Recensione Skyhill

Di solito, quando parliamo di Daedalic, la prima cosa che viene in mente sono le serie di ottime avventure grafiche punta & clicca che, nei recenti anni, hanno popolato lo storico della compagnia. Il prodotto della collaborazione con Mandragora Team, tuttavia, va in una direzione ben diversa, e Skyhill si attesta fermamente nel genere dei roguelike, titoli che incorporano elementi rpg, morte permanente e spesso mappe generate casualmente.

In questo caso, più che di “mappe”, dovremmo parlare di alberghi: nei 100 piani che ci attendono in Skyhill, infatti, saremo chiamati ad affrontare mostri mutanti di stanza in stanza, raccogliendo nel contempo il necessario per permetterci di sopravvivere alla fame e agli scontri, sempre più brutali mano a mano che ci avvicineremo verso l’uscita.

Tuttavia, il vero nemico del gioco è ben altro, ed è qualcosa di ben più sottile che ci è apparso chiaramente durante la nostra conquista dello Skyhill.

VERSIONE TESTATA: PC
Trappola di cristallo
LA NARRATIVA E’ AFFIDATA AD UNO STILE DA GRAPHIC NOVEL
Sebbene Skyhill non sia propriamente un titolo “tipico” dello studio, le premesse sono in puro stile Daedalic: una narrativa fatta in stile graphic novel, nei brevi filmati d’intermezzo, ci porta in un 2017 dove le tensioni politiche e sociali con il medio-oriente e il sud-est asiatico sono sull’orlo di esplodere, e la minaccia di una guerra batteriologica globale è alle porte. Tuttavia, la situazione per il momento sembra essere stabile, quasi “un occhio del ciclone”, come ci introduce lo stesso protagonista, ma il disastro è dietro l’angolo. Un missile batteriologico e svariate grida inquietanti dopo, ci troveremo nella scomoda situazione di dover varcare la soglia della nostra camera/bunker e affrontare qualsiasi cosa siano diventati i residenti dell’hotel, pena morire lentamente di fame in una prigione extra lusso.

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Lo stile della breve sequenza introduttiva, tuttavia, viene ripreso solo nel finale (o NEI finali, per essere precisi), mentre nel gioco vero e proprio avremo modo di apprendere altri dettagli esclusivamente in base ai documenti di altri sopravvissuti, sms e registrazioni, che aiuteranno a gettare un minimo di luce su quelle che sono le “altre verità” dietro gli eventi di Skyhill.

Sebbene non possiamo aggiungervi altro senza rivelare gran parte dei retroscena, c’è da dire che la generazione casuale dei 100 piani (e delle 300 stanze) che compongono il gioco, rallenta non poco la scoperta della storia, visto che i documenti, pur restando nel nostro inventario anche dopo la morte, vengono a loro volta generati casualmente, e potremmo metterci diverso tempo prima di recuperare nuovi frammenti utili a sbloccare uno dei finali.

Laddove non vi sia questo problema (e cioè nel finale standard), la frustrazione lascia spazio alla prevedibilità, mentre il terzo possibile epilogo si limita a mettere sul tavolo ancora più confusione. I tre filoni narrativi del gioco, purtroppo, rispecchiano in pieno il senso di casualità che permea l’intera avventura: potremmo infatti trovarci a seguire una delle tre storie portanti ( o “punti di vista”, come sembrano essere), che apparentemente sembrano persino andare in conflitto tra loro, per poi trovarci a visualizzare un finale completamente estraneo alla vicenda seguita sinora semplicemente per il fatto di aver mancato qualche oggetto, fisicamente non raggiungibile nella mappa creata.

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Ascensori, mostri e pannocchie

Anche sul piano del gameplay, questo permeante senso di casualità (a onor del vero tipico di molti roguelike, ma portato all’estremo in Skyhill) risulta in un’esperienza di gioco accattivante ma castrata.

LO STILE DI GIOCO COSTRINGE AD UN FREQUENTE BACKTRACKING
Il nostro obiettivo è quello di arrivare al piano terra, non importa come: potremo scendere di scala in scala limitandoci alla tromba centrale, ma questo vorrebbe dire sperare di incontrare ben pochi nemici sul nostro cammino (improbabile), avere la fortuna di ottenere oggetti utili e armi particolarmente potenti (molto improbabile), e farcela senza ridurci ad uno scheletro affamato (letteralmente impossibile). Ogni spostamento da una stanza all’altra consuma un punto fame, terminati i quali inizieremo ad intaccare la nostra riserva vitale, cosa che costringe ad un frequente backtracking verso il nostro attico per riposare, a sfruttare l’estensiva modalità di crafting di armi e risorse e alla ricerca costante di cibo.

Ovviamente, in un albergo popolato di mostri mutanti, questa ricerca non sarà una passeggiata, e ci troveremo ad affrontare sei tipi di creature con un sistema a turni che spinge molto sulla tattica. Due sono le modalità d’attacco: un colpo generico o un attacco mirato. Nel secondo caso ci troveremo a dover scegliere quale parte del nemico colpire, la cui percentuale di riuscita è inversamente proporzionale al danno inflitto. La modalità “generica”, invece, risulta nell’equivalente di un colpo mirato a percentuale più alta (e quindi danni minimi), cosa che nell’ottica degli sviluppatori dovrebbe sveltire gli scontri a livelli più alti. Tuttavia è proprio a livelli più alti che questa modalità diventa inutile, visto che investire i punti esperienza ottenuti nell’aumento della precisione non garantisce mai una completa riuscita dell’attacco, e a livelli più alti diventa quasi indispensabile rischiare per poter infliggere quei dieci danni in più ad un nemico gigantesco che ci sbarra la strada.

Skyhill-Monsters

Parlando di punti esperienza, ancora una volta il gioco si riduce ad una scommessa: ogni arma richiede un punteggio minimo in una o più caratteristiche (destrezza, velocità, forza), pena l’incorrere in un malus ai danni anziché un incremento. Tuttavia è alto il rischio di costruire un personaggio improntato verso una determinata abilità, e trovarsi per le mani armi basate su altre caratteristiche, e senza materiali necessari per costruirne di più adatte nell’attico.

E che caSo!
MOLTE MECCANICHE SONO BASATE PIU’ SULLA FORTUNA CHE SULL’ABILITA’

Al momento della nostra (inevitabile) morte, come già detto, il gioco resetta l’albergo e il nostro personaggio, inventario compreso, avendo fortunatamente la misericordia di lasciarci i documenti raccolti. In base ai nostri progressi avremo la possibilità di sbloccare due serie di bonus, uno passivo e uno attivo, da utilizzare durante i tentativi successivi. Uno di questi ci consente di scegliere se combattere o meno contro un nemico (costringendoci tuttavia a terminare lo scontro una volta effettuato il primo colpo), e il fatto che sia tra i primi sbloccati la dice lunga su quanto l’intero gioco tolga dalle mani dei giocatori la maggior parte delle scelte basilari, affidandosi più al caso che alle abilità.

Come già detto, l’intera discesa dello Skyhill è un’enorme situazione randomica, che se da una parte può diventare una tranquilla passeggiata fatta di provviste che spuntano come funghi, medikit a iosa e armi e materiali come se piovesse, è molto più realistico aspettarsi un’interminabile odissea della disperazione, dove già dieci piani sotto l’attico avremo esaurito le risorse, non avremo chiavi per raggiungere quella stanza chiusa dove forse non troveremo comunque nulla, e saremo bloccati da un nemico che faticheremo a colpire anche al 95% delle probabilità, mentre verremo inesorabilmente macinati dai suoi attacchi. La mancanza pressoché assoluta di una qualsivoglia componente che faccia tornare in gioco l’abilità dei giocatori è impressionante: i bonus passivi e attivi si limitano ad essere molto spesso dei palliativi più che delle vere e proprie soluzioni, e anche in questo caso diventa comunque un’impresa totalmente casuale arrivare abbastanza a fondo nell’albergo da sbloccare quelli più avanzati.

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Come già detto, si tratta di una situazione comune a molti roguelike, un genere che spesso e volentieri crea spaccature polari nei gusti dei giocatori. Tuttavia, in buona parte dei titoli del genere c’è quasi sempre modo di raccogliere le idee e pianificare una strategia, un percorso che riesca in qualche modo a massimizzare i nostri sforzi e benefici prima di cedere inevitabilmente spazio al tentativo successivo di raggiungere la fine del gioco.

In Skyhill, questo non avviene, anzi: ogni azione è un rischio, persino riposarsi, e anche i bonus che dovrebbero aiutarci a pianificare diventano inutili quando il loro uso è esso stesso una scommessa. Quanto è utile sapere in anticipo cosa ci riservano le prossime stanze, senza tuttavia avere la possibilità di vedere se effettivamente contengono oggetti? Vogliamo davvero utilizzare l’abilità “amnesia” per ritrovarci in un piano a caso dell’albergo? Oppure proveremo ad avere la certezza che in ogni stanza ci sarà un oggetto, al prezzo di perdere quello probabilmente più utile ogni dieci passi?

Signore e signori, benvenuti allo Skyhill…

Verdetto
5.5 / 10
"Personale scortese e cucina scadente, ma almeno le stanze sono pulite! Due stelle!"
Commento
Cento piani popolati di mostri da sconfiggere (o ignorare) in una discesa verso la libertà non sono una cosa facile. E su questo siamo d'accordo. Tuttavia sembra che i russi del Mandragora Team ci siano messi d'impegno per rendere la difficoltà insensatamente alta per tutti i motivi sbagliati. Il problema di Skyhill non è rendersi conto che abbiamo per le mani un roguelike dove la morte permanente non è un game-over ma parte integrante del gioco. Non è nemmeno avere a che fare con mostri il cui grado sfida è orrendamente sbilanciato, né tantomeno riuscire a sopravvivere abbastanza a lungo da considerare il tentativo in corso come un successo nello sbloccare e testare nuove abilità, anzichè una perdita di tempo. Il vero problema è che niente di tutto questo è realmente affidato alle abilità del giocatore: potremo scegliere se rischiare nell'attaccare un mostro o colpire quasi certamente; potremo sacrificare un componente per potenziare le strutture del nostro attico, o sfruttarlo per ottenere immediatamente un'arma limitatamente migliore; potremo scegliere se avere un momentaneo sollievo ai crampi della fame o fare scorta di cibo per poter passare una notte a riposo in relativa tranquillità. Ma la verità tremenda è che lo spazio per la pianificazione è pari a zero, ci sarà sempre quel cinque, dieci, x-percento in grado di mandare all'aria ogni cosa. Tutto si riduce ad un semplice quesito: quanto ci sentiamo fortunati? Quando un gioco la cui longevità si basa sulla ripetizione ossessiva delle stesse azioni toglie alle stesse qualsiasi certezza, purtroppo, non è sintomo di un prodotto completamente riuscito. Tuttavia, a voler spezzare una lancia in favore del titolo di Mandragora e Daedalic, possiamo dire che il gameplay ha un certo fascino: posta la condizione di avere una run abbastanza fortunata, ci troveremo davanti ad un titolo che incorpora un solido sistema di crafting, accattivante nelle meccaniche e che in qualche modo stimola il lato testardo di un giocatore. Perchè arrivare attorno al diciannovesimo piano dopo una discesa infernale, per poi vedersi cadere a terra come una pera dilaniati dai colpi dei mutanti non solo è infuriante, ma diventa una questione personale, di quelle che smaniano per ricominciare all'istante una nuova partita.
Pro e Contro
Stile grafico accattivante
Sistema di crafting solido

x Troppe meccaniche basate sul caso
x Frustrante

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