Recensione Kingdom Come: Deliverance

Durante il 2014 fa capolino su Kickstarter un nuovo ambizioso progetto videoludico, Kingdom Come: Deliverance.
Il titolo promette di trascinare con ferrea veridicità i videogiocatori all’interno di un mondo medievale assolutamente incontaminato dall’elemento fantasy, e fedele al contesto storico della Boemia del XV secolo.


Per approfondire:
Kingdom Come: Deliverance
Se sulla carta il progetto di Warhorse Studios può sembrare rivolto esclusivamente ad una nicchia di appassionati storici o di simulazione, il risultato finale lascia di stucco vista l’abilità con cui il team è riuscito a mescolare il gioco di ruolo con quello simulativo.

Kingdom Come Deliverance  è un’esperienza immersiva e coinvolgente

 

Versione testata: PS4

 
Piccolo fardello alla lunga è pesante
 

 

Il ragazzo infatti desidera ardentemente mettersi in viaggio in cerca di avventura, ambizione prontamente negata dai suoi genitori
Kingdom Come: Deliverance vuole raccontare una storia e una porzione della storia. Il motore che permette il viaggio in questo mondo del passato è alimentato da Henry, giovane abitante di Skalica Argentea, piccolo villaggio della Boemia, regno al momento sede di tensioni a causa di un Re negligente, Carlo IV. Quest’ultimo è stato rapito da suo fratello Sigismondo (Re a sua volta) con l’obiettivo di riportare l’ordine. La vita di Henry è piuttosto umile: figlio di fabbro, dalla mattina aiuta suo padre, imparando al contempo il mestiere che un giorno erediterà. Ma è già da subito chiaro che il protagonista ha ben altri piani in mente prima di sistemarsi. Il ragazzo infatti desidera ardentemente mettersi in viaggio in cerca di avventura, ambizione prontamente negata dai suoi genitori che temono per lui una fine orribile in un mondo che fuori dal villaggio non guarda in faccia a nessuno. Poco potevano sospettare però gli apprensivi genitori, che il pericolo si sarebbe presto presentato alle porte del villaggio. Il 23 Marzo del 1403, Skalica viene cancellata dalle mappe rasa al suolo dall’esercito di Sigismondo. Sparita in pochi attimi insieme a buona parte dei suoi abitanti, tra cui madre e padre di Henry.
Quest’ultimo, sopravvissuto al massacro, si ritrova improvvisamente a dover lottare per la propria sopravvivenza. Carico di rabbia e desiderio di vendetta quindi punta il dito contro il generale Markvart von Auliz, l’uomo che ha guidato l’assalto al villaggio.
Davanti a questo tragico inizio, in maniera molto contorta i desideri del ragazzo vengono esauditi. Si apre così davanti a lui – e al giocatore – un mondo di possibilità.
Già a partire dall’incipit è sicuramente da elogiare la sceneggiatura della storia principale, la quale porta il giocatore nelle più disparate situazioni. Le corde della storia si diramano tra momenti divertenti, toccanti, e drammatici, un mix di emozioni che non ci si aspetterebbe da un titolo simile.

 

Paese che vai, Henry che trovi
 

Poco dopo il primo avvio il grado di immedesimazione spicca il volo.
In seguito agli eventi di Skalica, certamente qualcosa è cambiato nell’animo di Henry. A conti fatti però è il solito ragazzotto con nessun talento di un piccolo villaggio, strappato con brutale violenza dagli affetti e improvvisamente ritrovatosi uomo. Allo stesso modo Kingdom Come: Deliverance fa sentire il giocatore nelle prime ore di gioco: spaesato e solo al mondo, spiega solo l’essenziale tramite tutorial, lasciando sperimentare il resto in prima persona al giocatore. Poco dopo il primo avvio il grado di immedesimazione spicca il volo. Ci si ritrova ai comandi di un personaggio che date le sue origini non sa tirare di spada come si deve, riesce a malapena a cavalcare, e da sempliciotto qual è non sa nemmeno leggere. L’esperienza di Henry, così come quella di chi veste i suoi panni, è circoscritta al villaggio natio.

L’unico modo per imparare nella Boemia del XV secolo – oltre a nascere nobili – rimane quello di lanciarsi e provare.

È una situazione che pone al giocatore più di un grattacapo nelle prime ore dell’avventura, ma che permette di acquisire man mano autoconsapevolezza delle proprie capacità e preferenze di approccio al gioco, costruendo tassello dopo tassello la propria personalissima esperienza del mondo. È chiaro quindi che da diversi tipi di vita vissuta derivano differenti metodi di risoluzione dei problemi.

Più modi per svolgere lo stesso incarico
Warhorse Studios è stato maestro nel proporre questo tipo di gameplay: ogni incarico che ci viene affidato, che sia della storia principale o una quest secondaria, può essere concluso battendo diversi sentieri. 

In nessun caso suggeriti da un timido o sfacciato sfondamento della quarta parete su schermo, bensì solo frutto del proprio modo di pensare e agire in un determinato contesto di gioco, anche al costo di portare a fallimento l’obiettivo attuale pagandone le rispettive conseguenze. Il titolo non accoglie a braccia aperte il giocatore, anzi gli tira un assestato pugno nello stomaco, guidandolo solamente verso il prossimo luogo da raggiungere.


Tale libertà permette un’immedesimazione molto più profonda lasciando che sia il giocatore a plasmare il proprio Henry. A questo proposito in base alle proprie azioni si andranno a modificare dei valori di reputazione che variano a seconda del luogo visitato. Di vitale importanza la cura dell’aspetto, che ci si riferisca all’igiene personale (gestibile presso i trogoli, o a pagamento nei bagni) o al vestiario indossato. Elemento questo, da tenere bene a mente quando si va a dialogare con i personaggi, soprattutto nel momento in cui si è chiamati a scegliere tra varie risposte. Apparire puliti e ordinati migliorerà le chance di successo di persuasione, volgendo a proprio favore contrattazioni o permettendo il ricavo di informazioni preziose. Di contro gli NPC saranno meno propensi ad aiutare o lasciarsi persuadere trovandosi ad interloquire con un uomo che veste abiti sporchi e strappati.

L’importanza della simulazione
Gli aspetti simulativi comprendono molti ambiti del gioco, e bisogna sempre tenere un occhio per gli indicatori nell’HUD. Ad esempio quando il giovane ragazzo è affamato, ha mancanza di sonno, sta trasportando un carico eccessivo, o è ferito, reduce da un combattimento. L’ottima qualità della simulazione è sottolineata dal fatto che ogni singolo elemento simulativo va ad agire in modo diretto e indissolubile sul fronte del gameplay. Ecco quindi che una ferita al braccio non permetterà di impugnare un’arma, il carico eccessivo preclude la possibilità di correre, mangiare troppo rende goffi i movimenti riducendo la stamina disponibile finché lo stomaco non smaltirà il cibo in eccesso. Questa scelta di design fa si che il giocatore presti più attenzione a una molteplicità di variabili, richiedendo un’indispensabile preparazione prima di partire verso l’obiettivo  per evitare di essere ridotti ad un colabrodo.
Come si accennava all’inizio infatti, il mondo di Kingdom Come è pieno di pericoli, e l’avventura non manca di ricordarcelo con una difficoltà da non prendere alla leggera. Basta l’incontro con una coppia di banditi a mettere prematuramente la parola fine al viaggio di Henry. Se non affrontato con la dovuta concentrazione e strategia ogni scontro può dare filo da torcere, così come se si volesse adottare uno stile di gioco più nascosto nell’ombra, i nemici non si faranno sorprendere con facilità.
Più tranquilla è la vita nei centri abitati, dove di certo i loschi affari non mancano. I cittadini sono indaffarati a svolgere le loro mansioni quotidiane, reagendo al passaggio del protagonista ponendosi in modi diversi a seconda della reputazione posseduta.
Ogni luogo abitato ha le sue dinamiche e le sue circostanze. Alla base di questo presupposto nascono le missioni secondarie, caratterizzate da una scrittura di alto livello non ci verrà praticamente mai chiesto di andare a raccogliere un certo numero di carciofi nei campi. Diversamente Henry verrà incaricato della risoluzione di piccoli misteri o atti di eroismo votati a salvare fanciulle in disperato bisogno di un cavaliere. Il tutto tenendo sempre a mente che ogni richiesta può essere sbrigata in diversi modi, basta solo cambiare il proprio punto di vista.
Le azioni compiute poi hanno una loro importanza, potendosi ripercuotere anche sul mondo di gioco.
La marcata componente simulativa, e la routine ben strutturata degli NPC fa percepire l’ambiente di gioco come possessore di un cuore pulsante. Basta fare una passeggiata per le strade per percepire la vitalità che Warhorse Studios ha voluto infondere nella riproduzione della Boemia medievale.

 

Sir, vi sfido a singolar tenzone
 

Arma alla mano, il combattimento potrebbe far storcere il naso ad alcuni, in quanto è reso in maniera molto realistica
Appena fuori dagli agglomerati cittadini la vita inizia a farsi più spietata. Spesso – persino durante i viaggi rapidi – il novello avventuriero sarà chiamato a combattere contro banditi intenzionati a lasciarlo in mutande, o peggio. Per evitare problemi è vitale imparare a maneggiare un’arma. Si noti come anche in questa occasione l’immaginario di gioco sia fedele al medioevo proponendo strumenti bellici appartenuti esclusivamente a quell’epoca. L’abilità nel maneggiare le armi (così come per tutti i campi di abilità disponibili) cresce con il loro utilizzo. Salendo di livello è poi possibile sbloccare determinate tecniche, che includono anche combo eseguibili mettendo a segno una precisa sequenza di fendenti e stoccate.
Se l’esperienza sul campo spaventa, durante le prime ore di gioco sarà possibile imparare da un maestro d’armi, che insegnerà alcune tecniche al giovane avventuriero.
Arma alla mano, il combattimento potrebbe far storcere il naso ad alcuni, in quanto è reso in maniera molto realistica. Siamo infatti di fronte ad uno dei sistemi di combattimento all’arma bianca più vicini alla realtà mai concepito in un videogioco. Ingaggiato il nemico, appaiono su schermo cinque direzioni, verso cui possiamo tirare un fendente o una stoccata, e un punto centrale per l’affondo. Similmente è data la possibilità di parare gli attacchi avversari, guadagnando una parata perfetta, evitando il consumo di stamina, riuscendo a bloccare al momento giusto. Si tratta di un sistema che richiede un approccio ragionato allo scontro, mentre si cerca un’apertura nella difesa avversaria bisogna anche tenere d’occhio la stamina, consumata a ogni mossa eseguita e ad ogni colpo subito o parato in modo non ottimale. Inizialmente può trattarsi di una meccanica frustrante, soprattutto a causa della macchinosità del sistema di lock dell’avversario, piuttosto ballerino. Una volta padroneggiata l’arte del combattimento però, può regalare grandi soddisfazioni, a maggior ragione quando si esce vittoriosi da uno scontro tre contro uno.
Ma attenzione, sebbene all’avanzare delle abilità le caratteristiche di Henry evolvono, non ci si ritroverà mai a prendere il controllo di un signore della morte. La differenza tra la vita e la morte dipenderà dall’abilità del giocatore, e in ogni momento potrebbe presentarsi un nemico degno di  spaccare la testa all’ex apprendista fabbro.

 

È anche possibile chiedere la resa in caso le cose si mettano male, ma di certo non sarete così codardi, no?

Proprio nel caso in cui i singolar tenzoni non dovessero terminare a proprio favore, l’avventura ripartirà dall’ultimo salvataggio. L’opera è però sprovvista di checkpoint, ed è possibile salvare solo tramite due modalità: dormendo in determinati letti, o bevendo la grappa del salvatore. Si tratta di un liquore dalle scorte limitate, acquistabile presso mercanti o persino distillabile autonomamente nei laboratori alchemici, a patto di possedere i necessari ingredienti e soprattutto di saper leggere la ricetta. Il titolo non si presta infatti al gameplay mordi e fuggi, costringendo a calcolare il proprio tempo a disposizione prima di ogni sessione. In ogni caso il team ha già annunciato che provvederà a modificare il sistema di salvataggio, ma non è ancora chiaro con quali modalità.

Poligoni medievali
 

Il mondo di Kingdom Come: Deliverance, nonostante la sua vivacità, non brilla di certo per la realizzazione tecnica. Su console spesso e volentieri ci si imbatte in importanti cali di frame rate, anche all’interno delle città. Il tutto è poi corredato da problematiche di pop up, caricamenti di texture piuttosto ritardatari in seguito ad un viaggio rapido, e animazioni abbastanza rigide. Problematiche che con il tempo saranno probabilmente levigate dal rilascio di varie patch, ma che al momento rendono l’esperienza visiva un po’ traballante.
Di non poco conto, la presenza di numerosi bug. Spaziano da piccoli errori che possono anche creare situazioni buffe, a concludere con eventi a rischio catastrofe che mettono a repentaglio l’avanzamento nella storia. In fase di prova del titolo, più volte NPC necessari ai fini della progressione si sono dati alla macchia, impossibili da scovare anche nei dintorni. Unica soluzione quella di ricaricare salvataggi precedenti, fortunatamente non troppo distanti dal punto raggiunto. È quindi per ora consigliabile – nel limite del possibile, viste le modalità di salvataggio attuali – salvare spesso durante l’avventura. Ad onor del vero appare chiaro che problematiche di questo genere sono in qualche modo giustificabili, dato il budget ridotto con il quale questo titolo dalle ambiziose proporzioni e proposte è stato realizzato.

 Armati di pazienza sarebbe quindi bene cercare di chiudere un occhio e godersi la qualità ludica e l’ampia offerta dell’opera.

Nonostante tutto il titolo è capace di offrire scenari molto suggestivi. Anche le scene di intermezzo e interazioni con i vari personaggi sicuramente piacevoli (un po’ meno quelle con le comparse), merito anche di una scrittura dei personaggi secondari veramente ben ideata e realizzata, e ad un doppiaggio inglese (unica lingua audio disponibile, ma con la possibilità di impostare i sottotitoli in italiano) di buon livello.
La colonna sonora prende ispirazione da melodie del XV secolo, spesso con toni leggeri e spensierati, guadagnando epicità e tensione durante gli scontri.

 

Verdetto
8 / 10
"A noi non importa quindi ci faremo un'altra birra, e ci ubriacheremo come fosse l'ultimo giorno!"
Commento
Kingdom Come: Deliverance è un titolo all’apparenza estraneo e lontano dai gusti del giocatore medio, e in parte è vero. Ma la realtà dei fatti indica che è un titolo a cui bisogna dare fiducia, soprattutto durante le prime fasi di gioco, sicuramente le più disorientanti. Una volta fatto il callo però, l’avventura sa regalare un gran numero di momenti memorabili, e l’opera comincia a percepirsi come la diretta evoluzione di quel tipo di open world che è stato proposto con i The Elder Scrolls. La completa assenza dell’elemento fantasy potrebbe scoraggiare molti potenziali interessati, ma la qualità della scrittura non ha assolutamente nulla da invidiare rispetto ai toni più epicheggianti e astratti di altri titoli, anzi, offre un diverso e originale punto di vista rimanendo con i piedi per terra. Se quindi siete indecisi sull’acquisto, il miglior consiglio è quello di lanciarsi e provare, probabilmente non rimarrete delusi, a patto che teniate conto che il titolo ha molto margine di miglioramento davanti a sé e siate pronti a rischiare di perdere qualche ora di gioco a causa di possibili bug.
Pro e Contro
Mondo aperto, vivo e pulsante
Combattimenti tra i più realistici mai riprodotti
Immersione ruolistica profonda e riuscita
Accuratezza degli eventi storici
Sceneggiatura generale di ottimo livello

x Disseminato di bug di vario tipo
x Sistema di salvataggio poco user friendly
x Qualche incertezza grafica

#LiveTheRebellion