga. La prosa dell’autore, rigorosamente in lingua inglese, si concentra piuttosto su vivide rappresentazioni di scontri e battaglie. Sotto questo punto di vista Kyle B. Stiffs mostra un discreto talento nel descrivere il caos e la dinamicità di queste situazioni, arricchendole con un discreto numero di dettagli pulp e truculenti. Ci sono altre parti in cui Sol Invictus mostra decisamente il fianco, come l’ingenuità di alcuni dialoghi ed alcuni scivoloni imbarazzanti, come quando si tenta di giustificare il ridicolo nomignolo di uno dei comprimari, “Wolf Tits“, tirando in ballo la leggenda della Lupa Romana. Poco gradito risulta inoltre l’eccessivo affidamento a richiami e citazioni al mondo ed all’estetica della musica Metal. Per quanto l’autore possa aver caro quel retroterra culturale (e si nota), pensare che nel ventiduesimo secolo ogni singolo umano sopravvissuto ad un’invasione aliena sia un metallaro o che comunque abbia familiarità con la cultura metal suona ridicolo e toglie credibilità alla vicenda. Non piace, infine, il malcelato intento sociologico/ideologico dell’autore nel mostrare un’evoluzione della nostra società come profondamente corrotta, sbagliata, debole e meschina e nel prendere ad esempio morale un gruppo di fanatici estremisti; dare credito e valore solo ai guerrieri, ai “puri e forti”, ed al tempo indicare chiunque altro come una sorta di subumano, di summa di tutto ciò che di sbagliato esiste nella società. Una visione militarista, machista e squadrista, che puzza di fascistoide e che sinceramente risulta sgradevole.

[nggallery id=653]

Fin qui il libro… ma dov’è il game?
Finora si è parlato molto di trama ma ben poco di gameplay. La ragione principale è che Sol Invictus, per essere un librogame, è molto libro e ben poco game. Al contrario dei lavori di Inkle, che hanno letteralmente stravolto la struttura dei materiali d’origine creando esperienze altamente interattive e fautrici di metodologie di narrazione originali, Cubus Games ha effettuato un lavoro di adattamento veramente minimo. Il risultato è quasi quello di trovarsi di fronte ad un ebook nella confezione di un’app. Le proverbiali scelte multiple saranno infatti poche e rare, distribuite dopo pagine e pagine di narrazione, lunghissimi wall of text interrotti soltanto da sporadiche illustrazioni. L’importanza di queste scelte nello sviluppo della trama sarà inoltre minimo e tutto darà l’impressione di essere completamente fuori dal controllo del giocatore e di viaggiare su binari ben prefissati. Sono presenti un sistema di statistiche del personaggio ed un inventario, ma le pochissime volte in cui questi sistemi verranno tirati in ballo sarà durante i combattimenti, 5 o 6 in tutto nel corso dell’avventura, esplicati con dei tiri di dado. Difatti il gioco fa un pessimo lavoro nello spiegare come le statistiche influenzino i risultati dei tiri, e tutto dà l’impressione di essere completamente casuale. Il problema più grande è forse la gestione dei salvataggi tramite checkpoint. Questi sono rari e distribuiti in maniera del tutto disomogenea e mal studiata. Ad esempio, alla morte del proprio personaggio si ha l’opzione di riavvolgere la storia fino all’ultimo checkpoint. Un tipico problema è però quando il punto di scelta che ha determinato la nostra morte si trova precedentemente all’ultimo checkpoint. Si tratta di un’evenienza tutt’altro che rara, che costringe il giocatore a cercare di caricare il gioco dal checkpoint giusto, facendo avanti ed indietro tra i vari wall of text.

Almeno l’occhio vuole la sua parte
Un punto fortunatamente positivo da segnalare è l’artwork del titolo. Non si può infatti parlare di grafica nel suo complesso, visto che gli unici elementi grafici presenti oltre all’interfaccia dei menù sono infatti gli splendidi artwork che di tanto in tanto interrompono l’interminabile fiume di parole. Si tratta di illustrazioni realizzate dall’artista spagnolo Marc González, caratterizzate da un grande carisma e stile unico. Contribuiscono a creare un’atmosfera tetra, opprimente e disperata, mentre le scene più memorabili vengono rese con il contrasto tra tinte accese ed il nero degli spazi siderali o del ferro delle astronavi. Senza infamia e senza lode è invece il comparto sonoro, composto da una manciata di loop di composizioni ambient che accompagnano la lettura in ogni suo momento. Si tratta di brani generici e completamente dimenticabili, che riescono per fortuna a non irritare il giocatore neanche dopo l’ennesimo loop. La durata dell’avventura è direttamente proporzionale alla propria velocità di lettura ed alla confidenza con la lingua inglese. Un lettore veloce e con buona padronanza della lingua può anche arrivare in fondo a Sol Invictus in appena un pomeriggio, mentre le poche ramificazioni della storia e le scarse opzioni nei punti di scelta di fatto scoraggeranno replay successivi.

Verdetto
No
Molto libro e poco game
Commento
Il fallimento di Sol Invictus è un fallimento che brucia. Brucia perché essendo proprio su quelle piattaforme dove lo stesso genere si era spinto oltre ogni limite appare ancora più come uno sforzo pigro e privo di ogni immaginazione. I problemi di Sol Invictus sono tanti, a partire dai molti elementi discutibili della trama, fino ad arrivare ad imperdonabili errori tecnici come la pessima distribuzione dei checkpoint ed il non saper spiegare al giocatore l'influenza delle statistiche sui tiri dei dadi. Il problema più grosso è però la pigrizia dell'approccio degli sviluppatori. Laddove altri si sono sforzati ed hanno reinventato un genere ed un modo di narrare un genere, Cubus Games si è limitata a schiaffare dentro una app una serie di wall of text, inframezzandoli occasionalmente con qualche illustrazione, scelta multipla o tiro di dadi. Basta. Siamo ad un livello tale che la stessa definizione di Sol Invictus come gioco è discutibile. Detto questo è poi chiaro che non bastano un paio di elementi azzeccati (la qualità degli artwork, l'avvincente narrazione durante le fasi di battaglia) per salvare la baracca.
Pro e Contro
Descrizioni di scontri e battaglie avvincenti
Artwork eccellente

x Solo in lingua inglese
x Qualità della scrittura altalenante
x Più un libro vero e proprio che un librogame
x Problemi con i checkpoint
x Design pigro, impermeabile alle novità

#LiveTheRebellion