Recensione Homefront: The Revolution

Deep Silver è un’etichetta di Koch Media fondata nel 2002, nota per aver pubblicato circa sessanta giochi dal 2003 a oggi. Alla lunga lista di nomi “marchiati dall’argento” (tra i quali si citano il più che noto Saints Row IVDead Island e Ryse: Son of Rome) si è recentemente aggiunta una vecchia IP di THQ che aveva saputo saputo fare scalpore nel 2013, prima della chiusura della nota casa di sviluppo: Homefront.

Con Homefront: The Revolution, l’intento di Deep Silver era quello di riesumare un’idea all’apparenza più che buona per portarla a nuovi splendori. Quando la Nord-Corea decide di disattivare tutte le tecnologie statunitensi e di invadere la federazione, l’America non può fare altro che soccombere alle forze dell’EPC (l’Esercito Nord-Coreano) e compromettere la libertà individuale degli americani; ma tra le fila del popolo è piantato il seme della rivoluzione, e il giocatore sarà chiamato a coltivarlo e farlo germogliare nel corso delle oltre 20 ore di campagna principale.

Non sempre, però, un seme è piantato nel modo giusto.

 

 

Versione testata: PlayStation 4

 

L’Uomo detto Armeria
Ethan Brady aiuterà la Resistenza a salvare il leader della ribellione
Il povero Ethan Brady sarà anche incapace di parlare, ma è sicuramente un uomo le cui azioni dimostrano molto più delle parole: come nuovo membro della Resistenza di Philadelphia, il soldato protagonista di Homefront: The Revolution viene catturato dai Nord-Coreani insieme ad altri soldati, ma viene salvato dal leader della ribellione (un tale Benjamin Walker, detto “La Voce della Libertà”) che verrà disgraziatamente catturato pochi minuti dopo il salvataggio. Entrato in contatto con le sfere più alte della Resistenza, Brady aiuterà i soldati in una serie di missioni nel tentativo di riprendersi Walker e di accendere la rivolta nei cuori degli americani, correndo a destra e a manca per la città di Philadelphia con un vero arsenale nello zaino.

 

Homefront: The Revolution è un classico sparatutto in prima persona che, a differenza dell’originale Homefront, si presenta con una formula open-world a tratti riuscita e a tratti no. Il vero elemento di distinzione rispetto ad altri sparatutto, tuttavia, è la capacità di Ethan Brady di assemblare circa tre tipi diversi di armi a partire da una semplice impugnatura di base: una classica pistola da 9mm, all’occorrenza, potrà diventare un’SMG o una letale pistola pneumatica, così come un fucile d’assalto potrà trasformarsi in una mitragliatrice LMG o in un lanciamine nel giro di pochissimi istanti. Vedere Brady che smonta e rimonta le armi in tempo reale è una vera gioia per gli occhi, e aggiunge un altissimo coefficiente di versatilità alla formula di gioco: non sarà necessario equipaggiare necessariamente un lanciarazzi per avere una garanzia contro i veicoli corazzati dell’EPC, a patto di saper correre al riparo per assemblare un’arma adatta nel più breve tempo possibile.

 

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Sistema di gestione delle armi originale… E poco altro
Sfortunatamente, però, le idee davvero originali e funzionali di Homefront: The Revolution nascono e muoiono con il sistema di gestione delle armi, che, per quanto vasto, non è ancora abbastanza per far fronte a tutte le incertezze di fondo che il gioco si porta dietro fin dalle sue fondamenta tecniche.

 

 

“Ma aggràppati, Cristo santo!”
I “veterani” dei giochi in prima persona (un genere che, negli ultimi anni, è approdato anche in scenari strettamente survival) ricorderanno di sicuro il riuscito Dying Light, un action-survival in prima persona sulla falsariga di Dead Island che puntava in maniera massiccia sugli spostamenti acrobatici e sul parkour à la Mirror’s Edge (ma non così evidente).

Il sistema legato alle scalate risulta terribilmente impreciso e incerto
Una tale premessa, sfortunatamente, si rivela necessaria nel caso di Homefront: The Revolution, che inizia a dimostrare una serie di problemi già a partire dal sistema di controlli: Ethan Brady è un soldato senza dubbio atletico e scattante, in grado di correre e arrampicarsi su sporgenze a velocità particolarmente elevate quando si rivela necessario. Il sistema di “simil-parkour” escogitato dagli sviluppatori, tuttavia, non aiuta affatto nell’impresa: per quanto Brady sia effettivamente in grado di arrampicarsi su un gran numero di sporgenze, infatti, il sistema legato alle scalate risulta terribilmente impreciso e incerto, compromettendo le manovre del giocatore anche soltanto per colpa di un angolo di salto sbagliato.

 

 

Huh-huh...

 

Una rigidità dei controlli che non aiuta l’esplorazione
Brady, inoltre, sembra assolutamente incapace di aggrapparsi a una sporgenza durante un salto in lungo (a differenza di quanto avviene, invece, nel riuscitissimo sistema di controlli del già citato Dying Light), e non saranno pochi i momenti in cui il giocatore sarà costretto a fare un “giro largo” per raggiungere una sporgenza che altrimenti sarebbe stata facilmente dominata con una comodissima scorciatoia.

 

È chiaro che, in uno scenario prettamente open-world, una tale rigidità del sistema di controlli non aiuta di certo l’esplorazione del giocatore. Sfortunatamente, però, il sistema di scalate non è l’unico problema tecnico nel nuovo titolo di Deep SilverDambuster Studios.

 

FPS ne abbiamo?
Homefront: The Revolution ha una pessima ottimizzazione sul lato tecnico
Ciò che veramente rischia di compromettere l’esperienza di gioco garantita da Homefront: The Revolution, infatti, è la pessima ottimizzazione del gioco sul lato tecnico. Per quanto riguarda PlayStation 4, il gioco sembra scorrere timidamente al di sotto dei 20fps fissi (!) per un’ampissima porzione dell’avventura di Brady. Non è raro che il framerate di un gioco oscilli, di tanto in tanto, quando le situazioni su schermo si fanno più concitate; nel caso di The Revolution, tuttavia, l’eccezione sembra essere la regola, con più fasi tecnicamente incerte di quante possano effettivamente vantare una certa fluidità.

 

 

*derp*

 

Un’esperienza di gioco minata da lag e bug
L’imbarazzante comparto tecnico, poi, va spesso a minare un’esperienza di gioco in cui la precisione risulta essere fondamentale ai fini del divertimento, con un gran numero di sparatorie fallite semplicemente perché le immagini su schermo non sembrano reagire in maniera adeguata ai comandi del giocatore. I brevi viaggi in moto (che avrebbero potuto permettere al giocatore di concentrarsi sullo splendido level-design) “scattano” così tanto da costringere a evitare ostacoli e nemici all’ultimo secondo, complice anche un sistema di guida e di collisioni tutt’altro che eccellente.

Collisioni che si riflettono anche nell’esplorazione stessa del mondo di gioco, dove non sarà raro incastrarsi tra due oggetti o incorrere in una serie di numerosi (e fastidiosi) bug che non fanno che aggiungere un’amara ciliegina su una torta già instabile di per sé.

 

"Ehilà, bellezza!"

 

Se a ciò si aggiunge anche un’IA del tutto inconsistente per gli alleati (un po’ meno per i nemici, seppur di livello ugualmente basso), Homefront: The Revolution si configura a malincuore come uno dei titoli tecnicamente più scadenti dell’ultimo periodo videoludico.

 

Una luce alla fine del tunnel
La trama di Homefront spicca per alcuni momenti di qualità
E, tuttavia, nonostante gli evidenti problemi tecnici, non sembra affatto il caso di bocciare a piene mani il prodotto di casa Dambuster: la trama, per quanto banale fino allo stremo, presenta più di un paio di picchi a dir poco piacevoli che la rendono (a tratti) incredibilmente ben raccontata. Non fosse per i “colpi di scena” fin troppo prevedibili e per una certa ripetitività di fondo, la storia di Homefront: The Revolution avrebbe potuto spiccare anzitutto per la qualità complessiva del “raccontare” più che per la struttura della trama in sé, anche grazie a un doppiaggio di livello sorprendentemente alto (per i personaggi principali, s’intende).

 

Well played, Deep Silver... Well played.

Well played, Deep Silver… Well played.

 

Per quanto la storia sembri diluita in più di un’occasione (al sesto distretto da conquistare, il latte alle ginocchia era ormai arrivato alla gola), sarebbe impossibile escludere dal quadro complessivo diversi momenti di qualità che caratterizzano la narrazione da un certo momento in poi. Nonostante ciò, però, Homefront: The Revolution risulta comunque un titolo che si innalza di poco al di sopra della mediocrità, a causa dei già citati problemi tecnici che vanno a incidere in maniera fin troppo evidente sull’esperienza di gioco complessiva.

 

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Verdetto
6.5 / 10
La Rivoluzione degli FPS
Commento
Homefront: The Revolution sarebbe stato anche un buon titolo, non fosse stato per gli evidenti problemi tecnici che si porta dietro fin dal primo istante di gioco. Tra FPS altalenanti, sistema di controllo incerto e ripetitività della formula di gameplay, le poche perle che caratterizzano il titolo Deep Silver (tra cui una buona narrazione, un ottimo level-design e un vastissimo sistema di personalizzazione delle armi) non sono sufficienti ad innalzare il titolo al di sopra della sua mediocrità. Se siete interessati all'ennesima storia su governi e rivoluzioni, consigliamo una buona dose di pazienza per affrontare sparatorie mal ottimizzate e un continuo "lag" delle immagini su schermo. A fronte di questi problemi che minano Homefront: The Revolution fin dalle fondamenta, non possiamo che suggerire a tutti gli interessati di rimediare il titolo a un prezzo ridotto, se non altro per godersi le avventure del povero Brady che compie miracoli ma sembra non meritarsi mai l'appellativo di "Eroe" (assegnato, invece, allo sfortunatissimo Walker).
Pro e Contro
Ottimo sistema di personalizzazione armi
Trama a tratti ben raccontata
Level-design di spicco

x Evidenti problemi tecnici
x IA alleata e nemica inconsistente
x Sistema di "parkour" incerto e impreciso
x Ripetitività di fondo

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