Recensione For Honor

Ubisoft è una delle software house più prolifere e controverse dell’attuale panorama videoludico, che, nel bene o nel male con i suoi giochi, ha segnato per anni generazioni di console, creando titoli iconici, amati e chiacchierati. Nella nuova filosofia della casa francese c’è negli ultimi tempi una tendenza a spingere maggiormente l’accento verso esperienze multigiocatore online. Abbiamo visto questo nuovo corso inaugurato da The Crew e The Division, per espandersi poi ad altri generi, come il più recente Steep o prossimamente con un rinnovato Ghost Recon.
Ma fra tutti i titoli in uscita in questi mesi l’attenzione è stata catalizzata da For Honor, action online dal gameplay decisamente particolare e dall’ambientazione medioevale che, come nel miglior film cappa e spada, promette non solo tanta azione ma grande spettacolarità e ore ed ore di sano divertimento online. Dopo aver passato una decina di giorni fra gli eroi di For Honor è arrivato il momento di trarre qualche conclusione sull’ultima fatica Ubisoft.

Versione testata: Xbox One

L’onore e il rispetto
For Honor nasconde in realtà un complesso equilibrio di azioni tutte basate sul tempismo e sulla strategia
Dalla sua presentazione nel “lontano” E3 2015, Ubisoft ha letteralmente “martellato” l’utenza con una mole di informazioni su For Honor. Un’attenzione particolare rispetto ad altri titoli della stessa scuderia francese, concretizzata negli ultimi mesi con una beta, riproposta anche pochi giorni prima del lancio ufficiale. Un perseverare quasi necessario, con un sommo scopo: illustrare e far capire al pubblico il sistema di combattimento (e a sua volta il control schemes) sul quale è stato costruito For Honor. Un sistema dalle basi semplici, che nasconde in realtà un complesso equilibrio di azioni tutte basate sul tempismo e sulla strategia. I combattimenti di For Honor sono il fulcro del gioco, la base di qualsiasi attività che andremo ad affrontare ed è proprio da qua che, una volta avviato, partiremo per questo viaggio iniziando con una serie di tutorial più o meno approfonditi che ci illustreranno, passo dopo passo, come sopravvivere ad uno scontro con un nemico. For Honor prende le distanze da qualsiasi gameplay visto in questi anni, proponendo una soluzione che, per un titolo tripla A è qualcosa di talmente originale e “azzardato” come non succedeva da tempo.

 

Il controllo del personaggio avverrà in maniera canonica, tramite l’analogico sinistro che ci permetterà di muoverlo liberamente nell’area di gioco. La “magia” scoccherà quando, una volta intercettato un nemico, daremo il via al combattimento agganciandolo con il target lock: qua, arma alla mano, potremo iniziare ad attaccare sfruttando una delle due tipologie di colpi disponibili, rapido o pesante, che determineranno la velocità delle nostre azioni. La necessità di dover far capire questo sistema di combattimento nasce con il “complicato” meccanismo legato alle parate, fondamentali per bloccare i colpi nemici e, al contempo, preparare la fase di contrattacco. Tramite l’analogico destro, seguendo un indicatore a video che ci mostrerà la postura del nostro personaggio, potremo direzionare l’arma nella direzione dell’attacco avversario, così da respingerlo. Una dinamica sulla carta semplice ed immediata, una specie di “triangle system” visto in tanti altri giochi, qua reso minimale ed intuitivo all’eccesso. Ma questa semplicità così spudorata nasconde meccanismi che vanno ben oltre la mera teoria, ed ecco che per bilanciare gli scontri entrano in scena contrattacchi, rotture della guardia (e rispettiva contro mossa) e parate, il tutto attuabile sempre con il giusto tempismo, trasformando le battaglie in una sorta di “danza” che premia sia i nervi saldi che i colpi di testa.

L’osservazione dell’avversario diventa imprescindibile, ogni mossa va studiata con attenzione e riflessione, e la strategia da usare deve variare rapidamente seguendo quello che sta succedendo intorno a noi, senza distrazioni e senza mai dar per scontata la nostra supremazia rispetto a chi abbiamo davanti. Bisogna tener poi conto della barra della stamina, che scandirà ogni nostra singola azione, e una volta consumata ci renderà lenti e vulnerabili, nonché facili prede degli avversari. Nella battaglia poi entrano in scena numerosi fattori, che potremo sfruttare a nostro vantaggio per eliminare rapidamente il nostro nemico, sfruttando i dislivelli, le trappole sparse qua e la nell’area di gioco, come geyser o pali appuntiti, o spingendoli da un dirupo rompendo la loro guardia.

 

Contrariamente da quello che potrebbe lasciar trapelare guardando un video-gameplay di For Honor, conoscere il proprio personaggio sarà fondamentale, perché ognuno dei 12 guerrieri presenti varierà nello stile di lotta, nelle tempistiche e nella qualità delle combo realizzabili, offrendo al giocatore esperienze sostanzialmente differenti in base a quello scelto. Proprio per ribadire la volontà di Ubisoft di mettere a suo agio il giocatore, non solo avremo una serie di tutorial avanzati per i singoli lottatori, ma anche delle pratiche videoguide che ci illustrano nel dettaglio i vari stili, permettendoci così di trovare e scegliere quello che più si confà ai nostri gusti.

Games of Honor
Pur essendo principalmente un titolo incentrato sul multiplayer online, For Honor offre tutti gli strumenti per far si che il giocatore si senta a suo agio prima di buttarsi a capofitto in questa nuova avventura, a partire da una modalità Single Player.
In questa campagna, affrontabile anche in cooperativa con un proprio amico, vestiremo i panni di alcuni leggendari eroi che, dopo aver fronteggiato l’avvento di un cataclisma che ha riscritto le regole del mondo rendendo flebile la convivenza tra Cavalieri, Vichinghi e Samurai, saranno messi alla prova con l’arrivo di Apollyon, leader della Legione di Ossidania, il cui scopo è quello di assoggettare tutti i popoli sotto il suo comando, e per farlo è pronta a portare caos e distruzione con una guerra senza fine. Spetterà proprio ai nostri eroi ribellarsi alla Legione di Ossidiana, cercando il modo di arrivare finalmente ad una pace che porti ad una convivenza tranquilla seppur forzata.

 

Il single player sfrutta una formula simile a quella di un tutorial allargato
Nelle 6 ore della campana principale verremo buttati sul campo di battaglia e affronteremo diverse situazioni, alcune delle quali torneranno poi nelle varie modalità multigiocatore. Da un punto di vista ludico, ci si accorge di quanto pur impegnandosi, la campagna single player non riesca ad emergere e imporsi come modalità principale, guadagnandosi un ruolo secondario ben presto dimenticabile.
Abbiamo un sistema di crescita tramite livelli che sfrutta l’esperienza guadagnata, abilità da sbloccare ed utilizzare in battaglia e collezionabili da recuperare per ottenere ricompense per personalizzare il guerriero che aiutano la rigiocabilità (nel caso si decida di “prendere” tutto), ma nel complesso tutto appare abbastanza anonimo. La trama in sé, per quanto possa risultare interessante, soffre per il poco tempo a sua disposizione, non riuscendo a svilupparsi come sperato, così come i momenti veramente interessanti si contano sulle dita di una mano.

La storia di For Honor non solo serve per delineare le basi del mondo raccontato nel gioco, ma anche per per introdurre i protagonisti che andremo ad utilizzare online

L’avanzare del single player ci ha ricordato per alcuni aspetti Ryse: Son of Rome, uno dei titoli di lancio di Xbox One, vuoi per l’ambientazione storia o la sensazione di battaglia campale che si respira nelle varie missioni. Rispetto al titolo Cryteck però manca quell’aspetto scenografico in grado di colpire il giocatore ed intrattenerlo, così da trascinarlo piacevolmente durante le ore di gioco. I combattimenti risulteranno abbastanza ripetitivi, specie contro i “mob” base, che al pari di un musou, diventeranno carne da macello sotto i nostri colpi, relegando ai “boss” i momenti più impegnativi della missione, anche se, per avere una sfida maggiore saremo costretti ad innalzare il livello di difficoltà, rendendo così l’IA più competitiva e meno prevedibile. Per quanto sia doveroso tessere le lodi del gameplay e del sistema di combattimento, ci si rende conto di come questo sia maggiormente ben integrato nella controparte multigiocatore che non in quella single player, dando l’impressione che quest’ultima sia nata successivamente per necessità e non viceversa.

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