Di solito, quando parliamo di Daedalic, la prima cosa che viene in mente sono le serie di ottime avventure grafiche punta & clicca che, nei recenti anni, hanno popolato lo storico della compagnia. Il prodotto della collaborazione con Mandragora Team, tuttavia, va in una direzione ben diversa, e Skyhill si attesta fermamente nel genere dei roguelike, titoli che incorporano elementi rpg, morte permanente e spesso mappe generate casualmente.
In questo caso, più che di “mappe”, dovremmo parlare di alberghi: nei 100 piani che ci attendono in Skyhill, infatti, saremo chiamati ad affrontare mostri mutanti di stanza in stanza, raccogliendo nel contempo il necessario per permetterci di sopravvivere alla fame e agli scontri, sempre più brutali mano a mano che ci avvicineremo verso l’uscita.
Tuttavia, il vero nemico del gioco è ben altro, ed è qualcosa di ben più sottile che ci è apparso chiaramente durante la nostra conquista dello Skyhill.
Lo stile della breve sequenza introduttiva, tuttavia, viene ripreso solo nel finale (o NEI finali, per essere precisi), mentre nel gioco vero e proprio avremo modo di apprendere altri dettagli esclusivamente in base ai documenti di altri sopravvissuti, sms e registrazioni, che aiuteranno a gettare un minimo di luce su quelle che sono le “altre verità” dietro gli eventi di Skyhill.
Sebbene non possiamo aggiungervi altro senza rivelare gran parte dei retroscena, c’è da dire che la generazione casuale dei 100 piani (e delle 300 stanze) che compongono il gioco, rallenta non poco la scoperta della storia, visto che i documenti, pur restando nel nostro inventario anche dopo la morte, vengono a loro volta generati casualmente, e potremmo metterci diverso tempo prima di recuperare nuovi frammenti utili a sbloccare uno dei finali.
Laddove non vi sia questo problema (e cioè nel finale standard), la frustrazione lascia spazio alla prevedibilità, mentre il terzo possibile epilogo si limita a mettere sul tavolo ancora più confusione. I tre filoni narrativi del gioco, purtroppo, rispecchiano in pieno il senso di casualità che permea l’intera avventura: potremmo infatti trovarci a seguire una delle tre storie portanti ( o “punti di vista”, come sembrano essere), che apparentemente sembrano persino andare in conflitto tra loro, per poi trovarci a visualizzare un finale completamente estraneo alla vicenda seguita sinora semplicemente per il fatto di aver mancato qualche oggetto, fisicamente non raggiungibile nella mappa creata.
Anche sul piano del gameplay, questo permeante senso di casualità (a onor del vero tipico di molti roguelike, ma portato all’estremo in Skyhill) risulta in un’esperienza di gioco accattivante ma castrata.
Ovviamente, in un albergo popolato di mostri mutanti, questa ricerca non sarà una passeggiata, e ci troveremo ad affrontare sei tipi di creature con un sistema a turni che spinge molto sulla tattica. Due sono le modalità d’attacco: un colpo generico o un attacco mirato. Nel secondo caso ci troveremo a dover scegliere quale parte del nemico colpire, la cui percentuale di riuscita è inversamente proporzionale al danno inflitto. La modalità “generica”, invece, risulta nell’equivalente di un colpo mirato a percentuale più alta (e quindi danni minimi), cosa che nell’ottica degli sviluppatori dovrebbe sveltire gli scontri a livelli più alti. Tuttavia è proprio a livelli più alti che questa modalità diventa inutile, visto che investire i punti esperienza ottenuti nell’aumento della precisione non garantisce mai una completa riuscita dell’attacco, e a livelli più alti diventa quasi indispensabile rischiare per poter infliggere quei dieci danni in più ad un nemico gigantesco che ci sbarra la strada.
Parlando di punti esperienza, ancora una volta il gioco si riduce ad una scommessa: ogni arma richiede un punteggio minimo in una o più caratteristiche (destrezza, velocità, forza), pena l’incorrere in un malus ai danni anziché un incremento. Tuttavia è alto il rischio di costruire un personaggio improntato verso una determinata abilità, e trovarsi per le mani armi basate su altre caratteristiche, e senza materiali necessari per costruirne di più adatte nell’attico.
Al momento della nostra (inevitabile) morte, come già detto, il gioco resetta l’albergo e il nostro personaggio, inventario compreso, avendo fortunatamente la misericordia di lasciarci i documenti raccolti. In base ai nostri progressi avremo la possibilità di sbloccare due serie di bonus, uno passivo e uno attivo, da utilizzare durante i tentativi successivi. Uno di questi ci consente di scegliere se combattere o meno contro un nemico (costringendoci tuttavia a terminare lo scontro una volta effettuato il primo colpo), e il fatto che sia tra i primi sbloccati la dice lunga su quanto l’intero gioco tolga dalle mani dei giocatori la maggior parte delle scelte basilari, affidandosi più al caso che alle abilità.
Come già detto, l’intera discesa dello Skyhill è un’enorme situazione randomica, che se da una parte può diventare una tranquilla passeggiata fatta di provviste che spuntano come funghi, medikit a iosa e armi e materiali come se piovesse, è molto più realistico aspettarsi un’interminabile odissea della disperazione, dove già dieci piani sotto l’attico avremo esaurito le risorse, non avremo chiavi per raggiungere quella stanza chiusa dove forse non troveremo comunque nulla, e saremo bloccati da un nemico che faticheremo a colpire anche al 95% delle probabilità, mentre verremo inesorabilmente macinati dai suoi attacchi. La mancanza pressoché assoluta di una qualsivoglia componente che faccia tornare in gioco l’abilità dei giocatori è impressionante: i bonus passivi e attivi si limitano ad essere molto spesso dei palliativi più che delle vere e proprie soluzioni, e anche in questo caso diventa comunque un’impresa totalmente casuale arrivare abbastanza a fondo nell’albergo da sbloccare quelli più avanzati.
Come già detto, si tratta di una situazione comune a molti roguelike, un genere che spesso e volentieri crea spaccature polari nei gusti dei giocatori. Tuttavia, in buona parte dei titoli del genere c’è quasi sempre modo di raccogliere le idee e pianificare una strategia, un percorso che riesca in qualche modo a massimizzare i nostri sforzi e benefici prima di cedere inevitabilmente spazio al tentativo successivo di raggiungere la fine del gioco.
In Skyhill, questo non avviene, anzi: ogni azione è un rischio, persino riposarsi, e anche i bonus che dovrebbero aiutarci a pianificare diventano inutili quando il loro uso è esso stesso una scommessa. Quanto è utile sapere in anticipo cosa ci riservano le prossime stanze, senza tuttavia avere la possibilità di vedere se effettivamente contengono oggetti? Vogliamo davvero utilizzare l’abilità “amnesia” per ritrovarci in un piano a caso dell’albergo? Oppure proveremo ad avere la certezza che in ogni stanza ci sarà un oggetto, al prezzo di perdere quello probabilmente più utile ogni dieci passi?
Signore e signori, benvenuti allo Skyhill…
#LiveTheRebellion