Recensione htoL#NiQ: The Firefly Diary

Fin dal lancio, Nippon Ichi Software (e di conseguenza il publisher NIS America) ha sempre cercato di portare esclusive dedicate al proprio pubblico anche su PlayStation Vita, superando molto presto in quantità i titoli delle altre compagnie: tra giochi di ruolo, dungeon crawler e avventure grafiche, è riuscita a rendere la portatile Sony un acquisto obbligatorio per gli amanti del genere e per tutti quei giochi definiti dai più “di nicchia”.
Lo scorso 4 Marzo è approdato su PlayStation Store htol#NiQ: The Firefly Diary (in originale Hotaru no Nikki), ad un prezzo di partenza di 14,99 €: un titolo insolito per la software house sotto molti punti di vista, sarà riuscito a convincerci?

Memorie perdute
La giovane Mion si risveglia in una discarica abbandonata con nessun altro ricordo tranne il proprio nome: confusa e disorientata, fa presto la conoscenza con Lumen, una piccola lucciola verde che ricorda la tanto amata/odiata fatina Navi di The Legend of Zelda.
Il giocatore prende il controllo di Lumen, e dovrà fare in modo che Mion arrivi sana e salva al di fuori dell’infausto luogo.
Proseguendo nell’esplorazione, le due protagoniste incontreranno dei mostri d’ombra apparentemente invincibili, finchè a dare manforte al team non sopraggiungerà un’altra lucciola, di colore viola, nascosta nell’oscurità, chiamata Umbra.
Lumen e Umbra cercheranno di salvare dagli innumerevoli pericoli Mion, e portarla sana e salva alla fine di ogni livello.

The Firefly Diary è un platform-adventure in 2D, lo scopo è portare Mion in salvo alla fine di ogni livello: per farlo, bisognerà guidarla tramite Lumen e Umbra attraverso i diversi pericoli ideati da Furuya.
Mion è inspiegabilmente attratta dalla luce di Lumen, per questo la seguirà ovunque andrà la lucciola, salendo scale, spostando casse e purtroppo, buttandosi a capofitto contro pericoli di ogni sorta.
Sta al giocatore decidere quando fermare la ragazzina, toccandola nel momento giusto, e liberare la strada da eventuali minacce, grazie all’intervento di Umbra che, come ne suggerisce il nome, potrà muoversi nelle ombre degli oggetti, a patto che questi siano a contatto tra loro, e interagire col cuore luminoso di essi, semplicemente toccandolo.

una difficoltà crescente e il più delle volte frustrante
Ogni enigma di The Firefly Diary è basato sulla giusta combinazione e tempismo tra l’utilizzo di Lumen e umbra, anche le battaglie con i boss, che aspettano Mion alla fine di ogni capitolo, offrono spunti interessanti e la parte più divertente del titolo di NIS.
Vi è però un enorme problema: The Firefly Diary è difficile, e si basa sull’ormai abusata meccanica del Trial and Error, qualsiasi cosa può uccidere Mion state certi lo farà più volte, causando un restart da uno dei pochissimi checkpoint automatici.
Vi sono sezioni dove il tempismo è necessario ed altre dove solo dopo essere morti numerose volte capirete come aggirare un ostacolo: leve, interruttori, ascensori, casse, sono posizionate sia per risolvere obiettivi sia per confondere il giocatore, alcune volte saranno necessari solo per raggiungere dei collezionabili, altre potrebbero solamente portarvi a morte certa.
Lumen e Umbra dovranno collaborare per evitare che Mion finisca divorata da piante carnivore, schiacciata da detriti, sfilettata da lame circolari e molto altro, in un viaggio che si rivelerà il più delle volte frustrante e apparentemente senza via di fuga.

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Lucciola comanda color…
Come già detto il giocatore prende il controllo delle due lucciole ed ha la possibilità di scelta tra tre principali mappature dei tasti.
I comandi di default posizionano Lumen sul touchscreen principale e Umbra su quello posteriore, obbligando a sorreggere PSVita con indice e pollice della mano sinistra. Non è adatto a lunghe sessioni di gioco e inoltre abbiamo riscontrato ritardi nell’attivazione di Umbra tramite touchpad posteriore: ritardi di qualche secondo che in un titolo come The Firefly Diary risultano letali.

Controlli spesso imprecisi in un titolo dove la precisione è praticamente necessaria
La seconda combinazione (quella utilizzata da noi) sposta tutta l’azione sul touchscreen principale, lasciando sempre Lumen come lucciola preimpostata ma permettendo di cambiare in ogni momento, passando ad Umbra toccando in alto a destra l’apposita icona.
Sicuramente il sistema migliore, anche se non facilità per niente l’estrema difficoltà intrinseca nel titolo.
Il terzo ed ultimo modo di controllo utilizza la levetta analogica sinistra per controllare le lucciole e il tasto triangolo per selezionarle, ad X è invece assegnata l’interazione con l’ambiente (laddove nelle altre due modalità è necessario un tocco).
Quest’ultimo sistema risulta comodo nelle primissime fasi di gioco dove non serve una precisione certosina per salvare Mion da morte certa, ma diventa presto troppo sensibile causando ripetute morti e frustrazione.
Come se non bastasse il sistema di controllo a danneggiare il giocatore, troviamo anche alcuni oggetti la cui interazione nel regno dell’ombra non è spiegata, come le ventole automatiche che soffieranno la giovane Mion contro degli spuntoni letali.
Per tutta la durata di The Firefly Diary vi troverete di fronte a sezioni ansiogene dove il minimo errore causerà la morte ( più e più volte) di Mion e l’obbligo a ripetere tutto da capo. Sembra quasi che Furuya durante lo sviluppo si sia concentrato su diversi modi per mostrare al giocatore quanto sia incapace (un po’ come accadeva in Sayonara Umihara Kawase), mettendolo alla prova di continuo e senza lasciargli un attimo di tregua se non durante i ricordi di Mion.

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L’atmosfera non è tutto
Sul lato prettamente visivo, The Firefly Diary è bello da vedere grazie a Artwork 2D ben curati e che si fondono a sfondi disegnati dalle atmosfere cupe e claustrofobiche (almeno fino all’arrivo alla foresta), per dare ulteriore impatto al tutto troviamo una colonna sonora praticamente assente, con solo i suoni dell’ambiente a fare da sfondo al viaggio di Mion.

totale assenza di dialoghi
The Firefly Diary  si distingue subito dagli altri titoli di NIS per un motivo: la totale assenza di qualsiasi dialogo.
Una delle caratteristiche principali di ogni titolo della software house nipponica, motivo di tante critiche, è appunto la presenza totalitaria di dialoghi lunghissimi e spesso fini a se stessi: con The Firefly Diary si tocca l’esatto opposto, l’intera trama è lasciata all’immaginazione del giocatore, che , raccogliendo i collezionabili sbloccherà i ricordi perduti della piccola Mion.
In questi ricordi il comparto grafico di The Firefly Diary cambia da un’ambientazione a scorrimento 2D, ad un’inquadratura isometrica dall’alto, simile a Contact (titolo DS del 2006) e saranno le uniche sequenze in cui si potrà controllare Mion.
Il titolo è disponibile solo in inglese, ma data l’assenza di dialoghi è adatto anche a coloro che non masticano la lingua anglosassone, a patto che siano pazienti e consapevoli a cosa vanno incontro.

Verdetto
6.5 / 10
#iotiinQulo
Commento
htol#NiQ: The Firefly Diary è un buon esperimento per NIS, che si distacca fortemente dai Giochi di ruolo pieni di fanservice e dialoghi a cui siamo abituati. Purtroppo, sebbene il prezzo contenuto, resta un platform cattivo dedicato solo a coloro che amano le sfide, e sono pronti a perdere ore di tentativi per salvare Mion dal suo triste destino. Un plauso per la direzione artistica del titolo, ma purtroppo l'atmosfera non può compensare i problemi relativi ai controlli in un gioco dove la reattività e la precisione sono fondamentali.
Pro e Contro
Atmosfera convincente
Prezzo contenuto
Dannatamente difficile

x Troppe incertezze nei controlli
x Dannatamente difficile

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